Storie di Città

Storie di Città Storie di Città t Bruno Gamba rotta EH stata la settimana dei ^due festival, a Mantova per la letteratura e a Venezia per il cinema. Così mi sono perso un pezzo di Settembre Musica a Torino, la Sagra delle Sagre ad Asti, il Premio Ceretto ad Alba e chissà quante altre manifestazioni. Ma si può? Cosa gli costava chiedere il mio parere prima di fissare le date? Le avrei messe una dopo l'altra in modo da non perdermi niente. Invece mi sono dovuto accontentar di stare cinque giorni a Mantova e fare una scappata a Venezia. Passare da Mantova a Venezia in questi giorni era come passare dal giorno alla notte. A Mantova poteva capitarti di essere seduto al ristorante in piazza delle Erbe, scoprire al tavolo vicino al tuo la scrittrice Toni Morrison Premio Nobel della Letteratura e chiacchierare tranquillamente con lei e i suoi accompagnatori. A Venezia, nonostante U fatto che uno avesse provveduto a dotarsi di tutti i pass necessari, ogni pochi metri doveva superare posti di blocco, sbarramenti di guardie del corpo, sottoporsi a esami di cultura cinematografica, mostrare la foto tessera appiccicata al pass per dimostrare che non stava passando con quello di un altro. L'ufficio stampa mi aveva gentilmente provveduto di un tesserino valido due giorni da «quotidianista», cioè da collaboratore di quotidiani che di solito è un magico «apriti Sesamo»; ma ai controlli non credevano che lo fossi perché avevo fatto l'errore di andare al festival con il vestito blu, giacca e cravatta. L'ho capito dopo quando ho visto come andavano in giro i veri inviati al festival: con la giacca sahariana provvista di trentasei tasche, i pantaloni bermuda e le ciabatte ai piedi. Quelli non li fermava nessuno. E poi code dappertutto, anche per andare alla toilette. E che toilette! Io sono della scuola di Edoardo Raspelli per il quale la civiltà di un luogo pubblico si misura dal modo con il quale vengono tenuti i bagni; dico solo che dopo averli visti ho fatto finta di fare due passi sulla battigia e quando ero sicuro che nessuno mi vedesse ho fatto la pipì nel mare. Sarà perché ci sono andato il penultimo giorno del festival ma c'era in giro un'aria da dopo terremoto, facce polverose e sfatte dalla stanchezza dei troppi film visti, divisori di cartone e vele bianche traballanti al vento, un ansioso domandarsi da parte degli instancabili fans su dov'erano finiti i divi che erano qua fino a un momento prima. Spariti. Tutti intenti a fare una toccata e fuga il tempo di una passerella, di un mitragliamento di flash e via verso altri lidi, con il terrore di incontrare i colleghi di un altro film. Al Lido si può anche pranzare, volendo, e disponendo di beni al sole. All'ingresso dei ristoranti trovate un tavolino con un gentile funzionario di banca che in pochi minuti vi concederà il mutuo per pagare il conto. Potete anche dissetarvi al bar, con una di quelle bibite gasate servita alla spina; al bar dell'autostrada chiedi che te la servano nel bicchiere piccolo perché non è mai meno di mezzo litro; al Lido sono premurosi della tua salute, sanno che bere gelato fa male, perciò il bicchiere piccolo, che costa come quello grande dell'autostrada, in realtà è un bicchierino da liquore. Anche a Mantova ci sono stati fenomeni di divismo per gli autori che si concedevano volentieri in pasto al pubblico; se era prevedibile quello verso Paulo Coelho, una star mondiale della New Age, era impressionante vedere la passione con la quale lettori venuti da lontano che non avevano trovato posto al Teatro del Bibiena per ascoltare la poetessa Alda Merini cercavano, senza riuscirci, di sfondare le porte per entrare a ogni costo. E' curioso: mentre si accetta l'idea che per i grandi festival musicali, come quello di Salisburgo, per trovare posto si debba prenotare con anni di anticipo o andare lì sperando che nel frattempo uno che aveva prenotato sia nel frat¬ tempo morto, si trova intollerabile che non si possa accedere al luogo dove imo scrittore parlerà della sua opera. L'entusiasmo del pubblico, composto di lettori, o meglio di lettrici, competenti e informati è commovente, mentre quello per i divi del cinema ha qualcosa di malato. Eppure anche qui, nel luogo dove trionfa la scrittura, dove quest'esercizio solitario trova un'eco nei lettori, l'evento che ha segnato quest'edizione del festival è stato un concerto, la «Nick Cave solo performance». Arrivando a Mantova non sapevo neanche chi fosse, questo Nick Cave non l'avevo mai sentito nominare; poi un amico esperto di musica mi ha detto «beato te che vai a Mantova e puoi ascoltare Cave»; arrivato qui ho saputo che per sentirlo era arrivata gente dalla Svezia, che aveva dovuto raddoppiare le date per la grande richiesta di biglietti. E mi sono lasciato convincere ad andarlo a sentire. E' stata un'esperienza unica, un'emozione continua dalla prima all'ultima canzone. Magrissimo, vestito di nero, canta e suona il pianoforte, accompagnato da tre musicisti, una ragazza al basso elettrico, un batterista capace di interventi delicatissimi e un violinista che saltella come un diavolo e alterna il violino e la fisarmonica. Talvolta Nick Cave si esibisce con il solo pianoforte; artista neoromantico, attratto verso gli abissi del negativo, sembra un incrocio riuscito fra Tom Waits e Paolo Conte, solo che ha sì e no trent'anni, poeta e musicista grandissimo. Forse l'arte che rappresenta meglio il nostro tempo non è la letteratura ma la musica rock. il

Persone citate: Alda Merini, Ceretto, Edoardo Raspelli, Nick Cave, Paolo Conte, Paulo Coelho, Tom Waits, Toni Morrison