«Guai a chi rischia troppo» Samuelson: sono scommesse
«Guai a chi rischia troppo» Samuelson: sono scommesse NOBEL BELL'ECONOMÌA CONTRO LA FEBBRE DEI MERCATI «Guai a chi rischia troppo» Samuelson: sono scommesse intervista Andrea di Rohilarsi inviato a WASHINGTON ■ai «Quésta" vicenda Telecom mi ricorda l'ultima scena del film Casablanca. Come diceva già Claude Rains? "Radunate i soliti personaggi sospetti". Ecco, anche qui bisognerebbe radunare i soliti personaggi sospetti». Paul Samuelson, premio Nobel per l'economia e attento osservatore della scena italiana, se la prende, senza nominarle, con le grandi banche d'affari americane senza le quali mega-operazioni come l'acquisto della Telecom da parte della molto più piccola Olivetti non potrebbero mai andare in porto. Perché punta il dito alle banche, professore? «Alla vigilia di queste grandi operazioni nessuno sa per davvero se sono una buona o una cattiva idea, se sono o no nell'interesse dell'azionista. Ma alle banche non interessa saperlo più di tanto. Che gliene importa? Loro i soldi li portano comunque a casa. Non devono mica seguire le leggi della fisica». Cosa intende? «Se uno spacca un atomo di uranio genera energia, ma ricomponendolo non è che ricrea energia. Le banche, invece, cercano di creare energia - profitti - a prescindere dall'operazione che fanno. Funziona per loro ma non per il mercato». L'operazione Olivetti-Telecom non ricorda i gran- di leveraged buy-outs americani degli Anni Ottanta? «Non c'è bisogno di andare così indietro nel tempo. Piuttosto l'operazione OlivettiTelecom mi sembra figlia della stessa filosofia che c'era dietro all'esplosione dei grandi hedge-funds americani degli Anni Novanta, alcuni dei quali, come sappia¬ mo, si sono lanciati in acquisti spericolati esponendosi in maniera eccessiva pur di assicurarsi ritorni fino al 150 per cento. E poi hanno passato un sacco di guai». E qual è la logica che spinge a queste megaoperazioni? «Operazioni estreme come questa comportano sempre un rischio estremo. Ma fin¬ ché il mercato tira i rischi non vengono mai valutati realisticamente, questo ormai lo sappiamo. E allora operazioni di questo genere diventano semplicemente delle grandi scommesse». Le scommesse si vincono e si perdono. «Certo, la cosa può funzionare e può non funzionare. Dipende molto anche dalla fortuna. Ma se le cose si mettono male dal punto di vista della liquidità il mercato lo avverte subito. L'azionista dice a se stesso: "Sta succedendo qualcosa, non so bene cosa, non sono in grado di capirlo esattamente". E vende». Lei pensa davvero che lo spirito di Wall Street possa influenzare operazio¬ ni dal sapore fortemente «italiano» come questa? «A Wall Street ormai tutti si aspettano profitti su carta del 20-25 por cento all'anno. E' pura follia. Ma è così. E la febbre ha contagiato anche gli europei, che adesso cercano di mettere in piedi operazioni all'americana come questa». «Mi sembra l'esplosione dei fondi speculativi che negli Anni Novanta ha dato rendimenti fino al 150 per cento e grandissime difficoltà» m a e ? Lanfranco Turci Roberto Colaninno e Marco De Benedetti
Persone citate: Claude Rains, Lanfranco Turci, Marco De Benedetti, Paul Samuelson, Roberto Colaninno, Samuelson
Luoghi citati: Washington
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