Là seni andavano al RAPHAEL di Enzo Bettiza

Là seni andavano al RAPHAEL Esce il 28 settembre «Mostri sacri», il nuovo libro di Enzo Bettiza. Pubblichiamo alcuni brani sul «covo» di Craxi Là seni andavano al RAPHAEL Esce il 28 settembre il nuovo libro di Enzo Bettiza «I mostri sacri» (Mondadori). Ha per sottotitolo "Un testimone scomodo negli anni del consenso» e racconta i personaggi d'una stagione drammatica della nostra storia: gli anni dal 76 al 79. Pubblichiamo alcuni brani dal V capitolo, dedicato a Craxi e all'Hotel Raphael Enzo Bettiza IO ho conosciuto umanamente Bettino Craxi quando pochi lo conoscevano politicamente. Era la me I tà degli Anni Sessanta. Ogni volta che andavo a Roma soggiornavo nel covo dell'Hotel Raphael, destinato a entrare nella storia come uno dei centri occulti e propulsivi della politica italiana dal 1976 fino al 1992. Dico espressamente «covo» a causa della presenza di Craxi e dei suoi primi seguaci, ancora rari, fra le mura di quel piccolo raffinato albergo romano. Il Raphael infatti, fin dall'atto della fondazione, doveva portarsi dietro unti certa ombra e famea carbonare. Lo avevano fondato e ideato, divenendone fortunati proprietari, due ex comunisti in rotta col partito, Eugenio Reale e il suo uomo di fiducia Spartaco Vannoni. Ho sovente sospettato che il terzo socio nell'impresa potesse essere stato Craxi, ma non no ho mai avuto la prova sicura. Reale, che insieme con Luigi Longo rappresentò i comunisti italiani nelle segretissime giornate del 1947 da cui nacque il Kominfonn, sapeva tutto della politica sommersa del Pei; Vannoni, dal lato suo, sapeva quasi tutto dei traffici invisibili del Pei. Il sodalizio fra i due compagni, divenuti poi amici e soci d'affari, legati prima dalla medesima fede, quindi vincolati ancor più dalla medesima eresia, s'era iniziato nel lontano dopoguerra quando Reale ricopriva a Varsavia un duplice molo di Stato e di partito: quello ufficiale, di ambasciatore italiano presso il governo polacco, e quello sot terranno di ambasciatore del Pei presso il partito comunista polacco. Cosi Reale come Vannoni, che già allora gli fungeva da supersegretario, avevano sposato due polacche e, sempre attraverso canali polacchi, avevano tessuto una capillare rete di commerci fra l'Italia e i Paesi dell'Est con lo scopo di foraggiare le casse di Botteghe Oscure. Perfino dopo la rottura col partito, rottura netta e consapevo- le, consumata nella scia rivelatrice dell'aggressione russa all'Ungheria, perciò priva di quei complessi di rimorso e di dubbio che solitamente s'infliggono gli spretati, i due «ex» riuscirono a conservare buoni rapporti d'affari con diversi operatori commerciali dell'Europa centrorientale. Parte dei proventi cosi guadagnati li avrebbero poi investiti nella creazione del Raphael, la cui origine, come ho accennato, doveva promanare fors'anche per questo un che di misterioso e di eccentrico.!...) La hall e i piani dell'albergo, inseriti e come scavati all'interno di una palazzina secentesca in via dell'Anima (vicolo ombroso e discreto alle spalle di piazza Navona), suggerivano l'idea e l'atmosfera di una minuscola pinacoteca privata. Tutto era minuto e minuziosamente curato in ogni partico- lare: le stoffe color muschio alle pareti, i tappeti orientali sui pavimenti, gli arazzi francesi e i quadri rinascimentali nel bar, le antiche statue romane decapitate o smembrate sui pianerottoli fra una stanza e l'altra. Oua e là un improvviso bozzetto di De Chirico, una ceramica di Picasso, rompevano con uno sprazzo di modernità l'aria un po' rarefatta e museale dell'insieme. Insomma una sofistica dimora elitaria, piuttosto costosa, che non aveva assolutamente nulla di turistico. La clientela si suddivideva grossomodo in quattro categorie. La prima, ricca e appartata dalle altre, era formata dagli eredi delle aristocrazie industriali del Nord, i Bassetti, i Crespi, i Pirelli, i Falde, i Feltrinelli, alcuni dei quali si portavano dietro l'aria peritosa del radicalchic milanese che