Russia degli orrori la bellezza ti salverà di Silvia Ronchey

Russia degli orrori la bellezza ti salverà Incontro a Bose col filosofo Sergej Averincev. finita l'Urss, il nuovo pericolo è il conformismo Russia degli orrori la bellezza ti salverà Silvia Ronchey MONASTERO DI BOSE « IO' che è slato scritto con la penna non si può abbattere con l'ascia», dice un proverbio russo. Secondo il paradosso di Bulgakov «i libri non bruciano», anche se nel periodo sovietico andavano distrutti. «Ma adesso ci danno accesso alla cenere. / Cercate, ci dicono, la felicità nella cenere», dice Sergej Sergeevic Averincev, citando i versi della poetessa Natalia Gorbanevskaja. Filosofo, critico letterario, teorico - già nella Russia tardocomunista dei primi anni 80 - di quella peculiare estetica "bizantina" il cui manifesto è I/anima e lo specchio, l'appartato, leggendario Averincev è il massimo esponente della intelligencija muta'' della Russia di ieri, che oggi ha potuto far sentire la sua voce, ma ha scelto di farlo in un sussurro, con la pacatezza della buona coscienza. Lo intervistiamo al monastero di Bose (dove è venuto per un convegno sulla storia tragica della religiosità russa nella seconda metà del '9001, in una cella affacciata sulla conca verde e nebbiosa. «A salvarci è stato il carattere caotico della vita russa, se lo paragoniamo al tragico ordine del totalitarismo tedesco», spiega. «Più dei berlinesi noi eravamo stretti da un muro, ma nel nostro muro c'era sempre una crepa». Le crepe nel muro del regime, che hanno consentito a Averincev e ai suoi simili la fuga nell'estetica bizantina e nella filosofia mistica della tradizione antico-russa, erano le botteghe polverose dei librai antiquari, spesso a loro volta intellettuali costretti a quel mestiere da veti politici. «Dal gran disordine è saltato fuori a aiutarci uno strumento inatteso: il vecchio libro. Il libro», sussurra Averincev, «chiamava l'eccentrico nel suo spazio interiore. Era, nella scorza del regime, il seme racchiuso in un baccello «Èalla che doble nostspiritra et duro. Nell'inerzia della vita quotidiana qualcuno lo raccoglieva, e di seme in seme, di libro in libro, ha cominciato a formarsi un rampicante, come una scala interiore che ci portasse alla libertà». Le conversazioni sui vecchi libri delle botteghe antiquarie - testimonia potevano riguardare Velickovskij o Valéry, Hegel o Platone, oppure i due volumi della Pittura bizantina di Lazarev. «Sconosciuti parlavano con sconosciuti, e la politica non c'entrava affatto, eppure, per usare le parole di Mandel'stam, erano discorsi che non si potevano fare a una distanza superiore ai due passi». Grande ammiratore della poetessa neo-rilkiana Olga Sedakova, quando parla di nuovi scrittori Averincev non si riferisce ai gruppi di giovani romanzieri e poeti periodicamente presentati in Occidente come la nuova letteratura russa, effimere creature mediatiche, di cui parla con una durezza rivolta soprattutto alla critica occi- dentale: «Il culto del giovane scrittore a tutti i costi non è certo un fenomeno che si possa attribuire alla nuova Russia, ma un'esigenza globale di quello che voi chiamate il "villaggio"... La caduta del comunismo ha portato anche da noi la globalizzazione culturale ". Colpa del mercato? Averincev scuote la testa. «La parola mercato, che alcuni oggi in Russia demonizzano, è la stessa del greco agorà. C'è una connessione necessaria tra mercato e democrazia. E la democrazia, dopotutto, come diceva Churchill, è il meno peggiore tra i regimi conosciuti. E il meno ideologico, il meno emotivo, il meno passionale. Ma non bisogna accettare che il mercato diven¬ odossa uperare tetiche, erché enza» ga a sua volta ideologia: la falsa sacralizzazione della democrazia, così come l'idealizzazione del mercato e la mercificazione delle idee, sono i pericoli che i nostri intellettuali possono correre, come quelli di tutto il mondo in quest'epoca di crisi profonda del criterio stesso di giudizio letterario. Una crisi assiologica: la gerarchia dei valori è in evoluzione, ma è un relativismo necessario e io non sono, come alcuni pensano, un fondamentalista estetico. Ogni realtà, necessariamente mista, adultera, va