«Andreotti, innocente da risarcire»

«Andreotti, innocente da risarcire» Arringa del difensore del senatore a Palermo: «Esiste la certezza del suo impegno nella lotta a Cosa nostra» «Andreotti, innocente da risarcire» «Processo del secolo? No, un mare di pettegolezzi» Francesco Lalicata invialo a PALERMO Tutti, ieri mattina, si sonò sforzati di ostentare normalità: il pubblico ministero, Roberto Scarpinato, restando impassibile e masticando - come sempre- la sua Collima americana; il professorCoppi, primo difensore, che ha menato fendenti ma quasi con garbo, arrivando a far precedere giudizi pesanti nei confronti dei prn da attestazione di «tenerezza»; il presidente Ingargiola, duro ed esigente - come sempre - che ba giustamente richiamalo i giornalisti, invitandoli a eresiali: impassibile e ad astenersi dall'«assentire o dissentire» dalle parole de) professor Coppi che arringava in favore di Giulio Andreotti. Già, i giornalisti, Unico sintomo di novità. Erano di nuovo numerosi, evidentemente «grazie» alla sentenza di Perugia. Ed erano le telecamere, in fibrillazione seppure in assenza dell'imputato che da se fa i;ia notizia, la spia di un rinnovato interesso per un processo che si trascinava stancamente. E quel mollilo di Ingargiola ai inedia: (piasi una sottolineatura che non giova alla serenità della giustizia qualunque tipo di can can che si sviluppi al torno all'aula di Palermo L'intervento di Franco Coppi SÌ e concluso ni:l solo modo possibile: con la richiesla di assoluzione perche il fatto non sussiste. Ma nella sua richiesta, il difensore e andato anche oltre - è sembrato - l'ovvia rivendicazione dell'* innocenza penale» del suo assistito. Anzi, riferendosi all'impianto accusatorio della Procura si ò chiesto ironicamente: «Onesto sarebbe il processo del secolo?». «Ma per favore! Naufraghiamo in un mare di pettegolezzi da quattro soldi e solo il rigore del Tribunale - che i processi si limila a subirli - potrà salvarci dal ridicolo». Ma non e solo il riconoscimento dell'innocenza di Andreotti che Coppi chiede, il difensore ritiene che all'ex presidente del Consiglio «si debba» anche una sorta di risarcimento minale perche «non esistono le prove di una sua connivenza con la mafia», ma al contrario esiste la certezza di un suo serio impegno nella lotta contro Cosa Nostra». Anche se, fino ad un certo punto, una «sottovalutazione del fenomeno mafioso c'è stata». Ma l'ammissione di Coppi è stata seguita immediatamente dalla puntualizzazione che «quella sottovalutazione e da condividere con l'intera classe politica del momento che «considerava prioritario l'impegno in direzione della lolla al terrorismo». A questo punto il presidente Ingargiola ha colto e redarguito l'agitazione dei cronisti presenti in aula. A dimostrazione delle proprie convinzioni, il difensore ha citato le testimonianze dell'ex ministro Rognoni e dell'ex presidente della Repubblica, Francesco Cessina. Il primo confermò l'esigenza di priorità per la lotta al terrorismo, il secondo venne a raccontare in aula come Andreotti - scoperta la pericolosità della mafia - si l'osse dimostralo addirittura «assatanato contro i boss» per aver varalo un decreto, nel 1991, che riportava in carcere alcuni mafiosi scarcerali dalla Cassazione per vizi di forma. Disse, l'ex presidente della Repubblica che quel decreto lo firmo a malincuore, trovandolo poco aderente al dettato costituzionale. Secondo Cossiga In Andreotti ad insistere, fino a mandare due ministri, Scotti e Martelli, al Quirinale «a litigare». E la versione diversa di Martelli, che invece ha sostenuto di essere stato l'unico a volere quel decreto perche Andreotti, presidente del Consiglio, «non aveva ben compreso il livello di pericolosità assunto da Cosa Nostra»? La testimonianza di Claudio Martelli, ex Guardasigilli, secondo Coppi «suscita soltanto tenerezza». «Martelli - ironizza il difensore arraffa meriti dove può e si presenta con la faccia del bambino corrucciato per scaricare colpe sugli altri». La ricostruzione di Franco Coppi è andata avanti pei più di tre ore, sempre sul filo del capovolgi mento dell'assunto espresso dall'impianto accusatorio. Andreotti doppiogiochista e amico della ma¬ fia? Per il penalista simili conclusioni sono frutto del «solito salto logico» cui fanno ricorso i pubblici ministeri ogni volta che si tratta di attribuire al senatore a vita responsabilità mai provate. E cosi anche la storia del presunto tentativo di Andreotti di colpire Martelli facendo riaprire l'inchiesta sul famigerato conto protezione. Tutto basato sulla testimonianza ritardata («ha aspettato un anno, perchè?») dell'avvocato Luigi Li Gotti, «difensore di più pentiti», che ha riferito di essere stato avvicinato da due legali di area andreottiana che gli chiedevano se fosse possibile riesumare la vicenda dei soldi del conto protezione. E secondo i pm, si lamenta Coppi, tutto per «consegnare alla mafia la testa di Martelli e ritornare nelle grazie dei boss. Tesi strabiliante». Il processo andrà avanti nei prossimi giorni con le arringhe dell'avvocato Gioacchino Sbacchi. Il 12 ottobre si chiude con le dichiarazioni spontanee del sen. Andreotti, un intervento teso solo a confutare la tesi dell'accusa che ritiene di aver individuato la data esatta di uno degli incontri tra l'imputalo e il boss Stefano lìontade. Lo stesso giorno, la camera di consiglio. Il legale ha ammesso «che c'è stata una sottovalutazione del fenomeno mafioso, da condividere con l'intera classe politica» L'arringa del professor Coppi ieri a Palermo

Luoghi citati: Palermo, Perugia