non legava molto con lo spirito politicamente disincantato dei proprietari fondatori. Apparteneva alla seconda categoria Iti crema dei giornalisti rampanti, allora quarantenni, tutti provenienti dai grandi quotidiani settentrionali, i Cavallari, gli Ottone, i Pausa eccetera. La terza era rappresentata da una variegata fauna teatrale e cinematografica: Gina Lollobrigida che negli ambienti dell'albergo aveva girato alcuni film; la sempre ridente Sandra Milo che, con la sua voeina sottile e strìdula, da bambola meccanica, diffondeva ovunque si posasse una luminosità bionda egiunonica; un irrefrenabile Walter Chiari che al bar, nei momenti più inattesi, poteva esplodere d'improvviso in una sorta di delirio linguistico imitando con gridi e smorfie i dialetti di tutte le regioni italiane. Infine l'occulta, nevrotica Maria Sehneider, la nudista dell'Ultimo tango, detestata dalle cameriere perché si lavava poco e se ne stava tutto il giorno ti letto con una sua amica. La quarta categoria era prettamente politica. Irrequieti parlamentari socialisti, invasati aborti- sti e divorzisti radicali, cupi e amari intellettuali ex comunisti. Ovviamente nessun democristiano, dato il posto assai poco consono a caratteri e pudori cattolici. Il clima promiscuo in cui, iti ristorante nel seminterrato o d'estate sulla terrazza panoramica, trascorrevano le loro cangianti serate i veri padroni del Raphael, i socialisti craxiani, oscillava fra i dolori della politica e i piaceri della tavola e della carne. Craxi, ancora giovane e gaudente, ancora assetato della vita che l'ossessione politica già in parte gli sottraeva, era lui a dare il tono ;i quelle serale che, secondo il suo umore variabile e autoritario, potevano esseri.' di volta in volta rumorose o attutiti! in soffi di voce quasi sepolcrali. Spesso sembravi! ch'egli volesse stemperare e placare ne! divertimento, almeno per qualche ora, le paranoie e le ambizioni che lo incalzavano giorno e notte. Rivedo i suoi amici e compagni di corrente, riuniti al bar, che lo aspettano con unti corta ansia inespressa mentre lui nel suo appartamento all'ultimo piano, non ancora blindato, si prepara per la cena facendosi la doccia. Vannoni, che ne conosceva le goffaggini maldestre, rimaneva un po' in disparte con un mezzo sorriso, fra comprensivo e imbarazzato, ondeggiante sulle labbra argute. Egli sapeva bene che, quelle di Craxi, non erano docce ordinarie ma autentici conio a corpo tra la sua mole e l'acqua scrosciante e straripante da tutte le parti. Nella colluttazione con gli scrosci, che schizzavano di qua e di la allagando il bagno e l'appartamento, l'amico Bottino si trasformava in una sorta di orco imbizzarrito, di pachiderma mitologico, con la bocca spalancala e gorgogliante dalla quale uscivano sputi, zampilli, imprecazioni, squarci di canzoni della nulla milanese. Oliando poi scendeva al bar, dove gli accoliti lo avevano aspettato sempre più ansiosi e quasi preoccupati, appariva ai loro occhi più ammaccato che ripulito dall'acqua: dai pori dilatati del suo collo carnoso, ancora tutto bagnato, stillavano gocci' indomite e sottilissimi rivoli di schiuma. Li guardava, un poco seccato dall'esseme guardato, poi cautamente si girava un attimo iill'indietro, conio per vedere se nei dintorni non vagasse l'ombra di qualche orecchio indiscreto. Quindi rigirava di colpo la testa e sbottava impaziente: «Allora, che si fa questa seni? Si cena qui da Spartaco o si va alla Maj'ella? Sveli i. decidiamo».!...) Bettino Craxi aveva tre curioso debolezze umane. Dolio primo due ho già detto: la tendenza antropologica a circondarsi di meticci regionali, dal sangue mezzo sudista e mezzo nordista, combinata con l'altra tendenza, più psicologica, a lasciarsi attrarre da persi maggi di sottobosco con credenziali morali e sociali dubbie. La terza tendenza, squisitamente ideologica, era più elevata e più positiva. Essa concerneva la spiccati! simpat ia di Craxi e il suo interesse per gli ex comunisti indigeni e stranieri. Lo al tiravano