Il naufragio

Il naufragio Il naufragio Nel Pacifico 120 tonnellate di rottami COME la nave fantasma alla deriva nell'oceano descritta da Edgar Allan Poe, la stazione spaziale russa Mir vola sopra di noi senza equipaggio, abbandonata a se stessa e destinata a un definitivo naufragio all'inizio del 2000. Il comandante Viktor Afanasyev e il suo secondo, Sergei Vasilyevich Avdeyev, insieme con l'astronauta francese JeanPierre Haignere, portata a termine l'ultima missione scientifica, il 28 agosto hanno chiuso il boccaporto alle proprie spalle e sono tornati a casa. Con un po' di malinconia, probabilmente. Perché, nonostante i 1500 guasti subiti alcuni gravi: incendi a bordo, danni al sistema di condizionamento termico, aria inquinata da batteri maleodoranti - la Mir ò una nave spaziale che lungo le quasi 80 mila orbite percorse intorno alla Terra dal 1986 ad oggi ha vinto molte battaglie, stabilendo primati gloriosi: dal numero di esperimenti effettuati - 17.000! - al record di permanenza in assenza di peso (Valéry Polyakov, 438 giorni consecutivi; Vasilyevic Avdeyev, 742 giorni complessivi). E ora? Che succederà nei 5 mesi che mancano al naufragio programmato? Proviamo a rispondere sulla base di documenti dell'agenzia spaziale russa e di informazioni tratte da «Detriti spaziali» (Ed. Cuen, Napoli, 160 pagine, 14 mila lire), un libro piccolo ma ricco di dati, scritto da tre dei maggiori esperti italiani di astrodinamica: Luciano Anselmo, già direttore del Cnuce di Pisa, specializzato nel calcolo delle orbite dei satelliti; Bruno Bertotti, già coordinatore del gruppo di studio sui detriti in orbita dell'Asi; e Paolo Farinello, brillante studioso degli asteroidi e dei loro impatti. La stazione spaziale russa ha una massa di 120 tonnellate. Rientrando nell'atmosfera alla velocità di circa 8 chilometri al secondo, si disintegrerà a causa del violento attrito e dell'alta tempertura conseguente, dando origine a una spettacolare pioggia di stelle cadenti artificiali. Ma alcuni frammenti di 10-15 tonnellate potrebbero raggiungere il suolo, e poiché il 70 per cento delle regioni continentali sorvolate dalla Mir sono molto popolate, occorre evidentemente garantire una discesa in oceano aperto, senza rischi per le persone e per le cose. Essenzialmente, il piano di rientro controllato è questo: fino alla fine dell'anno la Mir continuerà a girare solitaria intorno a 350 chilometri di quota; in gennaio due cosmonauti torneranno sulla stazione per completarne il disarmo e recuperare gli strumenti scientifici ancora utili, operazione che richiederà poco meno di un mese; poi, fino al suo diciannovesimo compleanno, il 20 febbraio 2000, la Mir tornerà a volare senza equipaggio, perdendo lentamente quota a causa della resistenza residua dell'atmosfera, che a quell'altezza è minima ma non nulla. I motori di bordo saranno accesi 9 volte per dare alla Mir il giusto assetto in vista del rientro. L'ultimo impulso, che consumerà 800 chilogrammi di propellente, lo riceverà a 140 chilometri dal suolo, poi la stazione sarà abbandonata all'azione congiunta della gravità e delle forze aerodinamiche, in modo che i suoi frammenti precipiti¬ no nell'oceano Pacifico. Sull'effettivo punto di impatto rimarrà un'incertezza, lungo la direzione dell'orbita, di circa 2000 chilometri, più o meno il doppio della lunghezza dell'Italia. «Tipicamente - scrivono Anselmo, Bertotti e Farinclla - gli stadi superiori dei razzi e i satelliti si disintegrano intorno alla quota di 78 chilometri, e tutti i frammenti si vaporizzano completamente. Ma alcuni componenti particolari, per la configurazione strutturale adottata e il materiale usato, possono sopravvivere anche alle condizioni estreme del rientro e toccare il suolo praticamente intatti». Nel caso della Mir i rottami che sopravviveranno all'attrito sono parecchi. Il primo modulo della stazione spaziale fu lanciato il 20 febbraio 1986 con un razzo «Proton», quando era al potere Gorbaciov. Seguirono altri 5 moduli, ognuno specializzato in un campo di ricerca: Kvant-1 per l'astrofisica, Kvant-2 per la biologia e la ricerca di risorse terrestri, Kristall per studi su nuovi materiali e componenti elettronici, Spektr per ricerche