IL SENATO SORDO E CIECO di Pierluigi Battista

IL SENATO SORDO E CIECO Pierluigi Battista AMEN. Mai mettere in piazza delicate questioni di diritti d'autore. Per aver violato questa regola fondamentale attraverso un'imprudente intervista a Stefano Lorenzetto al Giornale, sullo stesso quotidiano la suora delle ricette, Suor Germana, ha dovuto cristianamente subire le seguenti amichevoli considerazioni da parte del suo ex editore Pietro Marietti delle Edizioni Piemme: «sedicente suora»; «carriera tutt'altro che mistica di questo tipo tutto italiano di suora»; protagonista di un'operazione «diretta a conseguire una sempre maggiore quantità di denaro»; «non pretenda di sottrarre al suo ex editore il patrimonio»; «comportamento che disattendo i più elementari principi della moralità degli affari»; «quale che fosse stato il nome assegnatole nella sua travagliata carriera di suora, certo sarebbe rimasto un nome del tutto sconosciuto se Martina Consolarci non lo avesse ceduto a questo sciocco del suo ex editore». Urge altra guancia. E cosi sia. LITIGOPOLL «Ragazzi, mettetevi d'accordo», suggerisce saggiamente Indro Montanelli nella sua «Stanza» del Corriere della Sera. Infatti si è aperta nella rubrica delle lettere di quel quotidiano un'accesa disputa su chi sia il fortunato inventore della parola «Tangentopoli». Secondo Luca Fazzo di Repubblica «il copyright sarebbe tutto di Repub blica. A coniare il termine fu, negli anni Ottanta, Fabrizio Ravelli, giornalista del quotidiano di Scalfari; il merito di averlo riscoperto e riutilizzato in occasione dell'operazione Mani Pulite facendone un successo internazionale ò invece del giornalista Piero Colaprico, sempre di Re pubblica». Per Tino Oldani di Panorama, invece, la storia è tutta diversa: «Con il titolo "Tangentopoli ò finita", il settimanale Panorama pubblicò il 15 dicembre 1991 un articolo di Bianca Stancanelli su una vicenda di corruzione a Ostia». Precisa Oldani: «il neologismo che credo di aver coniato li per lì per ragioni diretto allora da Andrea Monti che lo sparò nel titolo». Repubbli ca o Panorama? Ragazzi, mettetevi d'accordo, come dice Montanelli. Nel fratempo urge autoritby (super partes, per carità). SGARBOI.L Scrive Lea Vergine sul Manifesto: «Nelle pagine della cultura su La Repubblica, il critico letterario Cesare Garboli tira le orecchie al critico d'arte Fabrizio D'Amico poiché non s'è precipitato a recensire la mostra di un suo amico (di Garboli); e la recensione osannante gliela fa Garboli medesimo». Domanda Lea Vergine: «Come si spiega che Garboli scriva "tramite il giornale" al critico d'arte di questo per fargli una lezione di estetica e di etica professionale?». Ri-domanda Lea Vergine: «Non è impudente, meglio indecente che un critico letterario, con un'autorevolezza nel campo delie arti visive tutta da dimostrare, provi a far passare per imbecille e fazioso un critico che, come tutti, ha diritto alle sue scelte?». Ri-ridomanda Lea Vergine: «In un paese dove nessuno vuol dispiacere e nessuno, tanto meno a una potenza editoriale come Garboli, resta - o no? - un episodio allarmante?». Urge triplice risposta. PAROLINE. Peccato per quella gaffe. Sul Corriere della Sera, infatti, Omar Calabrese se la prende con i «buffi integralisti del politically correct». Scrive che «attenersi rigidamente alla regola censoria del politically correct produce ridicolo involontario. Walter Veltroni chiude con un comizio a Bologna e, volendo dimostrarsi giustamente attento alla questione, pronuncia la seguente frase: "Noi, le donne e gli uomini della sinistra", che risulta un po' buffo, oltre che sgrammaticato». La gaffe arriva subito dopo, quando Calabrese scrive che «mentre è facile sostituire nero a "negro", può essere più complesso