Il gabinetto delle meraviglie

Il gabinetto delle meraviglie Il gabinetto delle meraviglie SUL Venice boulevard, a Culver City, Los Angeles, c'è uno strano museo, il Jurassic Technology. Sembra un'invenzione di Borges e Calvino. Al suo interno sono esposte le più curiose bizzarrie, da spore di funghi misteriosi a noccioli che contengono la figura di Cristo. A raccontare il «Gabinetto delle Meraviglie di Mr. Wilson» (in uscita Adelphi, per gentile concessione ne pubblichiamo alcuni brani) è Lawrence Weschler, critico e scrittore per «New Yorker». Weschler racconta con un realismo che diventa visionario storie di formiche e di scienziati, di macchine magiche e mostruosità della natura, esplora, come un archeologo illuminista, questo museo pioneristico pieno di paleocollezioni che nel XVI e XVII secolo davano il senso del fantastico. SULLA principale arteria del centro commerciale di Culver City, nel bel mezzo dell'intenninabile e tentacolare distesa pseudourbana di West Los Angeles c'è il Museum of Jurassic Technology (Mjt, Museo della Tecnologia del Giurassico), come dichiara uno scolorito striscione azzurro che dà sulla strada. Situato tra un negozio di tappe ti e una malconcia agenzia immobiliare (in apparente stato di protratto abbandono) da una parte, e un laboratorio di medicina legale e un ristorante thailandese dall'altra (mentre più oltre lungo la via e l'isolato si trovano, rispettivamente sull'uno e sull'altro lato, una copisteria della catena Postai Instani Press, un emporio alimentare India Sweets and Spices, un tempio I lare Krishna; e la carrozzeria Manuel's Auto Body Shop, il fast food In-and-Out Berger, un videostore Blockbuster), il museo si presenta proprio con quell'aspetto anonimo a cui di solito il passante non bada. E siccome è quasi sempre chiuso, anonimo o vistoso fa lo stesso. Ma se vi fosse capitato di sentirne parlare, come successe a me un paio di anni fa nel corso delle mie saltuarie visite a Los Angeles (...) spingendomi a darmi da fare per scovarlo, o se anche vi trovaste ad ammazzare il tempo alla fermata dell'autobus giusto davanti all'ingresso durante una delle parentesi di apertura (giovedì pomeriggio e sabato e domenica da mezzogiorno alle sei, ma a Los Angeles l'autobus si fa co¬ munque «sempre» aspettare mdefinitamente), be', stuzzicati allora dalla curiosità non è escluso che possiate salire e proviate a suonare alla porta. In attesa che qualcuno risponda, potreste per esempio esaminare il curioso piccolo diorama inserito da una parte nel muro a fianco dell'entrata (una minuscola urna bianca circondata da lattescenti falene sospese). Oppure, sul lato opposto, un altro non meno enigmatico (...). Sempre mentre aspettate, potreste levare lo sguardo verso un secondo striscione che s'increspa sopra l'atrui (questo esibisce l'immagine di un'arcaica testa scolpita in uno stile strana- L'ANTLawWes PRIMA nce . hler mente indeterminato - a metà fra la Creta minoica e l'Isola di Pasqua - sovrastata dalle tre lettere A, E, N). A tempo debito, è probabile che la porta si apra ed è di solito David Hildebrand Wilson in persona - fondatore e direttore del museo, un ometto alla buona, tra i quaranta e i cinquanta - che sulla soglia vi sorride premuroso (...). L'interno è in penombra. Mentre gli occhi si adattano, distinguete nell'oscurità una vecchia scrivania di legno sulla quale una targhetta suggerisce un'offerta d'ingresso di 2 dollari e 50, benché Wilson si affretti a precisare che il museo è di quartiere e dunque di libero accesso a tutto il vicinato, di cui considera parte integrante la panchina alla fermata dell'autobus. Che cosa questo significhi è lasciato alla vostra interpretazione, ma d'altronde lui lascia «tutto» alla vostra interpretazione. Adesso si è rimesso a sedere e ha ripreso le letture interrotte (nell'ultima mia visita erano due libri polverosi e vetusti, intitolati «Mental Hospitals» e «The Elements of Folk Psychology»). La sala, per modo di dire, d'ingresso tenta con scarsa convinzione di presentarsi come una specie di negozio di oggetti da regalo, ma è poco probabile che vi ci tratteniate a lungo, perché il museo vero e proprio ha già attirato la vostra attenzione.!...). UNO dei miei oggetti preferiti in mostra al Museum of Jurassic Technology è il «Nocciolo di frutta intagliato», una semplice teca di vetro appesa alla parete all'altezza degli occhi dentro la quale, in cima a un esile piedistallo a stelo e perfettamente illuminato, è esibito... be', una qualche specie di nocciolo, credo. H& più o meno le dimensioni di una moneta da dieci cent e appare come scavato più o meno a casaccio, ma non c'è un dispositivo per l'ingrandimento, ed è difficile a dirsi. Un minuscolo specchietto quadrato posto all'estremità di un'altra asta sottile (questa sporgente dal muro) consente di osservare anche le incisioni sul retro della mandorla. Recita la vicina didascalia: Nocciolo di mandorla (?): l'intaglio anteriore rappresenta un paesaggio fiammingo con un uomo barbuto che indossa la berretta, una lunga tunica di foggia classica e scarpe dalle spesse suole; l'uomo è seduto con una viola tra le ginocchia e ne tempera una delle corde. Sullo sfondo sono riprodotti animali, tra i quali un leone, un orso, un elefante con in groppa una scimmia, un verro, un cane, un asino, un cervo, un cammello, un cavallo, un toro, un uccello, una capra, una lince e infine un gruppo di conigli sotto un ramo (...). La parte posteriore mostra una Crocifissione insolitamente cupa, con un soldato a cavallo e Longino che trafigge con la lancia il costato di Gesù; la croce è sormontata dal carti- flio con la dicitura I uri 11 suolo embricato. Misure: lunghezza 13 min, larghezza 11 mm. L'ANTEPRIMA Lawrence . Weschler A Los Angeles, sul Venice boulevard, un museo che sembra un'invenzione di Borges e Calvino Una varietà di paleocollezioni che nel XVI e nel XVII secolo davano il senso del fantastico, del sublime Il gabinetto delle meraviglie La stanza della meraviglia nel Jurassic Technology

Luoghi citati: Culver City, India, Los Angeles