Guggenheim di Marco Vallora

Guggenheim Guggenheim Le magie del disegno LA MOSTRA DELLA-SETTIMANA Marco Vallora «OCCHI SENZA TEMPO» METTE IN VETRINA 180 OPERE DI GRANDI MAESTRI: SONO I TESORI RACCOLTI DA JAN E MARIE-ANNE KRUGIER PONIATOWSKI C'E un momento, quando uno entra come spaesato in una mostra, catapultato da un vaporino ripieno di turisti o dopo aver fenduto una folla disordinata di aspiranti visitatori, c'è un momento in cui, accecati dal muovere chiazzato di folla, ci si rivolge per un baleno ad un'opera soltanto, come chiedendo all'occhio un conforto, un approdo rassicurante, un'illusione di silenzio. Cosi: quando si entra in questa memorabile mostra alla Guggenheim, dopo un attimo di disorientamento, c'è già pronto, quasi proteso caritatevolmente, quell'avvolgente viluppo di segni e di chine, che è il misterioso abbraccio virile di Guercino (chissà se davvero il congedo dal padre di un tenero lanzichenecco con archibugio, la barba, il turbante Saracino, le armi pun- LA MODESETTIMarco «OCCHI SENZA TEMPO» METTDI GRANDI MAESTRI: SONO I DA JAN E MARIE-ANNE KRUGtute, diluite nell'affabile mormorio dell'inchiostro annacquato, che scivola ed ondeggia, come sulla battima del contorno). Uno pensa: ecco, basterebbe un disegno come questo e che cosa altro chiedere dalla vita? Ci si inette di fronte, ipnotizzati, e non si esce più. Oppure: basterebbe un gioiello come questo a far grande una collezione. Ma poi uno si guarda intorno, e come assalito da una legione di meravigliosi coleotteri (che hanno espugnato le pareti coi loro gomitoli di segni aggrovigliati e trionfanti! mette a fuoco che ogni disegno ha una sua miracolosa peculiarità, che «preferire», scegliere è una pretesa titanica. E come non essere rapiti da quel serafico Busto di Maria del Parmigianino, così sottile nella sua poco tagliente dolcezza contrita, o il STRA LA-ANA allora minaccioso viluppo di panneggi manieristi del Primaticcio, e Lelio Orsi, con le sue cavernosità anatomiche, o il torso di Rubens quasi scuoiato dal bisturi della sanguigna, e i tre formidabili Rembrandt, che con i loro seghettati scurori nervosi e gli anfratti di buio impestato, risultano esser i suggestionanti antecedenti del Guercino? Ma non si può che continuare, assediati dall'ammirazione: la solitudine torva degli Impiccati di Callot disegnatore, e le carni tenere di Bouchet, e poi la serie sceltissima dei Klee, insieme alle paure inchiostrate di Hugo e una conversation piece di Ingres da perdere la testa (come se poi fosse l'unico Ingres. Dei pittori prediletti, c'è ogni volta come una piccola famiglia di sorprese, una nidiata di perle, quasi non accontentandosi mai E IN VETRINA 180 OPERE TESORI RACCOLTI ER PONIATOWSKI del tesoro raggiunto). Ecco, si rischia davvero di fare l'elenco innamorato e meccanico di questa collezione pressoché unica, che l'intelligente politica della Api, ha permesso di vedere pure in Italia, dopo Berlino. In cui senti che ogni pezzo è davvero ragionato, calcolato affettivamente, delibato dagli occhi della coppia Krugier-l'oniatowski, occhi che non smettono mai di accompagnarsi fantasmagoricamente a loro, che non li lasciano: sono opere dense di condivisione, di dedizione. E si capisce l'imbarazzo del curatore Philip Rylands, di aver dovuto prelevare dalle oltre 400 meraviglie di casa Krugier, la metà scarsa dei disegni (tralasciando le sculture e i dipinti, che saranno mostrati a Madrid). Anche perchè, pur trattandosi di un museo quasi completo dei nomi maggiori che hanno intessuto la storia dell'arte, l'impressione prima è non sia qui in gioco la smania del nome importante, pur che sia. Ogni pezzo (la Pietà di Cosine Tura, il petrarchesco Trionfo miniato di Martino da Modena, il Benozzo Gozzoli che rimanda ai medaglioni di Orvieto, l'uccello rapace di Marcantonio, il viluppo accecato di Pontonaio, il paesaggio incredibile di Géricault e quello pastellato di Degas che pare una donna nuda, e ancora il mendicante di Seurat, tra i tanti) ognuno è scelto per il suo fascino intrinseco. E ci sono anche eccezioni da studio: disegni preparatori di tele importanti come il Beccafumi o ripensamenti d'autore, quali la Zattera della Medusa in acquerello. Il superbo disegno di Cristo flagellato che bonghi dava al Tura e che ora oscilla tra lo Zoppo e il Parentino e il curioso Torso di Tintoretto che pare già Savinio. E se di Pazzi di Goya si tratta, non incisioni abbiamo sotto gli occhi, ma sensazionali bozzetti preparatori. Già, gli occhi. Se la mostra ha titolo The Timeless Eye, Occhi senza Tempo, mai si sono visti insieme tanti occhi di grafite, espressivi e pieni di storia. Capaci di stare provocatoriamente in battaglia: come quelli cavi di Picasso accanto alle orbite rapace del Chierico di Van der Goes, gli occhi timidi e acquosi di Degas a fianco di quelli perentori di Menzel o al bulbo vagante, calvo del Saturno di Radon. E uno rivede ogni volta le pupille chiare e inflessibili del gallerista Krugier, che per guarirsi dalla ferita «insormontabile» dell'orrore dei lager, decise di lasciare la pittura per raccogliere quei frammenti ili bellezza, che i disegni comunicano in modo cosi immediato e straziante. «Terapia etica più che estetica» lui ammette. «Fanciulla con cesto di mele», 1735 circa, di Giovanni Battista Piazzetta

Luoghi citati: Berlino, Italia, Madrid, Modena, Orvieto