accettata in quanto tale. È l'ideologia, invece, il vero fattore che ci inquina». E la nuova moda spiritualista, che trabocca nell'opportunismo, nel trasformismo, nella corsa al compromesso tipica delle società che hanno attraversato l'egemonia culturale comunista? «L'enorme capacità e velocità di cambiamento della psicologia collettiva», risponde Averincev, «costituisce la più grande e temibile lezione del '900 russo. La Russia del XX secolo è passata da una mentalità profondamente religiosa a un radicato modello di comportamento comunista, che ha poi congedato all'inglese, senza nemmeno un saluto. E però io prendo alla lettera il divieto evangelico di giudicare. Se gli ex membri del Komsomol si mettono fazzoletti in testa per andare in chiesa, non li prendo in giro, sarebbe inutile, di cattivo gusto e insensibile. Il compromesso è interiore e avviene ili continuo. Non è né un vero cristiano né un vero intelligentnij chi non sente anche su di sé la colpa del comunismo». Quanto alle correnti spiritualiste eterodosse che fervono in Russia, spesso confinanti con il New Age, Averincev fa un paragone bizantino: «È come all'epoca della dissoluzione dell'impero romano: le diverse correnti che esistono oggi sono tante quante le sette gnostiche di allora. Chiunque, per strada, si presenta come krishnaita o mormone; negli ambienti piti colti impera la moda junghiana. Io non sono certo un inquisitore, credo nella tolleranza e ritengo che il pluralismo sia necessario nel mondo in cui siamo entrati; ma, come diceva San Paolo, "dobbiamo discernere gli spiriti". Non c'è possibilità di discernimento in questa colata magmatica che ha nome New Age. Un buon cristiano deve saper distinguere fra il dato reale della nuova immersione dell'anima russa nel gran mare della mistica e le idee gnostiche e sincretistiche della paccottiglia pseudospirituale. Lo gnosticismo è incompatibile con la dottrina ecclesiastica ortodossa. Ed è a questa tradizione alta e profonda che dobbiamo richiamarci per recuperare le nostre radici etiche e al tempo slesso estetiche, spirituali e al tempo stesso artistiche: perché tra etica e estetica non c'è differenza». La bellezza, che come ha scritto Dostoevskij salverà il mondo, potrà salvare la Russia da mafiosi e gangster, dalle brutture del neocapitalismo? «La Trinità di Rublev (il grande pittore russo del XV secolo, nari esiste, dunque Dio esiste», è il paradossale sillogismo di Averincev. «Alla bruttura e alla perversità eravamo abituati. La vita era orrenda anche prima. Chi ha visto l'Andrej Rublev di Tarkovskij sa che il tema di quel film, come di tutta la cultura russa vera in età sovietica, è la creazione della bellezza in un'epoca di orrore - orrore esterno e interno, etico e estetico. Ma ci vogliono occhi per vedere il bello. La bellezza non si dà, non si proclama e non si rivendica. Si rivela, spesso in maniera segreta, intima. I migliori, probabilmente, sono ancora oggi nascosti». Qual è dunque il messaggio di Averincev agli intelligenti" occidentali? «Ha scritto San Paolo nell'Epistola ai Co rimi: "Nolite conformari". non conformatevi. È il conformismo che rovina le anime. Ogni bellezza in ogni tempo, a Bisanzio come nella Russia zarista, in età sovietica come nel caos neocapitalista, si realizza contro la corrente, à rebours. Ma occorre fare attenzione al conformismo dell'anticonformismo, alla retorica della ribellione, che ha contagiato l'intelligeneija russa protorivoluzionaria. Non c'è affatto bisogno di essere ribelli o rivoluzionari, ci si può non conformare quietamente, tra le crepe del muro che ci circonda, sotto la superficie. Morale, estetica, fede autentiche non sono necessariamente ribelli, ma sempre saranno non-conformiste». È l'unico credo indiscusso della "intelligencija muta". «Èalla tradizione ecclesiastica ortodossa che dobbiamo richiamarci per recuperare le nostre radici etiche e insieme estetiche, spirituali e insieme artistiche-, perché tra etica e estetica non c'è differenza» La Trinità di Andrei Rublev. il grande artista russo del XV secolo a cui Tarkovski| ha dedicato negli anni scorsi un film «Questo dipinto esiste», dice Sergei Averincev. «dunque Dio esiste-