Aspasso con Anselm

Aspasso con Anselm Aspasso con Anselm ANCH'IO, come voi, ho sempre pensato che i formichieri si cibassero esclusivamente di formiche. Poi ho conosciuto Anselm, e lui mi ha spiegato che le cose non stanno proprio così. «Prova a pensarci», mi ha detto una sera, «i cavalieri mangiano solo cavalli? I carpentieri si nutrono soltanto di carpe? E i ferrovieri che cosa dovrebbero avere al posto dei denti? Fiamme ossidriche? » Il ragionamento filava, non c'era motivo di mettersi a discutere. Poi, in questi anni di convivenza, ho scoperto che tra le tante cucine Anselm apprezzava più di ogni altra quella siciliana. «Per un bel piatto di pasta con la salsa e le melanzane sarei disposto a privarmi del naso», è solito dire qualsiasi cosa stia facendo (anche mentre si taglia o si lima le unghie, oppure quando innaffia le piante in salone: sostiene di avere il pollice verde, ma di tanto in tanto, convinto di passare inosservato, si succhia una tribù di fòrmiche), per poi aggiungere: «Anche se, dovendo scegliere tra quella e un bel cous-cous con la zuppa di pesce...». Così, per la sua prima uscita al ristorante, ho pensato di portarlo all'Osteria del Capricorno, caposaldo subalpino di alcune specialità soprattutto palermitane. Quando gliel'ho detto, Anselm non stava più in sé dalla gioia: infatti mi ha preso e mi ha fatto fare quello che lui chiama «il giro del formichiere», cioè una demi-volée con triplo salto mortale intorno alla sua coda (dopo l'ultima volta che ha dovuto farmi ricoverare al C. T. 0. ha la pazienza di aspettare che indossi casco e ginocchiere prima di procedere alla non semplicissima operazione). Naturalmente, abbiamo dovuto andarci quella sera stessa. Arrivati in via Ceva 41, abbiamo trovato ad accoglierci Francesco e il suo gatto: che quando ha visto Anselm ha fatto la palla, gli ha soffiato ed è corso in cucina a riprendersi dallo spavento. Anselm ci è rimasto un po' male (a lui i gatti piacciono tantissimo), ma Francesco gli ha spiegato che quella era la prima volta in assoluto che un formichiere entrava all'Osteria del Capricorno: «Vedrai che la prossima volta ti farà le fusa, è un trovatello, si impressiona facilmente». Poi, mentre aspettavamo di mangiare, ho fatto notare ad Anselm la bellezza del posto: il grammofono accanto all'entrata, il carretto siciliano su una mensola, le vecchie fotografie in bianco e nero appese alle pareti. i servizi di piatti nell'armadio a muro, sembrava di stare in una casa, una casa nella Sicilia degli Anni Sessanta, piena di ricordi e di suggestioni, e di profumi, e di sapori, ci mancherebbe. Dopo una splendida pasta con le sarde (Anselm mugolava: non so dove né come abbia imparato a farlo, comunque lo fa) e un assaggio di caponata, Francesco ci ha portato due fumanti porzioni di pesce spada alla ghiotta. Né io né Anselm a quel punto parlavamo più: le rispettive bocche erano troppo occupate a gustare le prelibatezze circostanti per poter emettere alcun suono, e Francesco, a cui piace sempre fare due chiacchiere, ci ha detto: «Ecco, sapete, il pesce così lo facevamo noi in famiglia, io la ricetta l'ho avuta da mia madre. Voi siete in due, ma a quanto vedo mangiate per quattro. Allora ci vogliono 600 grammi di pesce, aglio, cipolla, 25 grammi di pinoli, altri 25 di passolino, che poi è l'uvetta siciliana, 30 grammi di capperi, 50 grammi di olive, un po' di sale, di pepe, e di prezzemolo, più 500 grammi di pomodori maturi, e naturalmente dell'olio extravergine, pazienza se non è di Castelvetrano». Anselm e io abbiamo fatto dei mugolìi di approvazione. «Dopodiché basta soffriggere in 40 grammi d'olio la cipolla e l'aglio», ha continuato Francesco, «e a metà doratura aggiungere i pinoli, poi a doratura ultimata aggiungere la passolina, i capperi, le olive e i pomodori. Quindi far cuocere il tutto per un quarto d'ora a fuoco moderato». Altri mugolìi. «A quel punto stendete in una teglia un mestolo di salsa e ci adagiate il pesce spada, poi lo coprite con la salsa che è avanzata e lo cospargete di prezzemolo. Si mette la teglia in forno caldo a 200 gradi per altri quindici minuti e si serve ben caldo. Facile, no? ». Anselm e io abbiamo annuito, e Francesco ci ha sorriso soddisfatto. «Posso portarvi qualcos'altro? ». Tutti e due stavamo facendo scarpetta: io col pane, Anselm col naso. «Va bè, chi tace acconsente», ha concluso il nostro. Di lì a poco è tornato dalla cucina con dei fichi d'India, qualche cannolo e due granite di limone. Io ho allentato la cintura dei pantaloni. Anselm, che non li porta, mi ha chiesto: «E io che cosa faccio? ». «Bè, potresti saltare il dolce», gli ho risposto. Con una sciabolata della lingua si è subito impadronito di tre fichi e quattro cannoli. «Non ci penso neanche», mi ha detto. «Piuttosto, da domani me ne sto a dieta: oppure mi porti a fare un po' di sport». a

Persone citate: Anselm Anch'io

Luoghi citati: Castelvetrano, India, Sicilia