A Dili tra pacieri, carnefici e vittime di Giuseppe Zaccaria

A Dili tra pacieri, carnefici e vittime NELLA CAPITALE DEL FUTURO STATO D! TIMOR EST A Dili tra pacieri, carnefici e vittime Le truppe internazionali sbarcano in una città irreale reportage Giuseppe Zaccaria invilito il Oli I B ENVENUTI all'inferno, direbbe a questo punto il protagonista di un film di guerra. Ma che film è quello in cui ci si trova sprofondati a ppe un presa ferra all'aeroporto di Dili? Fra il fragore assordante di eliche, tempeste di sabbia sollevate dagli aerei in decollo e alienacelo continuo, gruppi di incursori < he corrono fuori in formazione d'attacco, spari, cortei d'elicotteri che girano in tondo, siamo in un «full metal jacket» condito da qualche eie menili di «Apocalypse Now». i lualchc alt ro elemento però stona, nella sceneggiatura, Anzitutto l'aeropòrto è letteralmente coperto di escrementi. Sommerso, invaso dalle feci che chissà (piante cent inaia (li persone hanno sparso dappertutto, su ogni centimetro quadrato delle sale devastale, (piasi per spiegare alle Nazioni llnile dove stanno mettendo i piedi Benvenuti nella discarica, al loia, poiché l'Est di Timor e la cilta ili Dili oggi sono uieni'al i ni che questo, Una sterminala discarica intorno a cui gli nomi ni si muovono come ratti, vivono come rati i, rnordonoc fuggo no lo si nascondono) con la stessa selvaggia imprevedibili là. Un momento la, per esempio, stavamo parlando con il maggiore chip Hcndriss-Anttorsson, ausi rubano del Qucensland, maggiore della «Ready Deployment Brigade», e d'un Hallo una pioggia ili vetri in 11 .mi i ha coperto il rombo degli aerei e tutto il resto. Due guerriglieri timorosi scappavano, Cali urati poco prima, disarmati, condotti all'aeroporto di colpo s'erano lanciati conilo una vetrata, l'avevano infranta coi corpi e adesso correvano a perdifiato. «Ferini», urlavano i soldati australiani, «tèrmi o spariamo», cinque 0 sci uomini s'erano giti inginocchiati pei prendere la mira e Lire secchi quei due briganti, Uno o due hanno comincialo a sparare, poi il maggiore ha gridalo: «Fermi, non colpiteli alle spalle», ed i banditi sono scoi ìparsi in un fu lo palmeto. Forse, a bloccare gli australiani era il fatto che proprio li fossero alcuni giornalisti ed un fotografo, forse era davvero l'idea che non si spara contro nemici disarmati, anche se st.ni no scappando, Comunque sia, credo che si dovrà rinunciare ben presto a tanto «fair play», se non si vuole finire nella discarica assiee a tutti gli altri. Priniii di lasciare l'aero porto ho notato una squadra dei famosi gurkha nepalesi cir condai e quel palmeto. Dili, dunque. Una città arsa, annientai ;i, butterata, depredata, finita ma nuche un luogo tagliato in ilue, una sortii di palcoscenico su cui i protagoni sti continuano a muoversi come se quelle desolazioni fossero solo disegnine sulle quinte delio sfondo. ( mesi a capitale doveva essere brutta anche prima che tre settimane di libero massacro la sfigurassero. Ouasi tutto insiste su un lungomare fiancheg giato da edifici nel melanconico si ile coloniale portoghese. Adesso i palazzi - con runica eccezione del governatorato - sono vuoti, incendiati o crollati. Dall'altra parte della Avenida Marechal Camona sono accampati i vandali. Tra la strada ed il mitre c'è solo unii lunga cancellata che delimita il piccolo porto, ed una strisci.! di sabbia larga pochi metri ma lunga almeno due chilometri. Tutto questo spazio adesso è invaso da tendoni blu che offrono riparo n famiglie per nulla tremebonde, ne sofferenti nell'aspetto. Sono le famiglie degli «Aitiiriik», i miliziani, i massa era tori. Tiittii questa gente è accampata li, sulla spiaggia, in attesa che altre navi militari indonesiane la portino via. Tecnica mente anche questi sono, o saranno dei rifugiati, ma la quantità di arredi che deborda dalle tende (armadi in tutti gli stili, cataste di sedie, quadi degni di un bazaar) offre un convincente campionario della razzia. Questa e hi parte più povera del bottino. L'altra roba, quella più preziosa, ha già varcato il confine Ovest su camion protei ti (hi miliziani armati. «Pino a due giorni fa, quella banca era rimasta miracolosamente intatta» spiega l'uomo che ci fa da guida indicando il palazzo della «Dtitit Bank». Poi hanno razziato anche quella. Ecco perche oggi Dili non è luogo che accolga trionfante i liberatori né città che propini guerriglia contro l'occupante. La chiave della strana atmosfera che si respira qui è tutta nella doppia presenza di aggressori ed aggrediti. Anzi, nella preponderanza di chi dopo aver bruciato, rapinato e ucciso, adesso si mette tranquillo e se può accede agli aiuti internazionali. «Molti hanno solo cambiato tenuta» spiega Paola Bill tagliola, da Brescia, una suora salesiana rimasta qui tutto il tempo per governare un orfanotrofio. E' bastato riporre la fascia roSso-bianca che si avvolgeva intorno alla fronte, ed ecco migliaia di «Aitarak» trasformarsi in vittime della guerra civile. 11 maggiore degli incursori Herris-Anderssen, poco prima, nonostante l'osse portavoce del contingente Onu non era riusci- to a parlare di un'accoglienza benevola. «La collaborazione con l'esercito indonesiano è ottima - dicova - la gente? Beh, ci sembra passiva. Qualche bambino ci ha sorriso, qualcuno ci ha salutati, ma niente di più». In effetti le organizzazioni umanitarie affermano che il grosso della popolazione è ancora nascosto nelle giungle. Qualcuno - ma sono pochissimi comincia a tornare verso la città, ma ci vorrà del tempo. «Avremo bisogno di settimane, forse di mesi per prendere il controllo dell'intera provincia»; dichiara il generale Peter Cosgrove, capo della missione di pace. Siamo appena ai primi passi di un lavoro che si annuncia lungo, difficile e sporco, nel senso iche ai ragazzi dell'Onu renderà indispensabile sporcarsi le mani. Oggi i soldati della missione di pace a Timor Est sono fra i 1500 e i 2000. Gli elicotteri volano in circolo anche di notte, ma in questa fase un attacco dei guerriglieri poI rebbi; creare problemi seri. Con i soldati, Commissariato Onu per i rifugiati e Croce Rossa abbozzano i primi interventi. Adesso, per esempio, scriviamo dagli uffici dell'ospedale civile, dove c'è energia elettrica o perfino un po' d acqua: qui stanno arrivando i primi tecnici della Croce Rossa ma non c'è neanche un medico. Tutti uccisi o scappati via. La gente che si reincontra qui davanti, s'abbraccia chiedendo in portoghese non «stai bene» ma «allora sei vivo?». Peter Cosgrove il generale australiano che comanda la forza di pace internazionale a Timor Est

Persone citate: Marechal, Paola Bill, Peter Cosgrove

Luoghi citati: Brescia, Dili, Timor Est