Una Spa per le pepite del Faraone di Marco Sartorelli
Una Spa per le pepite del Faraone La mappa della miniera è al Museo Egizio di Torino Una Spa per le pepite del Faraone Marco Sartorelli A.A.A. Investitori in miniera d'oro epoca Seti I cercansi. No perditempo». Ecco a cosa potrebbe ricorrere una importante società che opera nel settore della ricerca mineraria, alla disperata ricerca di soci (e milioni di dollari), per dare il via all'estrazione da una miniera che - garantisce -, sarà «riscoperta» in Egitto grazie alla mappa disegnata su un papiro conservato al Museo Egizio di Torino. Il problema della Pharaoh Gold Mines, controllata dell'australiana Centamin, è infatti quello che immaginate: come convincere che non si tratta di un clamoroso «buco nella sabbia»? E pensare che la «Rivista australiana di finanza» ha definito la concessione egiziana a Sukkari (800 chilometri a sud di Cairo), come «il più promettente progetto nel settore dell'oro». L'avventura archeo-mineraria della Pharaoh Gold Mines è cominciata quando il suo team di geologi e ingegneri ha messo gli occhi su un papiro risalente al periodo di Seti I (1290-1279 a.c, famoso per essere il padre di Ramses II e perché la sua tomba, probabilmente la più bella della Valle dei Re, fu scoperta dall'esploratore padovano Giovanni Battista Belzoni). La mappa si è rivelata essere nientemeno che un disegno dei tunnel usati per estrarrc il minerale prezioso. Trovata la «cartina», i tecnici si sono spostati sulla costa Sud-Est del Mar Rosso e hanno messo in funzione speciali trivelle a punta di diamante per sondare il deserto. Il filone c'è, ed è consistente. Lo sfruttamento della miniera - che per contenere i costi sarà a cielo aperto -, avverrà entro l'anno, ma non sarà a pieno ritmo. «L'Egitto tornerà ai primi posti nella classifica dei Paesi che estraggono oro», dice Sami Raghy, geologo egiziano che ha alle spalle 32 anni di esperienza nelle miniere australiane; «Se il prezzo dell'oro non fosse crollato, non mi sarebbe dispiaciuto tenere d'occhio l'iniziativa della Pharaoh Gold Mines», ha commentato Kris Knauer, analista della BNP Equities of Australia, specializzato in società emergenti. Il problema è dunque l'andamento del prezzo dell'oro, precipitato a maggio, appena la Banca centrale di Sua Maestà Regina Elisabetta II ha annunciato una colossale vendita delle sue riserve. Risultato: l'oro è passato da circa 300 a circa 270 dollari l'oncia. Il direttore esecutivo della Centamin, Mike Kriewaldt, stima che il costo di estrazione sarà di circa 120 dollari l'oncia; la società ha già speso 15 milioni di dollari, ma nei prossimi anni per completare le infrastnitture ne serviranno circa 400. «Non possiamo finanziarci da soli perché la miniera del Faraone non ci ha fatto ancora guadagnare nulla», dice mister Kriewaldt. E lancia l'ennesimo appello: «Abbiamo bisogno di investitori. L'oro del Faraone è lì sotto».
Persone citate: Elisabetta Ii, Giovanni Battista, Kris Knauer, Mike Kriewaldt, Sami Raghy
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