Sotto tiro D'Alema, «asso pigliatutto»
Sotto tiro D'Alema, «asso pigliatutto» I popolari puntano a un rimpasto di governo: qualche ministro in meno, qualche idea in più Sotto tiro D'Alema, «asso pigliatutto» Mancino contro il premier. Mastella: chiarimento o crisi Maria Teresa Meli inviala n RIMIMI «Il rilancio del partito non passa per il ritiro della delegazione del ppi dal governo». Quando dal palco del congresso popolare il ministro della Sanità Rosy Bindi pronuncia queste parole, la platea rumoreggia e dalla sala della fiera di Rimini si leva un boato. E' la «pancia» dell'ex de - costituita dai delegati, dagli amministratori locali - che manifesta il proprio fastidio, il rancore, il rimorso e il rimpianto per aver aiutato, un anno fa, D'Alema a varcare la soglia di palazzo Chigi. Anche i wertici» del partito si interrogano sulla giustezza di quella scelta. Ma il passato è passato, e indugiarvi non serve, per un partito malridotto. Allora, l'unica è cercare di evitare ulteriori appiattimenti sulla linea del premier, marcare le distanze, riacquistare visibilità e guardare al futuro con l'occhio di chi punta a un candida t alla premiership, per la prossima legislatura, che non sia un diessino, ma un esponente di centro. Nell'immediato, il "rilancio", quindi, può passare per un "rimpasto", con lo scopo di rafforzare la presenza popolare dentro l'esecutivo e togliere qualche ministro del ppi accusato di aver assecondato con troppo zelo il premier. La linea è questa. Al congresso la incarna il presidente del Senato Nicola Mancino che sferra un attacco a D'Alema dal palco di Rimini, accusandolo di fare la parte dell'«asso pigliatutto». Un'offensiva, questa, che non può passare inosservata, provenendo dalla seconda carica dello Stato. Si arriva quasi alle soglio di imo scontro istituzionale. In cui si inserisce Clemente Mastella. Lui è il primo a capire dove vadano a parare i suoi amici di un tempo, perciò, tinnendo la competfMonrral"centro;' mette'le mani avanti, anticipa tutti e sollecita un chiarimento, altrimenti, avMBUt^fe»^^ sera giunge la dura replica di palazzo Chigi che sembra indirizzata a nuora (il leader dell'Udeur), perchè suocera (Mancino e Ù|ppi tutto) intenda: «D'Alema non ha perso alcuna occasione per favorire un chiarimento nella maggioranza ed è lui il primo a volerlo, quanto alla crisi, per determinarla bisogna togliere la fiducia al governo, utilizzando precisi strumenti parlamentari». La strategia del ppi che preoccupa il premier è quella che si legge tra le righe dell'intervento (applauditissimo) di Mancino al congresso. Il discorso del presidente del Senato è innanzitutto un monito a D'Alema. «La sinistra e anche noi - dice l'esponente popolare - dobbiamo convenire che ruiivo è stato possibile perchè un uomo moderato ha guidato la coalizione al successo». Ergo: il candidato premier ha da essere un moderato. Sono ragionamenti che il ppi fa da qualche tempo: pure Marini tre sere fa, in una cena con i giornalisti, rifletteva ad alta voce su questo punto, lasciando chiaramente intendere che D'Alema potrebbe saltare il prossimo giro. E una convergenza, su questo punto, i popolari potrebbero trovarla con i "nemici" dell'Asinelio che soffrono anche loro l'egemonia diossina, come dimostrano queste parole di Prodi: «Mettersi insieme è più difficile se c'è uno che domina». Ma Mancino vuole mandare al premier anche altri messaggi: «D'Alema - osserva - è bravo e forse proprio per questo dà la sensazione dell'asso pigliatutto: comunica, presiede, si sostituisce, espropria funzioni, sentenzia, ammonisce. Nemmeno la politica delle privatizzazioni avviata dal capo del governo piace a Mancino (è «contraddittoria») che cita l'esempio della «pulizia etnica fatta dall'amministratore delegato dell'Eni». E' un attacco, è vero, ma l'obiettivo non è la crisi, piuttosto, come si diceva, il rimpasto che, d'altra parte, lo stesso D'Alema poco tempo fa aveva lasciato intendere di avere in animo di fare, dopo la finanziaria e dopo il congresso del suo partito. E' di nuovo Mancino a far capire quale ragione si cela dietro l'esigenza, per l'ex de, di cambiare la compagine governativa. «Nel ppi - sottolinea Mancino - servirebbe qualche ministro in meno e qualche idea in più». Un implicito attacco a coloro che, nell'esecutivo, non ha sostenuto le ragioni popolari, sarà la vittima quando l'ex de cambierà i propri assetti? Mattarella, Jervo- lino, Bindi? E quel che si agita nel ppi impensierisce D'Alema. Tant'è vero che il premier non cela il timore che «possano rivivere anti- chi conflitti», perchè intrawede «il germe di una possibile divisio- ne». Stabilità, stabilità e ancora stabilità, giacché «non è possibile questa permanente litigiosità»: è questo l'appello del premier. Un appello che rischia di cadere nel vuoto. Palazzo Chigi: il Presidente del Consiglio è il primo a volere la verifica ma chi cerca la crisi deve usare gli strumenti delParlamento II presidente del Senato Nicola Mancino con Franco Marini Nelle foto in basso: Pierluigi Castaglietti e Mino Martinazzoli
Luoghi citati: Rimini
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