Pasolini musicista corsaro di Sandro Cappelletto

Pasolini musicista corsaro Una tenace passione coltivata fin dall'infanzia, suonando il violino e studiando Bach Pasolini musicista corsaro «Mi piace unire raffinatezza e volgarità» Sandro Cappelletto MO sto bene», rantola Accattone, prima che la sua morte inutile venga resa sacra dal corale delle la Icrime dalla Passione secondo Matteo di Bach. «Ebbene, ti confiderò, prima di lasciarti,/ che io vorrei essere scrittore di musica», raccontava Pier Paolo Pasolini. Musica, amata perché «unica azione espressiva/ forse, alta, e indefinibile come le azioni della realtà». Le passioni, le ragioni, le scelte, le critiche musicali dell'artista ucciso nel 1975 sono state raccolte in un volume curato da Roberto Calabretto, Scrittore di musica, appena pubblicato da Cinemazero con il sostegno della Provincia di Pordenone e del comune di Casarsa. Un libro, anche ben illustrato, documentato al punto da riportare tutti i titoli contenuti nella discoteca privata di Pasolini (Bach è al primo posto, assieme alla collezione di musiche del folklore africano e asiatico), tutte le musiche scelte per le colonne sonore, tutti i suoi testi musicati da compositori cantautori, cantanti: Bussotti, D'Amico, De Simone, Guarnieri, Morricone, Nono, Scogna, Alice, Endrigo, Marini, Modugno, Laura Betti, molti altri. Tra le canzoni ispirate alla sua vita, vanno almeno ricordate Unastoriasbagliata di Fabrizio De André e A Pa' di Francesco De Gregori. Pasolini, ragazzino, suonava il violino, leggeva la musica, amava ballare. Passava dallo studio di Bach alle corse notturne in bicicletta per seguire di paese in paese le orchestrine di boogie-woogie. «Il segno sotto cui lavoro è la contaminazione», dichiara in un'intervista del 1962. La parola, oggi deprivata di senso, alibi piatto, aveva allora un potere provocatorio immediato: «Aver contaminato una musica raffinata come quella di Bach con le immagini di Accattone corrisponde nei romanzi all'unire insieme il dialetto, il gergo di borgata, con un linguaggio letterario che per me è di derivazione proustiana o joissiana». La scelta non piace alla critica musicale, neppure a Massimo Mila, al pubblico «colto», che giudica inaudito l'accostamento tra il sublime e lo squallido. Mai utilizzata come tappetino sonoro, la musica ha nei suoi film una funzione di contrappunto, di opposizione: Valzer e Preludi di Chopin accompagnano, in Salò, il racconto delle tre Megere nella Sala delle Orge. Il presunto compositore per le dame viene così accostato alla descrizione dettagliata di perversioni sessuali. E dopo Chopin, canzoni patriotti¬ che intonate dai fascisti repubblichini, tra una tortura 13 l'altra. Il motivo del contrasto è ribadito nelle riflessioni sugli autori classici. In uno scritto inedito degli Anni Quaranta, dedicato alla Sonata in sol minori:! per violino di Bach, coglie nel secondo movimento, il Siciliano, «il rischio di una crisi»: «L'immagine umana di Bach non è così perfetta come la perfezione aprioristica di tutta la sua musica vorrebbe farci credere. Una sensualità profonda sta anche in Bach». Nel Siciliano si possono vedere «la bocca e il sesso». Mozart - riscoperto grazie ad Elsa Morante - gli fa «cambiare carattere», quando impani ad amare la sua «leggerezza mortuaria... un male profondo che si espia in leggerezza» (e le Legioni americane di Calvino erano di là da venire...): lo sceglierà in Teorema, Edipo re, Il fiore delle mille e una notte, alternato a musiche folkloriche che lui stesso registra girando tra strade e locali delle città africane, nello Yemen. Detesta la «musica descrittiva» e di tutte le sinfonie di Beethoven quella che gli piace meno è la Sesta, la Pastorale troppi cucù, tuoni, quadretti di genere - mentre predilige il ritmo puro della Settima, che non ha bisogno di immagini, di riferimenti altri. Quanto «edonista e onomatopeica» è invece la musica «varia» trasmessa dalla Rai. Delle sue polemiche contro Canzonissima e il Festival di San Remo misuriamo l'assenza: le ispirano non certo l'antipatia per la canzone - che provoca lancinanti «intermittenze del cuore» - e il consumo popolare di musica, ma insofferenza contro la volgarità «piccolo borghese» delle scelte musicali televisive, dei balletti dove sempre «la donna appare come una scema». «Parlarne fino all'indignazione è impopolare e tutti, se potessero, pagherebbero quelle miserabili ventimila lire» per andare a sedersi a San Remo, anche il bracciante calabrese che - «dato di fatto spaventosamente doloroso» - non capisce i suoi versi. Per Medea sceglie la persona di Maria Callas, per «la barbarie sprofondata dentro di lei, nei suoi occhi, nei suoi lineamenti». Sarebbe stato banale ascoltarla cantare la Medea di Cherubini, che pure è una delle sue soltanto sue - interpretazioni più alte. Meglio la suggestione arcaica di un canto d'amore iraniano, di un rituale giapponese, per costruire un'architettura musicale consapevole che moltiplica gli orizzonti, le dinamiche possibili, inseguendo ovunque, in Medea come in Accattone, l'idea di una sacralità perduta, anche fisica. Pier Paolo Pasolini: «Vorrei essere scrittore di musica»

Luoghi citati: Medea, Pordenone, Salò, San Remo, Yemen