Cordelli, un demone meschino nell'Italia cinica e trasformista di Lorenzo Mondo

Cordelli, un demone meschino nell'Italia cinica e trasformista Cordelli, un demone meschino nell'Italia cinica e trasformista RECENSIONE Lorenzo Mondo «UN INCHINO A TERRA»: STORIA DI UN AGENTE DI CAMBIO, IL CUSTODE DI TESORI A BENEFICIO DI UNA CLASSE POLITICA CHE STA PER ESSERE TRAVOLTA DAGLI SCANDALI ■ L protagonista di «Un inchiI no a terra», di Franco CorI delli, è prima di ogni altra cosa un uomo terribilmente loico, capace di dissezionare ogni moto del proprio animo, ogni tratto del comportamento, ma incapace di costruire con quei lacerti un profilo accertato e stabile. Nella sua indagine, che sa essere nello stesso tempo tagliente e tortuosa, convivono verità e menzogna, il gusto acre dell'autoflag eli aziono e il sofistico dirottamento assolutorio. Questo Clemente si trova a una difficile svolta esistenziale che lo induce, forse per la prima volta, a un bilancio della propria vita. E' un agente di cambio, un sensale di denaro, il custode di tesori a beneficio di una classe politica che sta per essere travolta dagli scandali: lui stesso attende di ora in ora la convocazione del magistrato e perfino il carcere. In quella snervante attesa si concede un incontro alla Casina Valadier con Claudia, la sua ultima amante, che è stata appena scaricata dal Capo, il leader socialista per cui Clemente «lavora». La sera, si reca alla festa dei suoi cinquant'anni organizzata nella ricca casa di un'amica: donne navigate, uomini che vivono alla corte dei potenti di turno, brame, maldicenze, sfinitezze in un'ombra di montante inquietudine. Quando ne esce, vagabonda con la macchina per le strade di Roma fino ad aspettare il mattino davanti a un mostruoso complesso edilizio della periferia. Sono poche ore, e fatti minimi, in cui rimugina su se stesso e prova a confessarsi:, l'anniversario (che sottolinea la differenza d'età della sua ragazza) e le inchieste giudiziarie gli danno la sensazione che «un'enti- RECENLoreMo«UN INCHINO A TERRA»: STORIL CUSTODE DI TESORI A BENECHE STA PER ESSERE TRAVOLTtà impersonale, o niente affatto impersonale» stia per interrogarlo. Sappiamo cosi che da giovane, per avversione al padre, è stato comunista (ha assistito tra l'altro alla morte di un amico in uno scontro con la polizia) ma si è accostato poi al socialismo pragmatico e rampante che gli ha fatto scoprire la sua vera vocazione. Il socialismo come inganno, come maschera delle nuove élites finanziarie, lo autorizza a credere che «gli affari siano lo sviluppo e la politica il freno». Perfino il cappello IONE zo do da eroina polacca o russa che posa sul capo della ricca Claudia suggerisce una caricatura dei suoi lontani ideali egualitari. Remota è anche la breve infatuazione per la solitudine ascetica dei monasteri medioevali, per un assoluto che cerca la sua forma nel cielo. Adesso, alla fascinazione per il denaro si accompagna un vorace e inappagato atletismo sessuale. Le sue donne - avverse lucidamente sembrano uscire fuori una dall'altra, a scatole cinesi, A DI UN AGENTE DI CAMBIO, CIO DI UNA CLASSE POLITICA DAGLI SCANDALI come i nomi e i titoli delle sue società finanziarie. La sessualità diventa metafora della finanza e viceversa, intese come entità illusionistiche e truffaldine... Si chiede, Clemente, se ciò che accade a lui e ai suoi non sia inscritto nei geni della nazione. A lampi, a brandelli vengono fuori capitoli della storia italiana, dove il trasformismo e il cinismo sono speculari alla fatuità e all'infantilismo, che segnano anche le pagine più cupe e ultimative del fascismo. Diverso è l'epilogo che ora si annuncia, il potere crolla sotto il peso della menzogna, non della violenza. Non è più tempo di eroi, sia pure negativi. Impossibile scoprire tra questi demoni meschini le figure dostoevskjane di uno Stavrogin o di un Kirillov. Il disincanto non suscita tuttavia passione, foss'anche un barlume di energia morale. Lo sguardo resta asettico, la voce atona. Resta, sempre spendibile, l'alibi del determinismo: «Non siamo che natura, o natura travestita». Soltanto l'immagine di un. cprteo di protesta, il corpo di una donna travolto da un'auto, l'alba davanti al quartiere-lager salutata dai tre canti del gallo insinuano una nota dissonante. Il massimo di resipiscenza sembra affiorare nel ricordo della ginestra e del glicine che illluminano le lave del Vesuvio. Ma luce e buio, bene e male sono assoluti che non si possono attingere: perché la vita consiste «in un'oscillazione, come se dovesse dimorare solo in ciò che non c'è». Cordelli ha scritto su questa assenza e inappartenenza un romanzo difficile, non tanto per la giustapposizione di piani temporali diversi, ma per il suo stesso linguaggio, contratto e introflesso. Memore di un mai dismesso sperimentalismo, ha affrontato la caparbia scommessa di affidare il giudizio e la condanna di un fallimento politico e morale proprio a chi ne appare fino alla fine colluso, irredento. Il romanzo del socialismo come inganno, come maschera delle nuove élites finanziarie La parabola di Clemente, il testimone di un potere che crolla sotto il peso non ideila violenza, ma della menzogna Fa da sfondo al romanzo di Cordelli una Roma «mostruosa»: nelle periferie come nei suoi protagonisti, una corte di potenti e portaborse, tra brame, maldicenze, sfinitezze Franco Cordelli Un inchino a terra Einaudi, pp. 232, L. 30.000 ROMANZO

Persone citate: Cordelli, Einaudi, Franco Cordelli, Franco Cori, Valadier

Luoghi citati: Casina, Italia, Roma