e affascinavano in maniera singolare l'esperienza, la mentalità, la cultura politica, la complicata identità esistenziale di tutti gli «ex» provenienti dallo trincee del coriaceo antagonista di sinistra. Riteneva, non a torto, ili avere molto da apprendere dagli «ex» temerari che avevano attraversato scalzi i campi minati dell'eresia, sfidando lo vendono e le minacce talora fisiche dei compagni d'una volta. Sentiva i Silone, i Tasca, perfino i Bordiga, molto più vicini ili quanto non soni isso i Lombardi, i Morandi, i Basso. Non a casosi era intimamente associato alla polemica anticomunista del transfuga Eugenio Reale. Non per caso a Jiri Pelikan, ex comunista dubeekiano, demiurgo della televisione boema nei giorni di scontro tra Praga e Mosca, aveva voluto offrire un seggio simbolico al Parlamento europeo nel gruppo targato Psi. Non a caso, infine, aveva stretto un forte rapporto di fiducia politica e d'amicizia personale con Giuliano Ferrara, figliolo irregolare e non prodigo dei ci uniinisiissimi Maurizio e Marcelli!. Era su tale sfondo, segnato dallo reti gettate da Craxi nello pescose foci deH'exeita comunista, che si collocava il suo importante sodalizio con Spartaco Vannoni. Si è già intravisti! ili scorcio la complessiti! delle relazioni di Craxi con quelli che, poco più tardi, avrebbero costituiti) il nerbo rifondatolo ilei partilo socialista. Ma accanto, 0 meglio dietro costoro, era pur sempre Vannoni, , l'uomo che con Renio «veniva dal frodilo», il consigliere e il mèntore i cui egli prestava maggiore ascolto. Grazie ai suggerimenti di quel | sottile fiorentino, in cui l'acume i politico appariva inversamente : proporzionale al defilato e modesto ruolo alberghiera, il futuro leader, dosi inato all'odio dei conut- j nisii, andava schierando sulla ; scacchiera i [lezzi coi quali avrebbe intinpreso la sua dura e asceti- i dente partita nella mota degli Anni Seti aut.i. Era sotto la guidi! dell'allenatore Vannoni che Craxi I andava scaldando i muscoli nei preliminari di un duello che. poi I affrontato con audacia corsara, lo j avrebbe catapultato ai vertici del- i hi stanza dei bottoni. Allora, poro, quasi nulli! o poco lasciava presagire che l'orco in jeans e maglietta, | che con le sue docce violente e sonoro allagava e frastornava l'iti- ! timo piano del Raphael, avrebbe un giorno espulso falce e martello dal simbolo socialisti! e sarebbe diventato uno degli uomini più potenti, più ammirati e più detestati d'Italia. Soltanto Vannoni apparivi) sicuro dei futuri successi ; del suo scorbutico allievo. Ogni tanto Spartaco, scrutandomi pacato e convinto di sottecchi, mi tirava in disparte e sussurrava: «Tionlo d'occhio, Bettino. No vedremo delle belle. Sarà lui a pren- | doro in pugno, prima o poi, le redini del Paese. Sani lui che spezzerà la schiena ai comunisti e j linieri! le unghie ai democristiani, j La sua impresa non avrà eguali, così come non avrà fondo t'odio che tale impresa susciterà nei comunisti e noi cattolici». I...I «Il clima promiscuo, in cui trascorrevano le loro cangianti serate i socialisti craxiani oscillava fra i dolori della politica e i piaceri della tavola e della carne» L'ingresso del Raphael: lo avevano fondato e ideato, divenendone fortunati proprietari, due ex comunisti in rotta con il partito, Eugenio Reale e Spartaco Vannoni Sandra Milo: "Sempre ridente, con la sua vocina sottile e stridula, da bambola meccanica, diffondeva ovunque si posasse una luminosità bionda e giunonica» Gina Lollobrigida: faceva parte della "variegata fauna teatrale e cinematografica» del Raphael, perche "negli ambienti dell'albergo aveva girato alcuni film» Maria Schneider: La nudista dell"'Ultimo tango" era detestata dalle cameriere perche si lavava poco e se ne stava tutto il giorno a letto con un'amica» Bettino Craxi: le sue "non erano docce ordinarie ma autentici corpo a corpo tra la sua mole e l'acqua scrosciante e straripante da tutte le parti».

Luoghi citati: Europa, Italia, Mosca, Praga, Roma, Ungheria, Varsavia