«In poche ore a Grozny» di Anna Zafesova

«In poche ore a Grozny» «In poche ore a Grozny» il «blitz» del '94: due anni e 20 mila morti Anna Zafesova MOSCA NA nuova carneficina, un secondo disastro, la ripetizione della catastrofe. Chi teme la guerra che di fatto è già iniziata nella ribelle Cecenia - e, nonostante la paura e la rabbia generate dagli attentati terroristici attribuiti agli islamisti ceceni, sono ancora tanti - ricorda che questo conflitto è il numero due, e che il primo, durato due anni e costato 100 mila vite umane, è la pagina più orribile della nuova storia russa. L' 11 dicembre 1994 i carri armati di Mosca entravano nella Cecenia dichiaratasi indipendente tre anni prima. La guerra era stata preceduta da una martellante-campagna propagandistica che dipingeva il presidente secessionista Dzhokhar Dudaev e i suoi uomini come «banditi» e affermava che il resto della popolazione non aspettava altro che l'arrivo dei fratelli russi che la liberasse. E, dietro le quinte, c'erano stati negoziati e traffici che hanno visto protagonisti importanti dirigenti russi. Esattamente come adesso. Al Cremlino generali compiacenti convincevano Boris Eltsin - in procinto di farsi rieleggere e in catastrofico calo di popolarità - che «una piccola guerra vittoriosa» sarebbe stata salutare per le sue prospettive elettora¬ li. Il ministro della Difesa Pavel Graciov promise di «prendere Grozny in due ore» e i negoziati con Dudaev vennero troncati brutalmente. La guerra era cominciata. Ma il blitz fallì miseramente. Invece di accogliere con gioia i russi, i ceceni impugnarono le armi e l'offensiva si impantanò. Guerriglieri nati, gli abitanti delle montagne misero su in pochi giorni un'armata efficiente e agguerrita, ben equipaggiata e soprattutto motivata. I loro avversari eranoj>er lo più reclute di 18 anni, mal addestrate, affamate dalle ruberie dei comandanti e dalla miseria dell'ex Armata Rossa, e guidate da strateghi per i quali l'arte bellica si era fermata alla battaglia di Kursk. Carne da macello: in 2 anni i russi persero almeno 20 mila uomini, più che in 9 anni di guerra in Afghanistan. Molti sono ancora considerati scomparsi: 500 resti mutilati rimangono nelle celle frigorifere perche lo Stato non ha i soldi per identificarli. Centinaia sono stati fatti prigionieri e abbandonati dal comando che negava la loro esistenza. Centottanta rimangono ancora in ostaggio, gli altri sono stati liberati grazie al coraggio delle loro madri che andavano in Cecenia, sotto le bombe, per «riscattare» i loro figli. Ma la vera tragedia si è abbattuta sulla popolazione civile. Per prendere Grozny ci sono voluti due mesi e migliaia di bombe. Un osservatore occidentale, impressionato, aveva definito la città una «seconda Dresda». Bombardamenti a tappeto avevano raso al suolo meta della capitale cecena. E nei villaggi i soldati facevano «pulizie» che non lasciavano sopravvissuti. E che aumentavano l'esercito di disperati assetati di vendetta contro Mosca. Un conflitto fallimentare dal punto di vista militare. Ma soprattutto cinica: mentre in Cecenia cadevano le bombe, Boris Eltsin affermava che Grozny non era stata nemmeno sfiorata. La guerra venne definita «operazione poliziesca a carattere limitato», i liberali che denunciavano la tragedia furono accusati di «tradimento», e il canale tv iiNtv», l'unico che mostrava le atrocità del conflitto, fu minacciato di chiusura. Oliando nell'agosto del 1996 il generale Lebed firmò a (Glassavi urt la pace con gli indipendentisti, tutta la Russia tirò un sospiro di sollievo. Tre anni dopo tutto si ripete (piasi alla lettera: le bugie della propaganda, l'incapacità dei militari, un esercito in miseria. Con un'unica differenza: stavolta l'opinione pubblica chiedo al Cremlino di combattere «fino all'ultimo ceceno». Quando il generale Lebed firmò la pace con i secessionisti tutta la Russia tirò un sospiro di sollievo

Persone citate: Boris Eltsin, Dudaev, Lebed, Pavel Graciov