Il voto a Vienna, test per Bruxelles

Il voto a Vienna, test per Bruxelles DOMANI L'AUSTRIA SCEGLIE IL NUOVO PARLAMENTO Il voto a Vienna, test per Bruxelles Il modello populista può contagiare l'Europa reportage Carlo Bastasin inviato a VICINA LA rivolt./i dei soddisfalli. Una catastrofe di idee in un idillio economico. A poche ore dalle elezioni austriache non restano che i paradossi per capire comi mai uno dei Paesi di maggior successo in Europa abbia imboccalo la strada della protesta nei confronti della politica e viva una vigilia crepuscolare da cui la democrazia potrebbe svegliarsi deformata dalla deriva populista di Jóerg Haider. L'attesa affermazione dei «liberali» di Haider come secondo partito, romperebbe gli equilibri della i ; rande coalizione Isocialdemocralieo-popolare) che da 13 anni guida Vienna, l'orlerebbe all'anticamera del governo, se non dentro In sale nobili, per la prima volta in Europa, un partito xenofobo e sospetto di nostalgie naziste. In altri Paesi europei i partiti tradizionali vivono una erisi di credibilità, in nessuno ancora la «erisi dei partili., ha preso la forma di una «crisi di democrazia» (lancio un ruolo decisivo alle pressioni di un demagogo. Il caso austriaco contraddice la saggezza convenzionale che in Europa identifica la erisi dei consensi con i problemi dell'economia e dell'occupazione. L'economia austriaca non e mai stata cosi florida e la disoccupazione ò pari a solo il 4,3% Il benessere materiali! è stato d'altronde l'obiettivo primario della politica del dopoguerra: il surplus dei risultali ha nascosto a lungo il deficit dei metodi. Usciti dalla cilena con la ferrea determinazioni' i superare le responsabilità storiche, i parliti austriaci si sono dedicati a una ricerca di armonia elio è diventata essa stessa un'istituzione della politica, una regola predemocratica a cui è stato sacrificato il confronto sui contenuti. L'armonia e diventata compromesso, occupazione partitica, clientelismo, ambiguità e infine perdita di credibilità. Nell'Ufi con la nomina di Kurt Waldheim alla presidenza della Repubblica, la contraddizione del pas .aio rimosso ha cominciato ad affiorare. Quell'anno Haider prese la guida dei liberali 0 i partili ! radizionali si unirono nella ('.rande coalizione. Col tempo •• emersa alla luce del sole la natura della convenzione democratica austriaca: il sistema clientelare aveva sostituito quello del consenso e il suo stesso successo aveva tolto valore al vini ole clientelare!. La tutela ilei parlili nella ricerca del lavoro o della casa perdeva senso una volta che tulli avevano case e lavoro. Da qui lo spazio per la rivolta dei soddisfatti. Nel vuoto di dibattilo gli elettori si sono riconosciuti in quella che Max Weber chiamava «la malìa della libertà», nella forma della protesta contro «quelli là sopra», raccolta e alimentata da Haider, (ili storici attribuiscono la debolezza del sentimento democratico alla tradizione della corte imperiale e vedono i germi del risentimento addirittura nella controriforma. Ma la politica schiacciata sull'amministrazione del potere in un'economia piccola e protetta, una specie' di totalitarismo clientelare, ha finito per confrontarsi con un'opinione pubblica coi più elevato analfabetismo di ritorno e la pili bassa quota di laureali d'Europa. Per un'opinione pubblica che riconosce la propria identità principalmente nel «paesaggio austriaco», la caduta della cortina di ferro nell'I)!) e l'ingresso di Vienna nell'Unione europea nel '95 sono stati momenti di violento confronto tra la «provincia austriaca e il mondo» e la politica del «sia così, sia colà» e apparsa sempre più ambigua: il cancelliere Viktor Klima difende in pubblico la neutralità militare del Paesi!, ma sottoscrivi! a Bruxelles il Trattato di Amsterdam che impegna Vienna nella politica di difesa comune; ai vertici europei sostiene l'apertili a a Est, ma in patria denuncia l'immigrazione a basso eosto. Klima ricorda l'emozione della caduta del Muro: «Mia madre si chiamava Varga e mio padre era un immigralo boemo», ma il governo