Timor, i caschi blu sbarcano all'alba di Giuseppe Zaccaria

Timor, i caschi blu sbarcano all'alba Timor, i caschi blu sbarcano all'alba Nella giungla 58 mila guerriglieri in agguato reportage Giuseppe Zaccaria inviato a GIAKARTA LO sbarco ò por oggi. Alle sni e mezza del mattino un «C-130» partito da Darwin atterrerà all'aeroporto «Camoro», una striscia d'asfalto che corre; parallela al mare, per scaricare 250 «Gurkha» nepalesi e un reparto di incursori australiani. La più controversa e rischiosa missione di pace dell'Orni parte con l'intervento di reparti antiguerriglia che sgombreranno il campo a tutti gli altri soldati (solo oggi se ne prevedono 2500) cui da questo momento e affidata la sicurezza di Timor Est. Vedranno i primi profughi accampati a pochi passi, sulle dune di sabbia che costeggiano l'aeroporto. Gli altri, a decine di migliaia aspettano un segno di pace, un minimo di sicurezza per uscire dalle cantine dei palazzi anneriti, rientrare dalli; campagne, dalle giungle dove si sono nascosti per sfuggire alla ferocia dei lealisti appoggiati dall'esercito. «Tutti i nostri soldati hanno l'ordini; di adoperare ogni mezzo necessario non solo per proteggersi ma per raggiungere gli obiettivi assegnati», dice il generalo Peter Cosgrove, responsabile del contingente, li' un segnale chiarissimo: i soldati di questa missione, che arrivano da venti Paesi tra cui l'Italia, non vengono a fare da bersagli. Ampie regole d'ingaggio li autorizzano a sparare, ad usare tecniche antiguerriglia, a fare uso insomma di quella forza che in tutti gli interventi degli ultimi cinquantanni lo Nazioni Uniti; hanno tentato di centellinare, con risultati spesso grotteschi. Questa e la missioni; di pace chi; sarà condotta con tecniche di guerra, lì so ieri, dopo il primo incontro a Dili coi responsabili della guarnigione indonesiana Cosgrove e il suo stalo maggiore hanno voluto sottolineare «l'ottima cooperazione» dei locali, gli avvertimenti por chi invoco corcherà di opporsi continuano ad echeggiare. Gli uomini al suo comando, continua il generalo, agiranno «con sensibilità o discrezione, rispetteranno la dignità di ogni individuo a Timor list, ma chi ancora impugna le anni farebbe bene a riporle por tornare a casa e riprendere la vita normale». Di normale a Dili por il momento non c'è proprio nulla. In una ricognizione compiuta sotto massiccia scorta indonesiana, Cosgrove ha potuto vederi; in città lo rovine dell'Università e dell'albergo «Mahkota», completamente bruciati, le strado deserto, i soldati indonesiani ad ogni incrocio, le scritte sulle loro caserme («indipendentisti, andato nello giungle»), i piani dicono che dopo l'arrivo dei primi reparti, noi pomeriggio una serio di mozzi da sbarco scaricherà la logistica. Entro una settimana la presenza dol- l'Onu a Timor Est dovrebbe raggiungere le 3200 unità, entro metà ottobre gli 8000 uomini del contingente saranno interamente schierati. «Se pensano che ce ne andremo cosi facilmente sbagliano di grosso». L'ultima minaccia ai caschi blu giunge da Kupang od a lanciarla 6 Eurico Gutierrez, ventottenne teppista che comanda gli «aitarak», i predoni filoindonesiani che amano definirsi guerriglieri. L'altra sera Gutierrez (basso, carico di anelli, adorno di una chioma leonina) in un clima da grande vigilia prometteva sfracelli. Dei 58 mila guerriglieri accampati al confino molti sono ai suoi ordini: resta da vedere se e come riusciranno a muoversi in un confronto armato con una forza orga¬ nizzata. Si tratta di capire so con l'arrivo dei «caschi blu» bando di guerriglieri isolati si ritireranno quasi del tutto dalla capitale, come apparo probabile, e soprattutto se abbandoneranno Timor Est, il che invece sembra piuttosto difficile. «In città i soldati dell'Onu possono anche fare i gradassi ma nella giungla comandiamo noi», raccontava alle «fans» di Kupang il capobanda Gutierrez. Questo sembra drammaticamente vero. Se alla prima parto del contingento spettora impadronirsi di Dili, renderne sicure le strade, iniziare la riattivazione dogli ospedali («Nella città non c'è più un solo medico» commentava il responsabile del commissariato Onu per i rifugiati) in questa fase le campagne sono destinato a restaro sotto il controllo dei guerriglieri. E con esse forse una miriade di centri minori. L'esercito indonesiano sta completando il ritiro, quasi per lasciare libero il ring. Ieri una nave militare ha caricato a centinaia mogli e figli dei militari, che abbandonano definitivamente l'ex colonia portoghese. Le provisioni degli esperti disegnano uno sbarco che dovrebbe svolgersi senza grandi problemi per essere poi seguito da una serio di scaramucce che potrebbero esplodere in scontri più violenti. Xanana Gusmao, il leader indipendentista liberato due settimane fa dagli indonesiani, è volato a Darwin dove si appresta a dare vita ad un «governo provvisorio in esilio». Anche lui teme che sia troppo presto per rimettere piede a Timor Est. Si vedrà. Intanto l'«Observer» ritira fuori la storia dei soldati indonesiani addestrati negli Stati Uniti a tattiche anti guerriglia. C'è qualche particolare in più: la «collaborazione» tra Pentagono e forze annate indonesiane sarebbe prose guita anche dopo il '91, quando l'amministrazione americana uffi cialmente condannava le stragi commesse a Timor Est dai paraca dutisti della «Kopassus». Altre uni tà indonesiane sarebbero state ad dostrate nel Regno Unito. Oggi il fatto che contingenti britannici e statunitensi si trovino ad affrontare i guerriglieri preparati alle loro stesse tattiche è elemento che può solo complicare un quadro già molto, molto fosco. I primi a entrare nella capitale Dili sono i temibili Gurkha britannici e un reparto di incursori inviati da Canberra Il leader degli indipendentisti «Li aspettiamo» Il generale Cosgrove «I nostri soldati adopereranno ogni mezzo necessario» Un reparto di truppe australiane del contingente dei caschi blu impegnato nella missione di pace VIGILIA PI PAURA NELL'ISOLA TORMENTATA

Persone citate: Cosgrove, Eurico Gutierrez, Gutierrez, Peter Cosgrove, Xanana Gusmao