Ensor la rivoluzione della luce

Ensor la rivoluzione della luce Ensor la rivoluzione della luce ENSOR dalle nulle maschere, reali e metaforiche, liriche e sarcastiche, angeliche e diaboliche. Rievocando in un discorso conviviale del 1923 la propria nascita: «Sono nato il 13 aprile 1860, un venerdì, giorno di Venere. Ebbene! Venere, dall'alba della mia nascita, venne a me sorridente, e ci guardammo lungamente negli occhi. Ah! i begli occhi azzurri e verdi, i lunghi capelli color sabbia. Venere era bionda e bella, tutta madida di spuma, fioriva di profumi del mare salato». Era lo stesso Ensor che, interrogando se stesso nel linguaggio «drolatique» di amante di Rabelais, rispondeva sui colori preferiti: «Coscia di ninfa emozionata, posteriore di macaco con la rosolia». E il bello è che entrambe le frasi corrispondono perfettamente ai vapori rosa e arancio, agli scatti di azzurro LA MODSETTIMarco oltremarino e di verde smeraldo sul bianco luminoso della pittura (e delle litografie colorate) dopo la grande svolta del 1888. «Ho rotto deliberatamente con le abitudini, con i grigi, i neri chiamati a morire e ho rotto con la materia, la bella materia e la bella mano. Dal 1888 ho intravisto il mio avvenire, ho pi enunciato il mio atto di fede nella luce, nella mia luce, nella mia composizione, nella mia fantasia, nella mia libertà... Ho scelto i miei colori. Del bianco! Ancora del bianco. Il tono limpido. Il tono puro. Quello che il tempo stende sulla tela, senza tradire. Rosso vivo. Verde verde. Giallo crudo. Non sono per nulla cambiati dopo quarant'anni. Non cambieranno mai». Il colossale, caotico, blasfemo e glorioso manifesto della svolta, STRA LLA MANA Rosei L'entrata di Civsto a Bntxelles, non è ritornato dalla lontana Malibu di Getty, sostituito in un modo im poco taccagno da una vetrofania di misura alquanto inferiore all'originale. Il senso della sua sublime follia dimensionale e cromatica è in qualche modo presei-vato, di fronte, da £>isor nell'atelier o Ensor all'armonium del 1933, dal museo di Aichi in Giappone. Questo è un bel frutto della personale «Ricerca del tempo perduto» lungo la prima metà del nostro secolo, in parallelo singolare e perfetto con Mundi anche sul piano dell'espressione e del linguaggio. Ma, al di là delle dimensioni di questa colossale rassegna di 190 dipinti, 110 disegni e 50 incisioni, la sua intelligenza rivelatrice emerge dallo schieramento, alle spalle della riproduzione dell'Entrato di' Cristo, del vero inizio fantastico e simbolico della «rivoluzione della luce», come la definì lo stesso Ensor: le enormi matite su carta intelata del 1885-86 della serie Le Aureole del Cristo o le sensibilità della luce, tra cui i 2 metri per 1,5 della Viva raggiatite: l'Entrata a Gerusalemme. E' l'esplicito prototipo in orizzontale del dipinto, Gerusalemme è la Bruxelles metropoli industriale, la folla in ombra dai volti angosciati e ghignanti che volta le spalle alla luce sfolgorante del corteo di Cristo è grottesca e borghese. E tutte queste grandi carte denunciano con la massima evidenza una doppia realtà: la radice rembrandtiana della rivoluzione e l'antitesi esplicita e feroce, attraverso l'uso geniale delle stesse forme e dello stesso linguaggio antinaturalistico e antiimpressionista, rispetto al sim¬ bolismo letterario e decadente di Gustave Moreau. Proprio per questo altre grandi opere sulla stessa linea e degli stessi anni, La cacciata di Adamo ed Eva, La caduta degli angeli ribelli, rimescolano nella stessa follia cosmica Turner, Moreau e Redon ma hanno già in sé ogni radice di informale, di espressionismo astratto, di COBRA. Quell'Adamo e quella Eva potrebbero già essere dipinti da Sassu o da Scipione. E nello stesso 1888 l'acquaforte acquarellata Lotta di diavoli angeli e arcangeli stravolge i modelli di Pieter Brugel e Bosch rna nel contempo preannuncia Kandisky, Gorky, Tancredi. Ensor è davvero, per tutto il versante espressionista, il «grande vecchio», l'uomo ombra del XX secolo. Guardo il vertice delle sue stupende nature morte, La razza del Museo di Bruxelles del 1892, e la sento come snodo fondamentale fra Chardin e Soutine e Fausto Pirandello, guardo il Bicchiere di vino rosso, fi-agole e ciliege dello stesso anno e penso ai più alti risultati di Tosi. Varcata la soglia del 1900, le Conchiglie di collezione privata preannunciano gli Anni 30 di Mafai e di Birolli. L'altro grande merito della mostra è quello di avere equilibrato il versante funereo e grottesco delle maschere e dei teschi, di cui comunque schiera i capisaldi, dallo Stupore della maschera Wouse agli Scheletri che vogliono scaldarsi da Fort Worth, dagli Schèletri che si disputano un impiccato agli Scheletri che si disputano un'aringa sauro, con una scelta assai vasta delle opere «scure» dei primi Anni 80, stupende di «bella materia» e di «bella mano», che si confrontano alla pari con l'ultimo Courbet e con i neri «spagnoli» di Manet. Per perfetto completamento è consigliabile la visita alla Villa Malpensata di Lugano con le sue 150 incisioni. Ensor. Bruxelles, Musei Reali delle Belle Arti Da martedì a domenica dalle 10 alle 17 Fino al 13 febbraio NATURE MORTE, MASCHERE E TESCHI: A BRUXELLES 190 DIPINTI, 110 DISEGNI E 50 INCISIONI RACCONTANO LA SUBLIME FOLLIA DEL «GRANDE VECCHIO» CHE ANTICIPO' LA PITTURA DEL NOVECENTO LA MOSTRA DELLA SETTIMANA Marco Rosei Un particolare da «Natura morta con anatra», realizzata da Ensor nel 1883, in mostra a Bruxelles

Luoghi citati: Bruxelles, Gerusalemme, Giappone, Lugano, Stra