ha varato leggi d'immigrazione cosi restrittive che nò lui, né il suo portavoce, nè il segretario del suo partito oggi citerebbero il passaporto austriaco. Dal '94 la (piota di stranieri si è stabilizzata al 10% (meno che in Svizzera) e dal '97 tende a diminuire. Ma l'ambiguità della coalizione' fa si che la relorica di Haider alimenti ancora l'isterìa xenofoba. Prima demonizzalo, poi deliberatamente ignorato, di fatto inseguito, il populismo di Haider ha spostato la linea di tulli i partiti stilla logica dei sondaggi, in una rincorsa che favorisce proprio i populisti. La politica si e svuotata cosi di conte unti (! credibilità: quando scoppio il caso dei maltrattamenti della polizia sugli immigrati, il ministero dell'Interno liquidò il caso di¬ chiarando «la nostra responsabilità vale per il futuro!», un'epigrafe dell'impunità che da 40 anni segna la politica austriaca. Di fronte ai sacrifici dell'euro, il governo si è nascosto dietro all'affermazioni! «non c'è alternativa»: una contraddizione in termini della politica in democrazia. Un manifesto elettorale femminista recita: «A favore delle donne, senza svantaggiare gli uomini». Se Haider coltiva l'immagine del montanaro con la Porsche che le canta chiare, Klima rispondo dalle cime dell'Ammergau alzando il tono retorico: «In epiesto giorno meraviglioso, gli uomini di questa bellissima terra vedono la storia del nostro successo». Dopo aver corretto un'immagine che più che dalla Boemia sembrava venire dal¬ la Transilvania, il cancelliere si'è messo a competere con Haider anche sull'abbronzatura o l'abbigliamento, entrambi possono cambiare abito cinque volte al giorno: pili pose che posizioni, più televisioni che visioni. Mercoledì scorso i rappresentanti austriaci sono riusciti a frenare il processo di allargamento a Est dell'Unione europea, uno dei principali progetti della Commissione Prodi, ponendo condizioni severissime per la sicurezza dei reattori nucleari dei futuri Paesi membri e facendo saltare, con la sponda dei tedeschi, l'unanimità necessaria agli altri 13 Paesi. Il quotidiano «Dio Presse» commentava: «I partiti austriaci rilanciano ogni giorno per ragioni elettorali le richieste di chiusura delle centrali, alimentando un'istoria che isola Vienna e crea un'insensata ostilità coi Paesi vicini». A frenare l'allargamento sono gli slessi socialdemocratici o popolari che denunciano la pericolosità di Haider. Secondo Ursula Stenzel (popolare) l'ipotesi di Haider al governo «è un fattore di rischio non calcolabile per l'Europa». Già oggi la pressione di Haider e la pavidità doi partiti tradizionali ha spostato Vienna «sulla linea del boicottaggio» (Dio Presse), aprendo seri dubbi sulla qualità democratica di un'Europa ostaggio doi cicli elettorali regionali. Ma.i rischi por l'Europa vanno oltre i nodi istituzionali e diventano culturali. Il parallelo AustriaGermania è un vecchio tema della politica europea. In un noto ritratto di berlinesi e viennesi, Hofmannstahl diceva che «i tedeschi esasperano i problemi, mentre gli austriaci li ignorano». Proprio il rischio di lasciare spazio a un «Haider tedesco» aveva spinto il premier bavarese Edmund Stoiberà ostacolare l'ingrosso dell'Italia nell'euro. Ma come si comporterebbe la Baviera, con i suoi due milioni di «tedeschi dei Sudeti», se Haider, sull'onda del successo, imponesse davvero, per l'ammissione di Praga in Europa, il ritiro dei decreti Denes e cioè la restituzione a tedeschi e austriaci doi beni sequestrati alla fine dell'occupazione nazista? A questo potrebbe ridursi l'Europa, preda della crisi della politica? La politica si è svuotata di contenuti e di credibilità e i candidati del centro-sinistra imitano il ribellismo di Haider pur di non perdere consensi Dibattito elettorale tv per i leader dei cinque principali partiti austriaci Da sinistra, Hoide Schmid! (Foro liberale), il vicecancelliere Wolfgang Schuessel (Popolari), la presentatrice tv Gisela Hopfmueller, il cancelliere Viktor Klima. (Socialdemocratici); Joerg Haider (Liberalnazionali) Alexander vari der Belles (Verdi)