«Sì all'ingerenza umanitaria» di Maurizio Molinari

«Sì all'ingerenza umanitaria» Il ministro degli Esteri a New York propone una modifica del principio di non interferenza Maurizio Molinari invialqNEW YORK L'Italia ritiene giunto il momento por l'Onu ili sancire formalmente il diritto di ingerenza umanitaria della comunità internazionale in quei Paesi dove vige la legge del più forte e vengono violali i basilari diritti umani. E' questa la proposta che il ministro degli Esteri, Lamberto Dini, ha avanzalo ieri intervenendo durante i lavori del terzo giorno della sessione plenaria dell'Assemblea Generale che si sta svolgendo al Palazzo di Vetro. «La comunità internazionale agisce militarmente davanti a tragedie che qualche anno fa ci avrebbero lascialo indifferenti, non tollera i genocidi, ma la sfida più grande e il rapporto tra autorità e legge» ha dello Dini, richiamandosi «ai contenuti del meeting, di Rimini di Comunione e Liberazione». «Dopo gli interventi decisi in Kosovo e a Timor Est - ha sottolineato - siamo davanti ad una deviazione del rispetto della sovranità e del principio di non ingerenza che hanno retto la comunità degli Sititi per oltre tre secoli». Foco prima, incontrando i giornalisti nella sede della missione italiana, era andato oltre precisando i termini della proposta: «La questione fondamentale nel nuovo secolo stira queliti di riconsiderare il principio di non interferenza, previsto dalla attuale Carta dell'Orni» legando l'ingerenza umanitaria «non a pretese egemoniche ma alla difesa di diritti universali che devono essere istituzionalizzati». Come? «Con codici di condotta per gli Stilli» mentre «il ricorso alla forza deve rimanere solo il rimedio estremo». l'arnie che pesano, in rispositi all'invito ad «agire» lanciato lunedì dal Segretario Generale dell'Orni, Kofi Annan. Friniti di pensare aliti revisione della Cariti Onu, animinone lo stesso Dini, prima bisogna raggiungere un accordo sulla definizione dei «diritti universali» perché «la difesa delle liberti) dove coinvolgere ogni cultura e tradi¬ zione». Non sarà facile: un'ipotesi è identificare il nocciolo duro dei diritti inviolabili con quelli tutelati dallo statuto Tribunale Fonalo Internazionale, il cui procosso di ratifica però va molto ti rilento. Intervenendo davanti alla platea di delegati e sotto lo sguardo attento di Kofi Annan, Dini si è soffermalo sul toma arroventato dello sanzioni a Iraq e Serbia, lanciando una frecciata polemica contro una politica che «rischia di rafforzare i poteri dei despoti» a danno della «componente più vulnerabile della società civile». «L'accento devo essere più sugli incentivi che sullo sanzioni» ha sottolinealo. Nei molti incontri bilaterali avuti Dini ha ribadito le due candidature italiane sul piatto: a membro del consiglio esecutivo doll'Unosco questo novembre e, anzitutto, a membro non permanente del Consiglio di Sicurezza per il biennio 2001-2002. «Se avremo il seggio non permanente diventerà un seggio europeo che metteremo a disposizione dell'Unione Europea» ha garantito Dini, sembrando sicuro di poter superare le perplessità in inerito di Londra e Parigi. Per quanto riguarda la riforma del Consiglio di Sicurezza Dini ha respinto come «insufficiente» l'idea britannica di un semplice aumento del numero dei membri permanenti, riaffermando la necessità di rivederne «la composizione in termini di rappresentatività e democraticità». Una linea che, assicura Lamberto Dini, «non Gambiera» anche quando l'attuale ambasciatore all'Orni ed artefice della battaglia sulla riforma, Paolo Pulci, lascerà a fine anno il posto al designato successore Sergio Vento. Il ministro degli Esteri ha incontrato ieri sera il segretario di Stato, Madeleino Albright, e vedrà oggi il collega russo, Igor Ivanov, alla prese con il «Kussiagate». Per Dini si tratta di una «questione grave ma non mi pare che delle banche italiane siano state coinvolte in operazioni sospette». «L'Italia chiede un seggio non permanente nel Consiglio di Sicurezza tra il 2001 e il 2002 Sarà a disposizione dell'Europa» Il paracadutisti delia Folgore si preparano a partire per Timor Est A destra, il ministro Dini. In basso la bara del giornalista olandese ucciso «Sì all'ingerenza umanitaria» Dini all'Orni: rivediamo le regole