Fini: «Quella sentenza non cambia la storia»
Fini: «Quella sentenza non cambia la storia» «Non vedo nessi con il processo di Palermo» Fini: «Quella sentenza non cambia la storia» ROMA «li' una sentenza che avrà importanti ripercussioni sul Totoseì...». Gianfranco Fini so la cava con una battuta, quando sulla porta dell'assemblea nazionale di An gli chiedono ancora dell'assoluzione di Andreotti. «Non vedo nessi con il processo di Palermo spiega . Sono vicende diverso, sullo quali la magistratura giudica senza faro collegamenti, Credo sia promaturo leggere una sentenza, por quanto importante, come una riscrittura della storia...». Il giorno dopo i commonti a caldo contro la «giustizia dei teoremi», il vertice; di An guarda alla sentenza di Perugia con maggioro distacco. La voglia di democrazia cristiana, da queste parli, contagia soltanto Publio Fiori e pochissimi altri. «Qualcuno ha detto che ora ò il momento di ricostruire la De - dico Gustavo Solva in una nota diffusa a margino dei lavori -, Poggior servizio non poteva ossero fatto ad Andreotti: come vittima della politicizzazione data dai procuratori al suo processo, Itti dev'essere l'ultimo a volore che la sua assoluzione (oltre tutto in primo grado) sia considerata o sfruttata come un atto politico, qual e la richiesta di ridare vita alla de...». Ma di Andreotti si è parlato anche dal palco, in un intervento del siciliano Fabio Granata salutato da un lungo applauso: «Una sentenza come quella di Perugia - ha detto Granata, presidente della commissiono Antimafia della Regione Sicilia - non può cambiare nel nostro mondo e nel nostro ambiente il giudizio di condanna storica c politica verso la de e molti dei suoi dirigenti...». Sul piano politico l'assemblea, in cui spiccava l'assenza di Adriana Poli Mortone, ha fissato por il prossimo maggio il secondo congresso del partito. Fini ha precisato le sue posizioni su referendum e riforme, dopo i recenti contrasti con Forza Italia: «Il dialogo fine a se stesso con la maggioranza è chiuso: i minuetti fatti per addormentare l'opposizione non ci interessano più. Ma non chiudiamola porta al dialogo costruttivo: il referendum, per noi, è un momento di lotta, non una strategia politica. Noi non siamo come i radicali...». Con Segni e Berlusconi è tempo di chiarimenti: «La rinuncia al simbolo dell'Elefanti¬ no è decisa, ma questo non significa che il progetto sia accantonato - ha spiegato -, Segni, però, non può chiederci di aiutarlo a distruggere il Polo. Così come Berlusconi non può pretendere che noi rinunciamo alla nostra identità. Anche se la nostra alleanza è strategica e fuori discussione». Per Di Pietro un monito deciso: «Noi usati da Berlusconi? Deve smetterla di offenderci. An si schiera sui valori, le strategie e i programmi. Non sulla base delle simpatie personali. Finché lui, in nome del suo odio per Berlusconi, starà con D'Alema e con la spia sovietica Cossutta, non avrà credito né con la base, né con il vertice di An». Fini ha poi confermato la linea dell'opposizione «dura», ad ampio raggio: «Non lasceremo a Sergio D'Antoni il monopolio del no alla Finanziaria», ha detto, chiamando il partito a una serie di mobilitazioni, una al mese in vista delle Regionali: la prima a ottobre sulla sicurezza, la seconda a novembre sulla terza età, preceduta dalle celebrazioni per il decennale del crollo del muro. «Perché in Italia il comunismo c'è ancora». Fini ha poi annunciato un'assemblea degli amministratori locali di An, in gennaio a Foggia. Ig. tib.] Gianfranco Fini. Per il presidente di An la sentenza di Perugia «non cambia la storia italiana»
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