Telecom e Michelin con la dieta Usa
Telecom e Michelin con la dieta Usa OLTRE LA LIRA Telecom e Michelin con la dieta Usa Alfredo Recanatesi Era metà agosto - dunque tempo poco propizio per le riflessioni - quando avemmo modo di osservare che tra i paradossi di questi anni vi è anche quello secondo il quale, a motivo della globalizzazione dell'economia produttiva e finanziaria, i profitti di un'impresa sono insufficienti per definizione, salvo per quella che, nel suo campo di attività, sia la più profittevole del mondo. Se (ancorai non siamo all'affermazione del modello teorico secondo il quale in ciascun campo di attività rimane ad operare una sola impresa che, in virtù della maggiore efficienza, abbia sbaragliato ogni concorrenza, è perché vi sono ancora residue vischiosità alla penetrazione sui mercati, perché la concorrenza non è (e forse non potrà mai essere) perfetta, ed anche perché qualche competitore potrà essere tenuto in vita dalla speranza, purché ragionevole e ben motivata, di poter contendere con successo quel primato. In poche settimane due casi emblematici hanno confermato la realtà di questo paradosso: due casi a noi vicini venendo uno della Francia ed uno direttamente da casa nostra. Ci riferiamo alla Michelin e alla Telecom. L'azienda francese ha fatto scalpore per aver annunciato un ulteriore piano di riduzione dei dipendenti pur in presenza di utili in sensibile crescita. La Telecom ha fatto scalpore (un po' meno perché non vi sono state reazioni di governo come è accaduto a Parigi) perché il suo amministratore delegato, Colaninno, ha affermato ore rotundo che non esiterà a ridune l'organico se ciò vana a creare valore per gli azionisti; detto in altro modo, nella scala di priorità degli obiettivi dell'impresa la gratificazione del capitale fa premio su quella del lavoro. Accade dunque nella nostra Europa ciò che da tempo è norma negli Stati Uniti: la profittabilità dell'impresa non è più condizione sufficiente perché l'impresa stessa possa essere ritenuta stabile e perché chi vi lavora possa stare tranquillo. Occorre guardare avanti e considerare se una impresa concorrente è o sta per diventare ancor più profittevole e, nel caso, provvedere a che i profitti siano più consistenti. Il punto di riferimento non è più la profittabilità in se, intesa come capacità di esitare il prodotto a prezzi di mercato maggiori dei costi sostenuti per produrlo, ma molto di più: è la profittabilità del campione mondiale di quel mercato. Insomma: nel sistema economico globale non basta guadagnare, magari anche parecchio, se, nel mondo, vi ò chi guadagna ancora di più, perché il campione dei profitti potrà attrarre con maggior forza i capitali, potrà realizzare maggiori investimenti, avrà più margine Eattaccare i concorrenti sul 0 commerciale corno su quel- lo dell'innovazione. Ed infatti la Michelin, - ripetiamo: annunciando utili in crescita -, ha motivato il suo piano affermando che i suoi due maggiori competitori mondiali, la Bridgstone e la Goodyer, hanno raggiunto una efficienza economica ancora maggiore, per cui delle due l'una: o la Michelin riesce sollecitamente a fare altrettanto, oppure alla lunga è destinata a soccombere. Motivazione ineccepibile, contro la quale la reazione di condanna del governo di Parigi, e del primo ministro Jospin in persona, appare dettata soltanto da una comprensibile, ma sterile e contraddittoria stizza. Il silenzio del governo italiano, per quanto anch'esso di sinisra ed anch'esso non meno impegnato nella lotta alla disoccupazione, è dunque apparso più saggio e coerente. Perché è vero che la realtà che ispira il management della Michelin e che Colaninno ha tanto chiaramente esplicitato è sgradevole, almeno per la nostra cultura. Ma è altrettanto vero che questa realtà è la diretta conseguenza delle regole che l'economia mondiale si è data, con l'entusiastico assenso di alcuni governi o con la passiva accettazione di altri. Nessuno ha tentato alcuna forma di opposizione, e neppure di resistenza. Sicché ora è quanto meno singolare che si critichino gli effetti dell'applicazione di quelle regole senza metterle in discussione, ed ancor piùlo è stupirsi che esse provochino quegli effetti, come se avessero potuto prodursi solo negli Stati Uniti, come se l'Europa potesse esserne immune in virtù della sua cultura umanitaria, della sua tradizione solidaristica, della sua attenzione per la perequazione distributiva, o addirittura per l'orientamento a sinistra della maggior parte dei suoi governi. Quando la grande massa dei cittadini comprenderà da che parte si sta andando ed a fare molti collegamenti che oggi ancora è difficile fare sul sovvertimento dei valori che si va producendo, una reazione ci sarà; non potrà non esserci. Si può forse escludere che i risultati delle elezioni che si vanno tenendo in Europa, con il successo delle forze politiche estreme, non siano un primo, istintivo e magari grossolano annuncio di una qualche reazione? Ad affrontare i paradossi che l'economia globale sta producendo sempre più visibilmente non sarà mai troppo tardi, anche nell'interesse del vero liberismo, quello formulato dai classici del passato, non quello oggi ridutto ad ingannevoli slogan. F
Persone citate: Alfredo Recanatesi, Colaninno, Jospin, Michelin
Luoghi citati: Europa, Francia, Parigi, Stati Uniti, Usa
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