Paesaggi per orecchie fini di Marco Belpoliti

Paesaggi per orecchie fini Una «geografìa» acustica: acqua, vento, ma anche i battiti del cuore e il canto delle cicale Paesaggi per orecchie fini A Venezia il catalogo dei suoni del mondo Marco Belpoliti VENEZIA tra TRE altoparlanti diffondono i rumori e i suoni di Venezia: voci, grida, fruscii, sciabordìi, passi, por I te, battelli. E' un audio-collage realizzato da Bill Fontana, artista americano che li ha raccolti in 12 luoghi storici e culturali della città veneta e li trasmette simultaneamente alla Punta della Dogana. Acustica! Visions of Venice, realizzato in occasione della Biennale Internazionale d'Arte, si propone di trasformare questo luogo in un «panorama sonoro e visivo che ci permette di udire fin dove riusciamo a vedere». Dalla Punta si possono scorgere gli edifici più belli della città - San Marco, Palazzo Ducale, San Giorgio Maggiore, i Giardini -, e Bill Fontana ci induce a un'esperienza unica, quella di «udire fin dove si riesce a vedere (in alcuni casi anche oltre), rovesciando il motto in cui viviamo solitamente il rapporto di equilibrio questi due sensi», scrive Matthew Drutt. Fontana lavora sul paesaggio sonoro, cercando di rovesciare la percezione che ne abbiamo comunemente. Nel 1994 a Parigi ha avvolto l'Arco di Trionfo, circondato da un traffico estenuante e chiassoso, con i suoni dell'Oceano Atlantico che s'infrange sulle coste francesi, annullando completamente i suoni della città. Era un modo per ricordare il 50° anniversario dello sbarco in Normandia e della liberazione della capitale francese. L'idea che noi tutti viviamo immersi in un paesaggio sonoro dovrebbe esserci ormai familiare, tanto da indurci più o meno consapevolmente a discriminare i luoghi per le vacanze, non solo sulla base della bellezza del paesaggio visivo, ma anche di quello auditivo. 1 suoni sono creati dalla geografia e dal clima: acqua, vento, foreste, pianure, uccelli, insetti, animali. Alcuni di questi suoni sono quasi un archetipo, e se solo un altoparlante trasmétte il rumcWrJclle cicale, davanti a noi si materializza subito un paesaggio mediterraneo in un pomerìggio d estate. Da tempo gli studiosi hanno cominciato a descrivere e classificare il paesaggio sonoro. Uno dei primi è stato R. Murray Schafer, professore al conservatorio di Toronto, compositore di musica sperimentale e L'artisnel '94 l'Arco la «voceAtlanticoil rumoPA Ve autore di II paesaggio sonoro (Ricordi-Unicopli), vero e proprio manuale in materia. Quanti apprezzano il piacere che dà il suono dell'acqua? Una fontana che getta, un torrente che scroscia, una pozza che si riempie, le onde che battono contro un molo. Il suono udito per primo è stato probabilmente «la carezza delle acque», il querulo avo della terra, come ha scritto Proust. Ma anche il vento non è da meno. Non so quanti amino il suono del vento che sibila tra le piante. Certo, il vento, ricorda Murray Scheffer, alla pari del mare possiede un numero infinito di variazioni vocali. Il vento fa risuonare ogni cosa che incontra sul suo cammino, a cominciare dai prosastici fili delle linee telefoniche ed elettriche. Il libro del compositore e docente canadese è anche la storia di un progetto di ricerca, il World Soundscape Projet, il cui scopo è quello di rilevare il maggior numero di suoni possibili, prima che scompaiano dalla faccia della terra. Di questi l'autore fornisce un ampio catalogo che è anche un piccolo prontuario per ricordare luoghi e paesaggi. Diviso in sei sezioni (suoni della natura, dell'uomo, della società, suoni meccanici, calma e silenzio, indicatori sonori) contiene i suoni più vicini a noi, quelli del corpo: battito cardiaco, respirazione, passi, mani (battere, graffiare, ecc.), mangiare, bere, evacuare, fare l'amore, sistema nervoso, ma anche sogni (durante il sonno si producono diversi suoni); o quelli della voce: parole, richiami, sussurri, pianti, grida, canti, mormorii, risa, tosse, brontolìi, gemiti, ecc.; ma anche i suoni più estranei e odiosi: compressori, martelli pneumatici, trapani, bulldozer, battipali, eccetera. Quando si parla di «paesaggio sonoro» si pensa subito all'evoluzione che ha subito l'ambiente umano nel passaggio dal mondo contadino alla società industriale. Murray Shaffer sostiene che la rivoluzione industriale non solo ha introdotto una serie molto diversificata di rumori nella città, ma ha prodotto la comparsa della «linea retta». Sono quei suoni che si prolungano nel tempo e che sono privi di modificazioni. Le macchine generano infatti suoni a bassa informazione e alta ridondanza, e in acustica la linea retta continua è una costruzione artificiale, mentre è raro trovarla in natura. Così come le macchine da cucire hanno prodotto una standardizzazione nell'abbigliamento, allo stesso modo le fabbriche hanno creato una uniformità del suono. Basta risiedere per qualche giorno in una piccola città orientale per accorgersi che lì i suoni sono per la maggior parte distinti e discreti: venditori ambulanti, animali vivi nei mercati, spazzini che scopano a mano le strade, gente che canta e balla, per quanto ormai il rumore delle automobili, dei camion e soprattutto dei pullman hanno saturato anche gli spazi sonori più esotici. La maggior parte dei suoni che udiamo nella città sono di natura centrifuga, generano dispersione, mentre al contrario i suoni centripeti sono tipici degli strumenti religiosi tradizionali: costituiscono una forza di raccolta: gong, campanelli, sonagli (solo le campane sono al tempo stesso centrifughe e centripete). In piedi sulla Punta della Dogana, dinanzi a uno dei più bei panorami visivi del mondo, ascoltando le voci e i rumori trasmessi dai riproduttori elettronici di Bill Fontana, viene fatto di pensare, per antitesi, al silenzio. A quel silenzio che si cerca in cima a una montagna o in mezzo al mare, negli spazi delle grandi praterie o in quel labirinto vuoto che è il deserto. Nel passato, scrive Murray Schaffer, esistevano dei santuari muti in cui chiunque soffrisse di affaticamento sonoro poteva rinchiudersi per ricreare la propria psiche. Tuttavia l'uomo ama produrre suoni proprio per ricordarsi che non è solo, e ha paura dell'assenza dei suoni così come ha paura della mancanza di vita. Come ci ha fatto capire John Cage, «Il silenzio non esiste. C'è sempre qualcosa che produce un suono». Alla Biennale le «Visioni» di Bill Fontana: una città da ascoltare, fatta di grida e sciaborda L'artista americano nel '94 aveva avvolto l'Arco di Trionfo con la «voce» dell'Oceano Atlantico, annullando il rumore del traffico co Jlia mi/ v i & Bill Fontana ha raccolto i suoni di Venezia. A destra un disegno di A Glazer

Luoghi citati: Parigi, Venezia