sostituire il termine "ebreo", che non è per niente un insulto in sé, ma lo diventa solo in determinate situazioni». «Ebreo» diventa un insulto soltanto tra gli antisemiti. Le persone perbene che non usano cacciarsi «in determinate situazioni» possono continuare a usarlo, quel termine. Che diavolo c'entra il politically correct? Perché bisognerebbe «sostituire» la parola «ebreo»? Urge imbarazzata rettifica. Il semiologo Omar Calabrese se la prende con i «buffi integralisti del politicale/ correct». In alto Suor Germana: secondo il suo ex editore Pietro Marietti sarebbe protagonista di un'operazione «diretta a conseguire una sempre maggiore quantità di denaro» di sintesi colpì il caporedattore Bruno Manfellotto, il quale decise all'istante che il servizio giornalistico andava fatto. Il neologismo Tangentopoli piacque anche al desk milanese di Panorama, IL SENATO SORDO E CIECO Mario Tortello TORNANO le scuole speciali, A quasi trent'anni dalle primeesperienze di integrazione degli alunni in situazione ili bandii ap nelle classi comuni, la commissione Istruzione del Senato ha repentinamente approvato un provvedimento che iambia decisamente rotta, aprendo nuovamente la strada alla concentrazione degli allievi ciechi e sordi in alcuni istituti scolastici. Il disegno di legge, ora all'esame della Camera, stanzia quasi 60 miliardi in tre anni, destinati «prioritariamente» a non vedenti e audiolesi e alla realizzazione di scuole «potenziate», con personale specializzatoe attrezzature didattiche ad hoc. Sono I 17 mila, oggi, gli studenti handicappati che frequentano le scuole normali; oltre 17 mila gli iscritti alle superiori. Al di là delle difficoltà eli applicazione delle norme che garantiscono il diritto all'istruzione nelle classi comuni, e al eli là elei «tagli» imposti dalle Finanziarie, l'esperienza italiana è molto positiva e osservata con grande interesse da tutti i Paesi europei e- da altri Stati. Il progetto licenziato ila Palazzo Madama invertè la direzione di marcia, violando diritti fondamentali: quello all'integrazione in tutte le classi ordinarie; quello che riguarda la libertà di scelta della scuola da parte elei genitori; quello che concerne il bisogno ili crescere in un normale ambiente affettivo familiare e sociale. Il testo del disegno di legge è breve, ma la formulazione delle norme alquanto contorta. Si punta a ridare fiato e risorse alle «scuole e agli istituti atipici», in vista d'una graduale realizzazione dell'autonomia scolastica. Contro il dettato e lo spirito della legge. Non sono le «scuole e istituti atipici» a riorganizzarsi per sostenere la piena integrazione degli alunni sordi e cicchi nelle classi comuni, ma questi ultimi che devono adeguarsi alla riforma, iscrivendosi e frequentando strutture «speciali» anziché" la scuola di residenza. Nuove norme approvate da una commissione «sorda e cieca». Nelle settimane scorse, trenta autorevoli associazioni di tutela dei più deboli hanno scritto ai senatori della commissione Istruzione di Palazzo Madama, al ministro Luigi Berlinguer e alla sottosegretaria delegata all'integrazione Carla Rocchi, per illustrare le ragioni del dissenso e formulare proposte alternative. Perché, esperienza insegna, l'integrazione vera è possibile, se si offrono alle scuolenormali tutte le risorse necessarie. Non solo tali suggerimenti non sono stati presi in considerazione; molti destinatari non si sono nemmeno preoccupati di prendere contatto con i mittenti. È un brutto colpo all'integrazione scolastica di tutti gli alunni handicappati: se non vedenti e audiolesi avranno le «loro classi», perché non risparmiare creando scuole «potenziate» anche per gli allievi con altri deficit? TORNANO LE SCUOLE SPECIALI

Luoghi citati: Bologna