Ritorno a Mosca con Gorbaciov di Giulietto Chiesa

Ritorno a Mosca con Gorbaciov DIALOGO CON L'EX PRESIDENTE E LA FIGLIA IRINA Ritorno a Mosca con Gorbaciov Sull'aereo che ha riportato Raissa in patria reportage Giulietto Chiesa inviato a MOSCA IK ULTIMA volta che atterrò * a Vnukovo-2 fu il 21 agoI sto 1991. Arrivava da Foros, Crimea. Sulla scaletta dell'aereo, insieme con lui e Raissa Maksimovna, c'erano uomini con i kalashnikov in mano. Era l'inizio di una fine. Sembrava una vittoria, ma era la vittoria di un altro. Ed era la sua sconfitta definitiva. Ieri Mikhail Gorbaciov è tornato da Muenster con la sua Raja in una bara. Appena saliti sull'aereo, Oleg, il capo delle guardie del corpo, porta l'ultimo numero delle «Izvestija». Una grande foto di Raissa con Gorbaciov in secondo piano, un grande titolo: «L'ultimo autunno». Nel salotto dell'aereo siamo solo in quattro: Gorbaciov e Irina, mia moglie Fiammetta e io. Mikhail Sergheevic riesce a leggere solo poche righe, poi «non posso andare avanti» - respinge da sé il giornale e si copre il viso con il tovagliolo. Anche Irina non riesce ad andare avanti nella lettura. Anche noi. L'aereo è già alto sul cielo tedesco, guardiamo fuori dal finestrino. Quanti si rendono conto, oggi, in Russia, di quanto e di cosa è andato perduto con l'allontanamento di questa coppia? Quanti sono disposti a farsi un'autocritica vera? Guardo quel tovagliolo inamidato dell'aereo presidenziale, e so che Mikhail Sergheevic si sta ponendo queste domande. Poi si riprende, gli occhi ancora rossi: «Se questo articolo non è un'eccezione, vorrà dire che Raja, morendo, ha fatto l'ultimo regalo alla Russia». Poi si ricompone. Beviamo un goccio di cognac alla sua memoria. Solleva il bicchiere per il primo dei tanti brindisi che, secondo la tradizione russa, dovrà ascoltare e pronunciare in ricordo della sua compagna: «E pensare che lei, ogni volta, mi diceva: riguardati, non agitarti troppo. Adesso sono io che l'accompagno al cimitero. Che potesse succedere questo, in verità, non avevo mai pensato» Il momento critico è superato. Gorbaciov e Irina sanno che li aspettano tre giorni difficili, in cui non potranno neppure pensare al loro dolore. Si discute se portare, oggi, la minore delle nipoti, Nastia, alla tradizionale «panikhida», la commemorazione della defunta. Irina preferirebbe evitarle questo momento, Mikhail Sergheevic pensa invece che dovrà essere Nastia a decidere. «Potrebbe non perdonarcelo. Ci sono cose dell'infanzia che non si dimenticano più». E' come se gli si aprisse davanti un grande libro della sua, della loro giovinezza, della generazione dei loro padri e madri. Da dove vennero, chi fu arrestato e chi andò nel lager, il primo incontro - al vetriolo - tra Raja e la madre di Mikhail, perché Raissa non sapeva fare la donna di casa. E quello - riuscito tra il padre di Mikhail e la nuora. Gli tornano alla mente i versi e le canzoni dell'infanzia, in quella lingua ucraina che metà Privolnoe parlava e l'altra metà capiva. Li recita e li traduce per noi, che non capiamo, ce ne spiega la bellezza, ce li canta. Irina lo guarda rassicurata. Gorbaciov ricordando dimentica. E lei sa che il suo compito sarà quello di riempire, per quanto può, un vuoto. Mikhail sembra aver colto proprio questo pensiero: «Raja non c'è più ma io sono sempre circondato da donne: Ira, Nastia, Oksana». Proprio pochi giorni prima della malattia di Raissa, Gorbaciov aveva preso una decisione importante: nominare Irina vicepresidente della Fondazione Gorbaciov. «Adesso si deve ripartire. Irina ha dimostrato di essere un'ottima organizzatrice nella fase di costruzione del nuovo edificio. Ora le toccherà di farmi da spalla». Lei scuote la testa, ma si vede che è già entrata nella parte. E, poiché è della stessa pasta di sua madre, sarà duro ostacolarla. Gorbaciov è di