di ecologia e fisica dell'atmosfera, e infine Priroda per osservazioni astrofisiche e dell'ambiente terrestre. Il modulo più grande è quello abitativo, che pesa 21 tonnellate e misura 13 metri per 4. Ma ci sono altri due moduli da 19 tonnellate e tre da 12. Oggetti cosi massicci non si disintegrano del tutto. L'orbita della Mir è inclinata di 52 gradi sull'equatore: quindi sorvola tutta la superficie del pianeta compresa tra 52" di latitudine nord e 52" di latitudine sud, la più popolata: entro la fascia sorgono metropoli come Parigi, Mosca, Bombay, Delhi, Pechino, Seul, Tokio, New York, Città del Messico, San Paolo. Tra gli istituti scientifici che tengono aggiornata l'anagrafe degli oggetti vaganti nello spazio il più importante ò il Comando Spaziale degli Stati Uniti, che controlla ininterrottamente la traiettoria di 8.500 relitti in orbita, con dimensioni che vanno da una decina di metri a 20 centimetri, per una massa totale di circa 3.500 tonnellate. Dal lancio dello Sputnik, nel 1957, sono 17 mila gli oggetti catalogati rientrati nell'atmosfera. In media, più di uno al giorno, per 100 tonnellate all'anno. Meno del 10 per cento di questi rientri è avvenuto in modo controllato. Può fare impressione, ma non dimentichiamo le 50-100 mila tonnellate di meteoriti (da una capocchia di spillo a macigni di molte tonnellate) che il nostro pianeta attira annualmente dallo spazio. Un oggetto artificiale grande come la Mir, comunque, non è ancora mai rientrato nell'atmosfera. I precedenti più notevoli sono quelli dello Skylab americano (74 tonnellate, precipitato l'il luglio 1979, frammenti di 2 metri disseminati per 2000 km tra l'oceano Indiano e l'Australia), e la stazione russa Salyut 7, 40 tonnellate, rientrata sotto controllo il 7 febbraio 1991 sul Pacifico. Nel primo caso alcuni rottami finirono nei dintorni di Perth (Australia), nel secondo una pioggia di detriti raggiunse il Cile ePArgentina. 1 frammenti più grandi pesavano da 4 a 8 chilogrammi, in qualche caso finirono vicino a centri abitati ma senza danni. Piero Bianucci Come una nave fantasma, la stazione spaziale russa gira sulle nostre teste senza equipaggio: tra cinque mesi precipiterà Modulo di attracco KVANT 2 Modulo per studi di biologia e per la ricerca di risorse terrestri; 12.4x4,35 metri ; peso 12 tonnellate Il naufragio dei pannelli solari: 240 metri quadrati, potenza 32 KW Nel Pacifico 120 tonnellate di rottami COME la nave fantasma alla deriva nell'oceano descritta da Edgar Allan Poe, la stazione spaziale russa Mir vola sopra di noi senza equipaggio, abbandonata a se stessa e destinata a un definitivo naufragio all'inizio del 2000. Il comandante Viktor Afanasyev e il suo secondo, Sergei Vasilyevich Avdeyev insieme pioggia di stelle cadenti artificiali. Ma alcuni frammenti di 10-15 tonnellate potrebbero raggiungere il suolo, e poiché il 70 per cento delle regioni continentali sorvolate dalla Mir sono molto popolate, occorre evidentemente garantire una discesa in oceano aperto, senza rischi per le persone e per le cose. Essenzialmente il piano di no nell'oceano Pacifico. Sull'effettivo punto di impatto rimarrà un'incertezza, lungo la direzione dell'orbita, di circa 2000 chilometri, più o meno il doppio della lunghezza dell'Italia. «Tipicamente - scrivono Anselmo, Bertotti e Farinclla - gli stadi superiori dei razzi e i satelliti si disintegrano intorno alla quota di 78 chilometri e per 4. Ma ci sono altri due moduli da 19 tonnellate e tre da 12. Oggetti cosi massicci non si disintegrano del tutto. L'orbita della Mir è inclinata di 52 gradi sull'equatore: quindi sorvola tutta la superficie del pianeta compresa tra 52" di latitudine nord e 52" di latitudine sud, la più popolata: entro la fascia sorgono metropoli come ParigiIn gennaio due cosmonauti torneranno a bordo per metterla in disarmo Nove manovre la guideranno sull'oceano: a 78 km di quota si disintegrerà, ma non del tutto Come una nave fantasma, la stazione spaziale russa gira sulle nostre teste senza equipaggio: tra cinque mesi precipiterà In gennaio due cosmonauti torneranno a bordo per metterla in disarmo Nove manovre la guideranno sull'oceano: a 78 km di quota si disintegrerà, ma non del tutto