Chavez, un Icaro in volo sulle Alpi di Oreste Del Buono

Chavez, un Icaro in volo sulle Alpi LUOGHI COMUNI Personaggi e memorie dell'Unità d'Italia di Oreste del Buono e Giorgio Boatti (gboatti@venus.it) Chavez, un Icaro in volo sulle Alpi Settembre 1910: superata l'ardua prova l'aviatore peruviano incappa, appena superata Domodossola, in un banale e tragico incidente DALIA sfida di Icaro fino ai gorgheggi di Lucio Battisti ("un angelo caduto in volo, questo tu ora sei,..") l'immagine del volo infranto popola i nostri luoghi comuni. Talvolta si ha addirittura l'impressione che talune ascese non sarebbero divenute memorabili senza successive e tragiche cadute. Appartiene a questa serio di voli infranti anche la trasvolata con cui il giovane peruviano Jorge Chavez, il 23 settembre 1910, varca por la prima volta le Alpi. Impresa coronata dal successo e che colpisce l'opinione pubblica in quanto, superata l'ardua prova e lasciate dietro di sé le cime, l'aviatore appena superata Domodossola, incappa con il suo monomotore Blériot in un banale incidente. Nel corso dell'atterraggio di fortuna Chavez riporta gravissime ferite che, nel giro di pochi giorni, Io conducono a morte. Una dipartita quella del coraggioso ventisettenne sudamericano, che commuove tutta l'Europa. La sfida della trasvolata alpina giunge a coronamento di un anno, il 1010, nel corso del quale pareva che l'aviazione, avendo superato con stupefacente facilità sfide ritenute assai impegnative, stesse abbandonando la connotazione pioneristica e avventurosa che l'aveva accompagnata dal suo sorgere. A determinare questa convinzione era stata l'irrisoria facilita con cui nell'aprile di quell'anno l'aviatore Paulhan, con il suo apparecchio Karman, aveva vinto il premio bandito dal Daily Mail per la traversata Londra-Manchester. Cosa che - spiega in un testo del 1910 Arturo Mercanti, allora segretario generale del Touring club italiano nonché fondatore della Società italiana di Aviazione - Paulhan aveva fatto con irrisoria facilità. Con il successo della londra Manchester - scrive Mercanti 'iparve ai molti che non fosse più questione che di tempo e di divulgazione, ma che l'aviazione avesse vinto l'ultima sua prova e si consi¬ derasse, se non già della pratica comune della vita, possibile e prossimo avvento a tale pratica». Successive sfide bandite o proposte nei mesi seguenti (la Parigi-Bruxelles, la Milano-Venezia) sembrano confermare queste considerazioni. E' a questo punto che a Mercanti - concreto e ardimentoso al tempo stesso - viene l'idea di bandire la sfida per la trasvolata delle Alpi che «avrebbe portato definitiva conclusione nel dibattito allora diffuso e vivo sulla superiorità tra aereo e dirigibile, avrebbe portato elementi di rivoluzione nella futura arte aerea militare e su secolari sistemi di comunicazio- ne e di scambi». Nel giro di poche settimane l'infaticabile animatore del Touring Club non solo riesce a trovare la significativa somma di centomila lire che premiere il vincitore della trasvolata ma, contando sulla collaborazione di diversi enti e istruzioni, arriva a selezionare il percorso proposto ai concorrenti. Scartati altri valichi s'impone - per la vicinanza a Milano, designata tappa finale del volo - il Sempione. Con la collaborazione degli svizzeri s'allestisce il campo di decollo a Briga. Si stabilisce altresì che la trasvolata - alla quale intendono concorrere i due più prestigiosi aviatori del momento, Latham e Paulhan - debba avvenire, nella settimana che va dal 18 al 24 settembre, periodo oltre il quale le condizioni meteorologiche sconsiglierebbero ogni tentetivo. L'immensa macchina organizzativa allestita da Mercanti si mette in moto per garantire lungo il percorso che si stende dal confine svizzero sino a Milano, passando per la valle d'Ossola, il lago Maggiore e una fetta di Brianza - tutto quanto, nei decenni futuri, accompagnerà l'attività aerea ma che, di quei tempi, costituisce un'innovazione da sperimentare passo dopo passo. Si vara cosi - in funzione della trasvolata - un tempestivo servizio di osservazione meteorologica, di comunicazione telefonica, telegrafica e teleottica, nonché di assistenza meccanica e di interventi sanitari d'emergenza. Ed è a questo punto - mentre su Briga convergono masse di turisti e i grandi inviati della stampa europea - che tra Latham e Paulhan s'infila Jorge Chavez. Giovanotto che, pur non essendo uno sconosciuto nel mondo aeronautico di quel tempo, è certamente meno noto dei suoi due avversari. La sua trasvolata è narrata ai lettori del «Corriere della Sera» da Luigi Barzini. Pagine memorabili, poi raccolte nel volumetto «Il volo che valicò le Alpi». Barzini è accanto, in quei giorni, a questo silenzioso e compassato eroe dal volto pallido e tondo, sorta di lunare Pierrot giunto da lontano e che sembra presagire il destino che lo attende: «Nell'hangar arde una candela, infilata nel collo d'una bottiglia. L'aviatore fuma distrattamente: è pallido e grave. Indossa un vestito impermeabile, foderato di pelliccia. La scena, non so perche, ha qualcosa di lugubre... si direbbe la toeletta di un condannato a morte». Il giornalista - attento - delinea i comprimari che si affacciano sulla scena. Spunta, irresistibile, il nume della meteorologia svizzera, il professor Maurer, che fa «entrare nei suoi calcoli reggimenti di cifre e ottiene risultati che sono scientificamente di un'esattezza rigorosa ma costante¬ mente divergenti dalle deplorevoli fantasie di un clima che non conosce disciplina...». Ci sono le autorità del Cantone che vietano i voli di domenica col pretesto di non distogliere le masse dai doveri religiosi, in realtà per prolungare le soste negli alberghi dei turisti confluiti a frotte. Ma, soprattutto, c'è la cronaca del volo. Quando, quasi sorprendendo tutti, Chavez sale sul suo apparecchio e decolla. Momenti, quelli dell'alzarsi di un aereo da terra, che Daniele Del Giudice ha fissato magistralmente nel suo «Staccando rombra da terra»: «La corsa al decollo è una metamorfosi, quantità di metallo che si trasforma in aeroplano per mezzo dell'aria...». Mentre Chavez prende quota, verso il Sempione, accanto alla mole imponente del Monte Leone, Barzini corre con l'auto verso il passo. Appena in tempo per vedere spuntare, dietro le pareti di roccia, l'aereo: «Si profila altissimo. Pare che rasenti le rocce con la punta dell'ala destra. Dietro a lui scintillano i ghiacciai. Di sotto si spalanca un abisso di mille metri. E' immerso nella luce, leggero e etereo. Passa a circa trecento metri dalla vetta... i gendarmi piangono mormorando teutonicamente: Mon Tieu, Mon Tieu...». La sfida è vinta. Le Alpi sono state varcate in volo. Pochi attimi dopo la tragedia. DA LEGGERE L. Barzini Il volo che valicò le Alpi introduzione di Arturo Mercanti Editrice La Grande Attualità Milano1910 Daniele Del Giudice Staccando l'ombra da terra Einaudi, Tonno 1994 In volo sulle Alpi, una sfida vinta nel 1910 dal peruviano Jorge Chavez con il monomotore Bfèriot: costretto ad un atterraggio di fortuna, il pilota riportò gravissime ferite