Belgrado, prima giornata della no-stop anti-Milosevic

Belgrado, prima giornata della no-stop anti-Milosevic OGNI SERA L'OPPOSIZIONE IN PIAZZA CONTRO IL PRESIDENTE Belgrado, prima giornata della no-stop anti-Milosevic reportage Giovanni Corniti inviali. ,i 11 GRADO ANis sono in 30 mila, n Kragujovac 15 mila, a Novi Siid 20 mila...». Sergej Trifunovic, giovane atto re vest ito di nero, dal palco uni dice quanti sono qui a Belgrado, in Piazza della Repubblica, sotto hi pioggia, ad ascoltaro due ore di comizi, a gridare «basta!», a sfottere Milosevic e i suoi l'amigli, a giurare che «da questa sera ci ritroveremo in piazza tutte le sere». Zoran Djindjic, il presidente del Partito Democratico, ne aspettava almeno tuo mila. Saranno 20 mila. Deluso? «Assolutamente no risponde alle otto di seni, mentre s'avvia nel corteo improvvisato -. Siamo all'ultimo esimie, è il Bene contro il Male, è la Serbia contro Milosevic. Tra dieci giorni in questa piazza dovremo essere due milioni, tanti quanti gli abitanti di Belgrado, Solo cosi ci salveremo. E chi non verrà si inerita di continuare questa vita di miserie». Sul palco uno striscione e una parola sola: «Vintene!», e non c'è bisogno di aggiungere chi. Sotto gli ombrelli, ad ascoltare impettiti l'inno serbo, i capi dei t toppi partiti dell'opposizione. Davanti ni palco sventolano almeno 1» bandiere di altrettanti movimenti diversi. Un pezzo dell'opposizione, quella del funambolico Vuk Draskovic, nemmeno c'è: si è limitata ad un gelido «buona fortuna, altrimenti sarà un colossale fallimento». Altrimenti, con questa opposizione divisa, rissosa, inconcludente, Milosevic potrà continuare a dominare Serbia e serbi. L'attore Trifunovic fa ascoltine un montaggio con la voce di Milosevic: «Io sono tranquillo, posso dire di essere ottimi¬ sta». Appunto, ma la piazza non coglie l'involontario doppio senso. Ancora quella voce: «Siamo uno dei Paesi più forti d'Europa!». 20 mila risiile. Parlano in nove: l'ex generale Obradovic, l'avvocato Batic, il sindaco llic di Cacak, Zoran Djindjic, due studenti dell'università, Goran Svilanovic dell'Alleanza dei Cittadini che urla: ..Loro ci stimilo contando per vedere quanti siamo, ma qui non c'è più paura!». Ouasi nello stesso momento la Tanjiig, l'agenzia di stampa ufficiale, definisce questa piazza «un covo di lacchè incaricati di lucidare gli stivali sporchi dell'aggressore Nato». Svilanovic sta continuando: «Durante i 78 giorni di bombardamenti ero sotto le armi. Duemila soldati non sono tornati, cinquemila sono tornali senza gambe 0 senza braccia. Da Milosevic non abbiamo sentito una parola di scusa, come per i ventimila serbi morti in Bosnia e-in Croazia. Basta, basta, ba¬ sta. Vogliamo vivere. Vogliamo lavoro, non contrabbando*. Oliando il microfono tocca a Dragoslav Avramovic, l'ex governili ore della Banca Centrale, il «nonnino» che questa apposizione vorrebbe Presidente, i ventimila di Piazza della repubblica, si fanno lui ti zitt i. Tra un mese avrà 80 anni, da due ore è li in piedi sotto un ombrello verde. Breve lezione di economia e prima dichiarazione pubblica: il professore accetta l'investitura dell'«Alleanza per il Cambiamento». A bassa voce, quasi a recitare un giuramento, dice «Accetto la vostra proposta nonostante mia moglie, i miei liinit i e la mia età». La Piazza esulta, ma il Professore già la domina: «Se riusciremo a creare un fronte unito loro non ce la faranno, solo così potremo evitare una svalutazione che sta già avanzando e la nuova catastrofe che ne seguirebbe!». Fronte unito dell'opposizio- no, belle parole. E' da giugno, Draskovic compreso, che se lo ripetono, promettono, firmano accordi e tregue che durano un paio d'ore, s'insultano e il risultato li che Milosevic incassa e tira avanti. «Ormai tutti sappiamo tutto, non c'è niente di nuovo, non c'è più nulla dii dire -spiega Djindjic- E' unii guerra di nervi tra noi e Milosevic, e vincerti il più l'orto. Loro sono pochi, ma sono la malattia, il virus da debollare». A giugno, sicuro delle sue terapie, Djindjic aveva scommesso sulla cacciata di Milosevic entro agosto. Ad agosto l'aveva spostala a settembre. Adesso tocca all'autunno. «Da questa sera, ogni sera, in piazza processeremo il regime. Cominciamo con il ministro della sanità, poi arriveremo a Milosevic e tra dieci giorni ci sarà la semenza». «Andiamo, andiamo tutti a Dedinje!», gridano dalla piazza, andiamo sulla collina dove abi- tano Milosevic e i suoi. Il professor Avramovic crede proprio che la catastrofe sia alle porte. Con un foglietto bianco in mano agita cifre e previsioni. «La gente è sfinita o vuole solo scappare, i serbi hanno esaurito risparmi e scorte». La piazza, a questo punto, non esulta piii, non ride, non sventola bandiere. Il regime solo ieri ha cominciato a pagare parte dei salari di luglio e le pensioni sono convertite in buoni per il pagamento dell'elettricità e l'acquisto di legna o carbone per il riscaldamento delle case. «Forse Milosevic non se ne accorge - dice il professore -. Forse non lo sa, ma la catastrofe è qui. Se vuole spiegazioni sono pronto. Ma è meglio che se ne vada». Che si arrenda al governo provvisorio del professor Dragoslav Avramovic. «E da domani sera.ogni sera, tutti qui in piazza - saluta sotto l'ombrello -, qui e in tutta la Serbia!» Un militante democratico, durante la dimostrazione di ieri a Belgrado, indossa una maschera con il volto di Milosevic e il segno del divieto A sinistra, rifugiati timoresi accolgono in festa i militari australiani del contingente di pace a Timor Est