Bertinotti: «Tortora, fu sopraffazione» di Maria Corbi

Bertinotti: «Tortora, fu sopraffazione» Il leader comunista all'anteprima di «Un uomo perbene» di Zaccaro con Michele Placido «Sarà l'ET del 2000» Bertinotti: «Tortora, fu sopraffazione» «Un film che comunica impotenza» Maria Corbi ROMA Fausto Bertinotti guarda attento, lo sguardo teso, le immagini di Enzo Tortora, ammanettato, imprigionato, processato. Un'agonia giudiziaria che rivive nel film di Maurizio Zaccaro «Un uomo perbene» premiato a Venezia dai giornalisti di cinema. La pellicola uscirà il primo ottobre ma martedì sera c'è stata una visione ristretta per il leader di Rifondazione e la moglie di Enzo Tortora, Miranda Fantacci, madre di Gaia e Silvia (che ha firmato il soggetto). Quando si riaccendono le luci, dopo due ore di immersione in una delle pagine più nere della nostra Giustizia, gli spettatori emergono turbati. La signora Tortora piange. «Non credevo facesse così male». Bertinotti la consola: «mi dispiace», ripete. Impotente, senza trovare altre parole. Uno dei primi pensieri del leader comunista va ad Adriano Sofri che, dice, «usufruisce almeno di un vantaggio, di un'opinione pubblica avvertita su una magistratura che può agire con l'idea di presunzione di colpevolezza». Una presunzione di colpevolezza che ogni fotogramma di questo film - costruito sui verbali degli interrogatori e del processo, sui filmati, sulle memorie difensive - trasferisce senza alcuna concessione alla buona fede. E l'assoluzione rende libero l'uomo ma non rende gustizia. In questo finale, non liberatorio, c'è tutta la rabbia di una figlia (è stata Silvia a scrivere il soggetto) che non ha ancora pacato la sua voglia di giustizia. Forse di vendetta. Una sorta di «punizione» per i giudici che accompagnarono il calvario di Tortora è nei titoli finali, quando scorrono nomi e cognomi e attuali occupazioni. Tutti i magistrati del caso Tortora adesso siedono in posti importanti. «Non posso pensare che uno di loro sia arrivato addirittura alla Dia», si sfoga la moglie di Bertinotti, Leila. «Nessuno di loro ha mai pagato. E per questo non mi do paco», insiste Miranda Tortora. «Tutti noi abbiamo sofferto. Le mie figlie, allora di 20 e di 12 anni, sono cambiate, travolte da questa esperienza. Mentre loro, i magistrati non solo non hanno mai pagato, ma non hanno neanche mai chiesto scusa. Non posso accettare di piegare la testa di fronte ad una casta». Parole amare, di rabbia a cui Bertinotti da sostegno . «Questo film, dice, ci trasmette una sensazione di impotenza, ci mostra come la giustizia possa diventare sopraffazione» Uscire dalla piccola sala del palazzo Columbia-Buena Vista allenta un po' la tensione. Vicino a Bertinotti e a Miranda Tortora ci sono anche il regista del film Maurizio Zaccaro, il produttore Giovanni Di Clemente e Leo Gullotta che interpreta, bravissimo, la parte del pentito Giovanni Pandico, spietato killer della nuova camorra organizzata, da cui prende inizio la matassa di accuse contro il presentatore. Si parla ancora del film al ristorante sardo scelto per finire la serata. Bertinotti torna a parlare di Giustizia. E di come questa non riesca a decifrare l'animo di una persona per bene. La scena di cui parla il leader comunista, quella che maggiormente lo ha colpito, è il confronto Tortora - Melluso (detto Gianni il bello, camorrista pentito, grande accusatore del presentatore). «E' tragico vedere - spiega Bertinotti - come sia ingiusto mettere sullo stesso piano un uomo per bene e un mascalzone come Melluso. Tortora esce inevitabilmente perdente dal confronto perchè per vincere avrebbe dovuto scendere al livello del suo accusatore. E per educazione, non ne fu capace». Poi, piano piano, la conversazione cambia rotta. Bertinotti parla di cinema con Giovanni di Clemente (ed è strano vedere questi due uomini così diversi). Di politica con gli altri ospiti. E non è avaro di parole contro D'Alema. «Dovete spiegarmi», dice, «cosa c'è di diverso fra il suo programma e quello di Berlusconi». Ma la vera «dura» di casa è la moglie Gabriella che lo incita in questa «crociata». «Guardate cosa stanno facendo sulla scuola. Neanche Berlusconi è riuscito a tanto». La moglie del presentatore esce in lacrime dopo due ore di proiezione: «Non credevo che facesse così male» Michele Placido interpreta Enzo Tortora nel film di Zaccaro, presentato in anteprima all'ultima Mostra di Venezia

Luoghi citati: Columbia, Roma, Venezia