STRADA LASTRICATA DI PROVOCAZIONI
STRADA LASTRICATA DI PROVOCAZIONI STRADA LASTRICATA DI PROVOCAZIONI La Biennale Internazionale della Fotografia, allestita nell'ottava edizione a Palazzo Bricherasio dal 17 settembre al 24 ottobre, si fregia di un titolo affascinante, ma un po' criptico, «L'Occidente imperfetto», che il curatore generale Denis Curti ci aiuta a capire nel testo pubblicato qui accanto. Se è vero che, come Curti sostiene, dalla visione complessiva della vasta rassegna affiora un'immagine fragile, per non dire decadente, del nostro presuntuoso Occidente, è altrettanto vero che agli occhi del profano si delinea anche una identità sempre più imperfetta della fotografia. In questi ultimi anni molto è cambiato nel mestiere del fotografo. Le nuove tecnologie elettroniche, le fotocamere digitali, i video, la possibilità di scannerizzare ed elaborare al computer le immagini, hanno fatto passare in secondo piano elementi come la luminosità e la nitidezza degli obiettivi, la precisione di messa a fuoco e esposizione, la qualità di sviluppo e stampa. E' sotto gli occhi di tutti che le foto di moda dei più diffusi periodici sembrano scattate con fotocamere usa e getta. Non a caso il percorso espositivo della Biennale prende sì il via con gli splendidi bianco e nero di Andreas Feininger, Margaret Bourke-White e degli eccellenti fotoreporter che lavorano per la rivista statunitense «Life», ma si conclude con artisti contemporanei, non fotografi, che usano la foto come mezzo e non come fine: Annalisa Cattani, Paola Di Bello, Ottonella Mocellin, Francesca Perillo, Marco Vaglieri, Nicola Pellegrini. Non è più il tempo delle belle immagini di paesaggio, costruite e pensate come composizioni astratte, ancora in voga nei circoli fotoamatoriali. Prevale un uso strumentale e concettuale della fotografia che serve a catturare la propria immagine, magari sfuocata e mossa, il proprio corpo segnato da interventi di chirurgia plastica, non abbellente, ma provocatoriamente abbrutente. E' il caso della body artista francese Orlan. Sono tanti gli artisti che usano la fotografia per documentare performance, come Joseph Beuys, il grande sciamano dell arte concettuale e dell'ambientalismo, al quale è dedicata un'intera sala ma che certo non può essere definito fotografo. Per chi invece ama il reportage duro e puro, ecco riuniti 4 eccellenti «fotografi di strada»: Michael Ackerman, Joseph Rodriguez, Roger Hutchins e l'italiana Helen Giovanello. Il paesaggio è sospeso tra splendore e desolazione, lo si vede nella foto di Meyerowitz, Giovanni Chiaromente e Vincenzo Castella. Guido Curio Sopra «Senza titolo di Martino Coppes e «La risoluzione . di una esistenza arriva e va» di Marco Vaglieri. Qui a fianco fotografie di Vincenzo Castella («Geografia privata») ed Helen Giovanello. A destm una celebn' e drammatica immagine scattata da Hoger Hutchins
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