Castagnetti: non si parla di crisi ma dovremo discutere di lutto di Fabio Martini

Castagnetti: non si parla di crisi ma dovremo discutere di lutto IL NUOVO SEGRETARIO fòt ********" ■" " "■'* ***àaiiiiB"~' Castagnetti: non si parla di crisi ma dovremo discutere di lutto intervista Fabio Martini Inviato a RIMINI ■ L pubblico della tv non lo ■ conosce, nel mondo politico ha I fama di persona «troppo perbene», «senza malizia» e allora Pierluigi Castagnetti scommette di investire proprio sulla sua diversità : «Noi popolari non dobbiamo aver paura di mettere sul mercato della politica un prodotto diverso: i cittadini sono sazi di un teatrino fra leader spesso sedicenti tali e che non tengono alto il prestigio della politica». Cinquantaquattro anni, reggiano, Pierluigi Castagnetti è un cattolico democratico da cliché, serio e serioso col sorriso abbozzato anche nella notte del trionfo. Anche se a guardar bene, ha vinto il congresso grazie alla sapienza con la quale prima si è fatto votare da Marini e poi ha vanificato i «dispetti» di De Mita e Martinazzoli. La preoccupa il fatto di essere uno sconosciuto e di dover affrontare quasi ogni sera le telecamere? «Lo ammetto. Ho un certo disagio per le regole dell'informazione. Sono convinto che l'opinione pubblica non fosse interessata al cognome del segretario, ma a capire se il Ppi fosse capace di darsi ima politica e una nuova generazione di dirigenti». E lei che formazione ha? E' vero che ha fatto anche il garzone del fornaio? «E' vero. Negli anni dell'adolescenza ho vissuto dei momenti di miseria. Avrei voluto fare il liceo, ma ho fatto l'istituto tecnico perché pensavo di dover lavorare subito. Invece, sono riuscito a pagarmi l'Università e mi sono laurerato con 110 e lode. E stavo per prendere una seconda laurea»Nella sua formazione quanto è stato importante Dossetti? «Dossetti è stato importante, l'ho stimato moltissimo e tra l'altro mha sposato». E lei che rapporto ha con il to Prodi? «Reggio Emilia è piccola. Conosco bene il cardinale, anche se la mia frequentazione non è paragonabile a quella che lui ha con Prodi». E Prodi da quanti anni lo conosce? «Dagli Anni Sessanta. Ricordo che collaborai con lui quando si candidò per la De e fu eletto nel consiglio comunale di Reggio. Di Prodi sono amico e sono ben contento di dirlo». Come sarà il Ppi di Castagnetti? Il Ppi deve uscire dal Palazzo e deve diventare per davvero un partito popolare. Il Ppi non può più continuare a vivere sugli allori o di nostalgie». Facile a dirsi, ma concretamente? Parleremo dei problemi della gente, ma senza ideologisimi. Prendiamo le pensioni. Perché non proviamo a rovesciare il problema?». Come scusi? C'è uno studio molto serio che dimostra come il collasso del nostro sistema pensionistico sia collocabile nel 2024. Bene, per- che non affrontare laicamente il problema della bassissima natalità? Paesi come la Danimarca o la Svezia avevano lo stesso problema, si sono impegnati e in pochi anni hanno raddoppiato il tasso di natalità. I figli costano, i figli sono un bene pubblico e come tali vanno riconosciuti. Su questo tema il Ppi prenderà un'inziativa importante». Nei palazzi della politica si è diffusa una voce: il «nuovo» Ppi potrebbe mettere in crisi il governo o quanto meno chiedere un rimpasto... «Di crisi non se ne parla proprio. Quanto al rimpasto, questo è un problema che, eventualmente, deve porsi il Presidente del Consi¬ glio». Scusi, ma allora che novità ci sarà nella vostra politica? «La novità è questa: le mediazioni devono essere il punto di approdo di una discussione, non ci si può piii trovare davanti a prese di posizione vincolanti. In altre parole, dovremo discutere di tutto, ma prima non a cose fatte». Sulla eterna, delicatissima questione della legge elettorale, il Ppi finalmente avrà una sua posizione? «Si. Prendiamo atto che il sistema tedesco, che tanta efficacia ha mostrato in quel Paese, non piace. Bene, allora perché non trasferire anche alla Camera il sistema elettorale che c'è attualmente al Senato? Ci si presenterebbe tutti con lo stesso simbolo e i partiti potrebbero continuare a presentare i propri simboli negli altri tipi di elezione». Franceschini ha detto al congresso: «So che Veltroni teme una mia elezione a segretario». Qualcuno ha sorriso, lei? «Più semplice: a me non risulta. Certi eccessi si possono capire soltanto nei congressi. Anche perché se mi fossi messo sullo stesso piano, avrei potuto dire che lui, all'esterno del partito, era gradito da altri. Ma non sarebbe stato vero. E allora perché dirle cene cose?». «Nell'adolescenza ho vissuto momenti di miseria, ho fatto anche il garzone di fornaio. Di Prodi sono amico e sono ben contento di dirlo» Pierluigi Castagnetti, In alto: Nicola Mancino

Luoghi citati: Danimarca, Reggio, Reggio Emilia, Rimini, Svezia