INTERVENTI

INTERVENTI INTERVENTI Lucca e la «cattiva buona letteratura» Forse l'apprensione diffusa tra i nostri scrittori rispetto a quanto si andava preparando a Lucca era ingiustificata. Può darsi anche che l'appartenenza ad un qualche canone regali una illusione di durata, un surrogato laico di immortalità, ma nel vivace convegno di Lucca si è preferito privilegiare l'idea suggestiva di «costellazione» (in quanto tale aperta, non totalizzante). Proprio per questo, evitando il giochino degli esclusi e degli inclusi (in cui incappa lo stesso Camon quando nota l'assenza di Rigoni Stero), vorrei limitarmi a fare alcune considerazioni sull'impostazione comune ai tre critici (Onofri, Perrella e Trevi) ideatori, insieme ad Alba Donati, del convegno stesso. Nei loro saggi, pur diversi dal punto di vista stilistico e delle «costellazioni» proposte, manca qualsiasi drammaticità rispetto ai mutamenti avvenuti nella idea di letteratura, e nel suo consumo prevalente (non vi si parla mai del nuovo pubblico - la classe media alfabetizzata -, delle sue richieste e aspettative). Eppure in questi anni ho l'impressione che la letteratura in un certo senso abbia trionfato (basti vedere i discorsi dei nostri politici, impreziositi di citazioni letterarie) però rinunciando al suo contenuto «eversivo», alla sua vocazione critico-conoscitiva. Si è depotenziata. Quando Baricco in «Totem» legge, di fronte ad un pubblico visibilmente compiaciuto, la irresistibile pagina gaddiana della «Cognizione del dolore» sulla borghesia brianzola che mangia in trattoria, beh, a nessuno viene in mente che oggi il dolente sarcasmo di Gadda potrebbe rivolgersi proprio contro di lorol Ciò che prima risultava corrosivo e scandaloso riappare oggi come autoconferma, come elegante epigrafe e ornamento per scritture del tutto innocue. Ciò che una volta era tragico e intrattabile è diventato una spezia in più per rendere appetibili romanzi piuttosto insapori. Kafka, naturalmente è «carino», Musil costituisce un repertorio inesauribile di citazioni mondane, l'Olocausto aggiunge un tocco di «tragico», mentre la «crisi del soggetto» è indubbiamentechic... Insomma la «mutazione» descritta da Pasolini, spesso citato dai nostri critici, ha avuto conseguenze fatali anche sulla nostra cultura letteraria, ma non se ne tiene conto in alcun modo. Più che essere un «canone debole», quello che circolava nel convegno assomigliava in alcuni momenti ad un canone «no problem» e senza tempo. Certo, c'è anche la continuità: Piersanti si M<hi,un.■ con ragione a Bilenchi, Tondelli si ispirava molto ad Arbasino, Del Giudice ha seguito abbastanza fedelmente Calvino. Ma proprio perché, come è stato osservato, il secolo letterario si è concluso con un paio di decenni di anticipo, prevale da un certo punto in poi la sensazione di ripetizione manieristica e riciclaggio, dì abili rifacimenti e attitudine citazionistica. Qualcosa si è interrotto nella comunicazione tra le generazioni, nel rapporto con una tradizione diventata improvvisamente fin troppo manipolabile. Anche per questa ragione la nostra nuova narrativa si presta molto bene ad essere interpretata (con le dovute eccezioni) attiaverso la categoria di «midcult» o di «Kitsch» d'autore per i nuovi ceti, smaniosi di apparire migliori di ciò che sono e assetati di Intensità. Insomma ci vorrebbe ogni tanto un po'di satira culturale nel nostro seriosissimo approccio critico...Tutte e tre le relazioni (che fanno da supporto ai famigerati elenchi) sottolineano, con modalità diverse, la necessità di un rapporto, per quanto problematico, delle opere con la realtà: modelli di mondo, effetto di realtà, autobiografia della nazione, descrizione meticolosa delle cose e dei sentimenti primari Un'indicazione preziosa, che potrebbe suggerire una possibile tendenza, una direzione del gusto, assai più delle liste spesso poco motivate di libri da salvare. Ma in che senso? Pessoa, benché incline a vertiginosi mimetismi, dichiarava di non amare la «letteratura insincera», quella preoccupata soprattutto di stupire e non sfiorata in alcun modo dal mistero dell'esistenza. Bene, al di là di sofisticate strategie del testo, inviterei allora a chiedersi di fronte a un qualsiasi nuovo libro di narrativa: è sincero o no? Un criterio molto empirico, non formalizzabile in un metodo e che forse non ci servirà a definire un canone, ma almeno può orientarci un po' ad evitare quella che è stata definita «cattiva buona letteratura». Filippo La Porta «La Rivoluzione Liberale» In edizione francese E' appena uscita in Francia, per i tipi dell'editore Allia, «La Rivoluzione Liberale» di Piero Gobetti. E' la prima versione in lingua francese del saggio sulla lotta politica in Italia scrìtto dall'intellettuale torinese negli Anni Venti. L'opera sarà presentata l'8 ottobre all'Istituto Italiano di Cultura.

Luoghi citati: Francia, Italia, Lucca, Trevi