«L'esercito ha bisogno di Amazzoni» di Irene Pivetti

«L'esercito ha bisogno di Amazzoni» Angioni: «Devono solo essere preparate». Irene Pivetti: «Gheddafì affida la sua difesa al sesso debole» «L'esercito ha bisogno di Amazzoni» Fa discutere l'articolo di Ceronetti contro le donne-soldato ROMA «Le donne arruolate negli eserciti, di leva o di mestiere: una turpitudine». Così scriveva ieri Guido Ceronetti sulla prima pagina de «La Stampa». Parole nette, difficili in un momento in cui per la prima volta l'esercito italiano sta aprendosi alle donne. Alla fine, a scavare fra le reazioni, si scopre che, a una presa di distanza pressoché unanime dalla provocazione intellettuale di Ceronetti, si accompagnano posizioni più variegate. «Da un po' di tempo non si riesce a inserire le questioni militari in un contesto che abbia il minimo di serietà», dice il generale Luigi Caligaris. Quando però si scende in profondità, i toni cambiano. «Le donne possono anche rappresentare un miglioramento spiega - ma è l'intero corpo militare che va visto con occhi diversi. Quello che manca all'esercito italiano non sono le donne, ma una filosofia politica dell'impiego militare». Così come è accaduto con Timor Est, dove il generale si guarderebbe bene dall'inviare soldati italiani: «Non è un caso che i tedeschi non facciano parte della missione», sottolinea. Ma si guarderebbe bene soprattutto dall'inviare una donna perché «il livello di violenza potenziale è molto superiore a quello di una guerra normale». Niente donne a Timor Est anche per il generale Luigi Ramponi. «Nella situazione attuale non è il caso. Anche per gli uomini si sceglie che tipo di persone inviare in base alla specializzazione e pensare a far operare ora una donna sarebbe sciocco. Sarebbe, invece, giusto fra un po' di tempo, così come ora io invierei donne in Kosovo. In operazioni di peace-keeping o peace-enforcing, dove si viene a contatto con donne, bambini, la presenza di donne all'interno dell'esercito è preziosa». Al di là del caso di Timor Est, secondo il generale Ramponi resta un'unica specializzazione ancora preclusa alle donne: «Quella di pilota di caccia». In tutte le altre - spiega - «lo sviluppo delle tecnologie ha reso del tutto opportuna la presenza delle donne, anzi, come diceva Platone, rinunciarvi significa rinunciare al 50% dei cervelli dell'umanità». L'unico a difendere senza eccezioni la presenza delle donne nell'esercito, e a essere favorevole anche ad una loro presenza nella missione a Timor Est, è il generale Franco Angioni, commissario del governo per gli interventi in Albania. «Non si possono fare distinzioni, sarebbe come dire che un magistrato donna può giudicare tutto, tranne alcuni reati. Ormai l'esercito va considera- to come la sanità o la magistratura, un servizio essenziale da preparare prima per intervenire. Come gli uomini, le donne vanno dunque preparate per poter poi inserire la persona giusta al momento giusto». «Feroci erinni, bruciatrici di micce, assaltatrici alla baionetta...» prosegue Ceronetti nella sua rubrica e su questo Irene Pivetti, oggi onorevole, in passato la più giovane presidente della Camera della Repubblica italiana, è d'accordo. «La storia ci ha insegnato che le donne sono state grandi eroine, ma anche crudeli mostri. Ceronetti è un artista, ha un'immagine romantica della donna che gli fa onore e, come donna, lo ringrazio. Resta il fatto che la questione delle donne soldato è più che altro una questione di abitudine. Gheddafi, uno degli uomini più a rischio del pianeta, è difeso da donne: evidentemente sono in grado di farlo». Più sfumata la posizione di Ersilia Salvato, di Rifondazio¬ ne, vicepresidente del Senato: «Pur rispettandola, non condivido la scelta delle donne che decidono di fare il militare, ma la questione non è nei termini posti da Ceronetti, è più ampia. Riguarda il servizio civile e quale forma deve assumere perché possa essere uno strumento di vera formazione e solidarietà». Fra le donne, la più severa è Tullia Zevi, ex presidente dell'Unione Comunità ebraiche d'Italia: «Le parole di Ceronetti hanno un senso ancestrale e arcaico. Ormai si agisce soprattutto come operatori di pace e proprio la presenza delle donne può essere un contributo deciso per reinventare il ruolo dell'esercito. Ma anche in guerra basti pensare al ruolo delle donne nell'esercito israeliano fin dalla sua fondazione per non avere dubbi. In molti casi, ad esempio, il loro impiego spiazza il nemico, che potrebbe avere meno paura e reagire con minore efficacia», [f. ama.] ■r i La più severa è Tullia può essere decisiva Ersilia Salvato: bisogna rivedere il servizio civile e trasformarlo in uno strumento perla solidarietà

Luoghi citati: Albania, Italia, Kosovo, Roma, Timor Est