« Andreotti non fece uccidere Pecorelli »

« Andreotti non fece uccidere Pecorelli » « Andreotti non fece uccidere Pecorelli » Tutti assolti, «opera di ignoti» l'esecuzione del giornalista che in questi anni si sono abbattute sulla magistratura, ristabilendo una clamorosa e segregata verità». Se la prende anche per tutto quello che s'è detto e scritto (in questi anni sul suo conto, l'ex senatore: «Finché c'era un'informazione guidata da indiscrezioni che filtravano da certi uffici, s'è letto e sentito di tutto; quando poi durante il processo s'è scoperta la verità, allora è calato il silenzio totale». Ma Vitalone avverte che la sua battaglia non finisce qui: «Per mettere in piedi l'impostura di cui alcune persone sono state vittime, si sono dispiegate enormi risorse istituzionali. Il Consiglio Superiore della Magistratura si deve occupare di quel che è successo in questi armi, e^arà da me debita-mente informato, Sono certo che l'organo di autogoverno non potrà restare indifferente di fronte ai fatti che sono accaduti». Al suo fianco l'avvocato Carlo Taormina preannuncia una «vendetta cinica e spietata contro pm e inquirenti che si sono prestati a questo vergognoso massacro dei diritti elementari dei cittadini. Quella di oggi è una sentenza storica che riporta il Paese nella civiltà: chi ha sbagliato deve pagare». Un altro avvocato solitamente battagliero, Bruno Naso, difensore di Massimo Carminati (è la seconda volta che l'ex terrorista esce immune dall'accusa di.aver ucciso Pecorelli; a Roma c'era già stata un'inchiesta archiviata nel '91), dice: «Prima di fare commenti più approfonditi bisogna aspettare la sentenza, ma intanto una cosa si può osservare: il processo Pecorelli è il segno dei tempi, nel senso che è stato istruito nell'epoca del pentitismo e del giustizialismo, mentre la sentenza è arrivata in tempi diversi, in cui sembra recuperata la giurisdizione secondo la quale per condannare degli imputati ci vogliono le prove, non i teoremi». La corte ha anche trasmesso gli atti alla procura perché proceda per «falsa testimonianza» contro Fabiola Moretti, pentita della Magliana, utilizzata come teste d'accusa. «Non hanno trasmesso le dichiarazioni di Buscetta e Brusca commenta l'avvocato Luigi Li Gotti, difensore dei due pentiti di mafia - e questo significa che hanno considerato credibile il loro racconto, che si era limitato al quadro d'insieme. La sentenza non va caricata di significati generalizzanti». Il cadavere di Mino Pecorelli, ucciso la sera del 20 marzo 1979 a Roma con quattro colpi di pistola A sinistra il pubblico ministero Alessandro Cannevale

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