IDENTITÀ E DIFFIDENZA

IDENTITÀ E DIFFIDENZA IDENTITÀ E DIFFIDENZA HO sentito ((ui un uomo colto e intelligente come il senatore Malagodi rifarsi a padri quali Cavour, Mazzini, Garibaldi, Vittorio Emanuele IL Ora quei padri noi dobbiamo dimenticarli, dobbiamo smentirli. Quelli non furono nostri padri. Furono i seduttori di nostra madre». Così Paolo Volponi in un discorso al Senato quindici anni fa. I seduttori d'Italia sono tutti sudditi, quando non sovrani, dello Stato Sardo. Sono italiani come tutti gli altri? Nulla è meno certo. Quando il nobilotto piemontese va a offrire un posto di senatore al Principe di Salina, chi è il vero depositario di mia identità nazionale, capace poi di un rapporto non nevrotico con le differenze? L'annessione puramente militare e patrimoniale dell'Italia, con uno stile culminato l'8 settembre del 1943, gestito dai piemontesi Vittorio Emanuele III e Pietro Badoglio, non sono buone credenziali. Insomma, una riflessione sul rapporto con l'altro non parte, a Torino, sullo stesso piede che in altre città, italiane o europee, e pone quesiti specifici. In particolare, converrebbe chiedersi, forse sotto il titolo di «identità e diffidenza», per quale motivo i piemontesi in Italia (non in Europa, non nel mondo) abbiano così spesso suscitato sospetto, e qualche volta antipatia. Un ragionamento sui motivi del detto «piemontese falso e cortese» (con le varianti colte, che so, «dove nasce il Po muore la fede», come scrisse Giambattista Marino) non sarebbe inutile. Né sarebbe ozioso porsi qualche domanda sulla necessità della «spiemontizzazione» (cioè della fuga) di cui Carlo Dionisolti, piemontese attivo prima a Roma, (X)i a landra, aveva analizzato le cause, cercando di spiegare perché, poniamo, Baretti dovette finire in Inghilterra, e Alfieri in Italia. Si, in Italia, perché, come ricordò in un'altra occasione Dionisotti, ancora negli Anni Venti, in gita scolastica in montagna, al sopraggiungere di una scolaresca romana tutti dissero «sono arrivati gli italiani»; cosa avessero poi in mente quelli che sentenziavano che «più giù del Po non è Italia» appare, date queste coordinate, un vero enigma psicologico, il segno di malessere collettivo che oggi ha più ritegno a manifestarsi, ma che non è del tutto guarito. Maurizio Ferraris Università di Tonno

Luoghi citati: Europa, Inghilterra, Italia, Roma, Torino