Aspasso con Anselm

Aspasso con Anselm Aspasso con Anselm Avolte credo che Anselm guardi un po' troppa televisione, e che essendo un giovane formichiere tutto sommato poco avvezzo a difendersi dalle sirene della pubblicità finisca col diventarne facile vittima - esattamente come noi. L'altro pomeriggio siamo usciti per comprare i libri di testo che gli serviranno per il corso di lingua tedesca presso il Goethe Institut, e per arrivare alla libreria Druetto voleva a tutti i costi passare per via Lagrange. Noi però eravamo già in piazza C.L.N., all'angolo dove c'è Ricordi, e passare per via Lagrange per raggiungere la Druetto aveva davvero poco senso. «Uffa uffa e uffa», l'ho sentito borbottare, mentre un paio di ragazzine con le zeppe lo guardavano ammirate (una ha detto all'altra: «Madonna che sballo quel costume, dev'essere il ragazzo-immagine di qualche discoteca»), e un bambino nordafricano cercava di vendergli una maxiconfezione di fazzoletti di carta («Con un naso così», deve aver pensato), e da Ricordi uscivano miliardi di decibel. «Si può sapere perché dovremmo allungare di un isolato?», gli ho chiesto. «E' come se per andare a Novara dovessimo passare per Milano». «Ma da qui a Milano ci sono un paio d'ore, mentre via Lagrange è a meno di due minuti», mi ha risposto lui. «E va bene. Prima compriamo i libri, poi andiamo dove vuoi». La cosa l'ha messo talmente di buonumore che al momento di pagare il conto, alla cassa della libreria, ha subito estratto dalla tasca interna della giacca la sua carta di credito (Anselm, come tutti i formichieri, è un po' tirato sui soldi: me ne sono reso conto da quando abbiamo cominciato a prendere insieme l'aperitivo. Quando la cameriera arriva col conto, lui fa finta di niente e si stiracchia sulla sedia, oppure si immerge nella lettura del giornale, o fa finta di salutare qualcuno qualche tavolo più in là, o magari si alza e va direttamente in bagno), e poi si è messo a chiacchierare di cavalli con la signora Elisabetta, che gentilissima gli ha fatto lo sconto (devo ammettere che ho sospettato che l'insolita loquacità di Anselm e il suo improvviso amore per l'equitazione mirassero proprio a ottenere una piccola riduzione sul prezzo di copertina: conosco i miei polli, anche se sono dei formichieri). Comunque: miracolosamente intatti nonostante la ressa di studenti a caccia di manuali di storia e geometria, siamo riemersi sulla piazza, e a quel punto Anselm mi ha tirato perii braccio, trascinan- domi oltre il fioraio e il negozio di calzature e il comando dei Vigili Urbani, tutto eccitato. Poi, davanti alle vetrine della Levi's, si è fermato: be', proprio fermato forse no, visto che saltellava come un pazzo e col naso all'insù, segno di grandissima felicità. «E allora?», gli ho domandato, «Che cosa c'è? Non dirmi che vuoi un altro paio di jeans, che tanto non riuscirai a mettere. Oltretutto questi hanno la riga, bisognerebbe avere un fisico asciutto per poterli indossare...». «No no no no non no no, non voglio mica i jeans, VOGLIO LUI, FLAT ERIC!», mi ha risposto. Ho guardato la vetrina. Un enorme pupazzo giallo, uguale a quello della pubblicità sbucava da un sacchetto gigantesco. Avrei dovuto immaginarlo: negli ultimi tempi Anselm si è videoregistrato tutti gli spot della serie, e una sera mi ha fatto strani discorsi su come gli sarebbe piaciuto tingersi il pelo color limone (ha perfino insistito perché lo accompagnassi da Jean-Louis David per farsi fare un preventivo, ma quando gli ho detto che se lui si fosse tinto tutto di giallo sarei stato io a rifiutarmi di uscire di casa con lui ha cambiato discorso e non è più tornato sull'argomento). «Ma quel pupazzo non è in vendita», ho cercato di farlo ragionare, «si tratta soltanto di materiale pubblicitario». Si è messo a frignare e a pestare i piedi. «Lo voglio lo voglio lo voglio lo voglio!», ha strillato. «Anselm, stento a crederci: parli già quattro lingue, ti sei laureato in Filosofia Teoretica con una tesi su Heidegger e la questione della fine della Metafi sica col professor Gianni Vattimo, ti hanno ammesso al Goethe e hai già compiuto da un pezzo venticinque anni: e però fai i capricci peggio che un bambino per un pupazzetto giallo». «CHIAMALO PUPAZZETTO! E' GROSSO QUASI QUANTO ME, NON SO CHE COSA DAREI PER POTERCI GIOCARE!», ha strillato lui. «Va bene. Entra e chiedi». «Tu non mi accompagni?» «No, io non ti accompagno». Conoscendolo, pensavo avrebbe lasciato perdere. Invece è entrato. Poco dopo me lo sono ritrovato davanti con le orecchie che toccavano terra. «E' finto», mi ha spiegato, «non è come fanno vedere alla televisione, non si muove. Non è come te e me. Io pensavo che potessimo andare al Valentino sui pattini in linea, correre dietro a un pallone». Per tirarlo un po' su gli ho offerto un chilo di gelato da Gatsby. il

Persone citate: Anselm Avolte, Druetto, Gianni Vattimo, Goethe, Heidegger, Jean-louis David

Luoghi citati: Grosso, Milano, Novara