nuovo pieno di energia e di progetti. «Ho scritto le mie memorie. Era un dovere. Dovevo presentare il conto a me stesso e agli altri. L'ho fatto però come una specie di relazione al Comitato Centrale. Adesso mi rendo conto di quante cose non ho detto, delle mie radici, di com'erano mio padre e mia madre, di quella volta che Irina fece ubriacare le galline con il pane imbevuto di vodka e noi tutti pensammo che fossero morte. Tutte cose che, a ben vedere, sono quelle fondamentali, che spiegano tutto il resto. Non vi pare?» Ci pare. La sera prima c'era stato l'incontro con i medici tedeschi che hanno curato Raissa. Gorbaciov ci aveva raccontato il loro dramma con una gratitudine infinita. Negli ultimi giorni soprattutto, il professor Buechner e il professor Bertels hanno lottato come titani contro una belva aggressiva e selvaggia, cercando di parare un attacco dopo l'altro. Quando Raissa è spirata Bertels è scoppiato a piangere anche lui, ha abbracciato Gorbaciov: «Siamo stati sconfitti - mi ha detto - ma io li ho visti soffrire come soffrivamo noi, io e Irina. Non lo dimenticherò mai». Aveva telefonato il premier, Vladimir Putin. «Possiamo fare qualcosa per lei Mikhail Sergheevic?». «Si, gli ho risposto. Seppellitela nel posto in cui sarò seppellito anch'io». Putin replica, con inevitabile cortesia: «Suvvia Mikhail Sergheevic! Non è ancora il suo tempo». «Io sono realista. Ma non si preoccupi, non mi preparo a partire». Così è stata presa la decisione che Raissa Maksimovna sia seppellita domani nel cimitero di Novodevici, lo stesso dove giacciono le spoglie di Nikita Sergheevic Krusciov. E non solo perchè quello sarà il posto di Mikhail Gorbaciov, quando lo deciderà il destino. I russi sembrano aver capito, in ritardo, che quel posto spetta anche, autonomamente, alla «sua» Raja. Ad attenderlo all'aeroporto di Mosca c'erano tanti giornalisti, tante telecamere, tantissimi fotografi russi e stranieri, come tanti l'avevano ripreso all'aeroporto di Muenster, alla partenza. Nessun mass media in questi giorni avrebbe potuto ignorare il suo dramma. C'erano, vicino ai cancelli, i lavoratori dell'aeroporto dei Vip russi, che assistevano silenziosi all'incontro tra Gorbaciov e i suoi collaboratori, alle lacrime delle due nipoti che abbracciavano mamma Irina e nonno Mikhail. Ma a Vnukovo-2, sotto la scaletta del Tupolev-134 della flotta presidenziale, con la grande scritta «Rossija», non c'era neanche una personalità ufficiale, del governo, dell'Amministrazione presidenziale, dei partiti d'opposizione. Prova definitiva - più che del vuoto che continua a esistere attorno a Gorbaciov - del grande, incolmabile vuoto penumatico che separa la gente dal potere. E del fatto che avere a che fare con l'uomo della perestrojka costitui¬ sce ancora un pericolo. Come minimo una imprudenza. Lui, comunque, non aspettava nessuno. E pensava ad altro. Gli hanno dato l'aereo presidenziale che non gli avevano concesso per portare Raissa a Muenster, gli hanno mandato telegrammi accorati, perfino Boris Eltsin e Naina. Qualcuno, come Evghenij Primakov, gli ha perfino telefonato l'altro ieri sera. Anche Grigorij Javlinskij l'ha chiamato per fargli le condoglianze, e m'è parso che fossero le uniche gradite, perché ritenute sincere. Ma se la politica sarà tanto untuosa da convincere molti politici - stamani - a recare omaggio alla salma di Raissa Maksimovna, essenzialmente per evitare una ennesima figuraccia internazionale, i segni di un ripensamento profondo anticipato dall'elogio funebre delle «Izvestija» sono più che visibili. Gorbaciov abbraccia la figlia Irina e la nipote Anastasia appena sbarcato all'aeroporto di Vnukovo II dall'aereo che ha riportato a Mosca la salma di Raissa (nella foto sotto, mentre viene scaricata dal jet messo a disposizione da Eltsin)

Luoghi citati: Crimea, Mosca, Russia