B0IACHI MOLLA AL BAR SPORT MONTECITORIO
B0IACHI MOLLA AL BAR SPORT MONTECITORIO IAMUSSOIMCONBUFFON B0IACHI MOLLA AL BAR SPORT MONTECITORIO Massimo Gramellini E' consolante vedere come, mentre noi umani passiamo il pomeriggio a occuparci di cose tristi (trovare lavoro, parcheggio o anche solo una verdura che non sappia di diserbante), quei buontemponi di Montecitorio se la spassano neanche fossero al Processo di Biscardi, azzannandosi su vicende che hanno la freschezza di una mozzarella scaduta da trent'anni. Non bastasse l'attualissimo dibattito sui finanziamenti di Stalin al Pei, di Nixon alla De e di Ramses II a Berlusconi, è esploso ieri con tutta la sua urgenza il caso della maglietta di Gianluigi Buffon, che domenica recava in un angolino la scritta: «Boia chi molla». Buffon nella vita fa il portiere del Parma, non lo storico revisionista. Ignorava quindi che «Boia chi molla», lungi dall'essere un innocente incoraggiamento ai suoi spompatissimi compagni di squadra, fosse stato nel 1970 lo slogan dei rivoltosi missini di Reggio Calabria. Ciononostante si alzava la solita zaffata di dietrologia e per poco Buffon non veniva incriminato sui due piedi per tentata ricostituzione del partito fascista. La ministra degli Interni Jervolino, annoiata dalla vita soporifera del suo dicastero (che barba queste città italiane sempre così pulite e tranquille), convocava i microfoni per esprimere tutto il suo sdegno per l'operato immondo e socialmente pericoloso del Buffon. A difendere il quale, in assenza del libero Thuram ultimamente un po' lento nei recuperi, accorreva la Ducia (copyright di Michele Serra), al secolo Alessandra Mussolini. Chi altri se no? La Ducia si presentava alla Camera con un «Boia chi molla Buffon» sulla t-shirt, grondando solidarietà per ia vittima innocente di quel sopruso marxista-leninista. Seguiva un elevato dibattito a base di sputacchi, che in assenza di Maurizio Mosca e Gino Menicucci aveva fra i suoi protagonisti il gollista Er Pecora e il laburista Ramon Fidel Porompompero Mantovani. Intanto il presidente di turno invitava la Ducia ad andarsene, o a mettersi almeno un golf. La seduta veniva sospesa per cinque minuti, forse per dare la linea a qualche televendita. Nel frattempo noi si restava lì col dubbio: la prossima volta, pur di non occuparsi di pensioni, giovani, biogenetica e, in generale, di futuro, di cosa parleranno i nostri amici del Bar Sport Montecitorio, afflitti da torcicollo esistenziale? Del «Mein Kampf» tatuato sul sedere di una modella?
Luoghi citati: Bar Sport Montecitorio, Reggio Calabria
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