Scuola e riforme, la rivolta dei presidi

Scuola e riforme, la rivolta dei presidi Oltre 11 mila capi d'istituto aspettano la dirigenza; entro due anni concorso per 2 mila posti Scuola e riforme, la rivolta dei presidi «Un 'overdose di leggi e pochi mezzi, subito il contratto» Mario Tortello «La scuola italiana è pronta alla sfida della qualità», scrive, sul giornale della Confindustria, il diessino Luigi Berlinguer, ministro dell'Istruzione. Ricorda «l'attenzione alla vita più quotidiana delle istituzioni scolastiche» dell'intero governo e elenca le riforme in atto o annunciate. La scuola, cantiere aperto con lavori in corso sull'intera struttura portante, è in fibrillazione. Obbligo fino a 15 anni; autonomia didattica e organizzativa in vista, con la possibilità di sperimentazione da quest'anno; nuove figure professionali previste dai contratti di lavoro e integrativi appena firmati; maxi concoi si-cattedra ai nastri di partenza; precari da sistemare e neo-precariato appena messo in conto; modifiche radicali ai cicli d'istruzione all'esame delle Camere... Come sarà la scuola del Duemila, se anche presidi e direttori didattici - oltre 11 mila e 500 in tutta Italia - si mettono sul piede di guerra? «Pronti alle riforme - osserva Giorgio Rembado, presidente nazionale dell'Anp, la potente associazione dei capi d'istituto italiani aderente alla Cida -. Disponibilità piena sul fronte psicologico e culturale; come da anni a questa parte, del resto. Ma con patti chiari; anche perché il livello di frustrazione è alto e può diventare pericoloso». Sovraccarico di lavoro; una selva di nonne, nell'ambito delle quai diventa sempre più problematico orientarsi; la mole di riforme da attuare. Il malessere, nemmeno tropi» oscuro, dei dirigenti scolastici è tutto qui, più facile a elencarsi che a curare, anche se la leadership doll'Anp ha le idee chiare sulle ricette da prescrivere: nuovo contratto entro pochi mesi, il primo della dirigenza scolastica nella storia italiana; nuove forme di reclutamento dei futuri capi d'istituto; moratoria nel campo delle riforme; semplificazione normativa. Rembado: «C'è un protocollo di intenti sottoscritto mesi fa a Palazzo Chigi da tutte le confederazioni; in occasione del Giubileo, i sindacati si impegnano a garantire la pace sociale nel 2000, a patto che tutti i contratti aperti vengano chiusi entro il prossimo 31 dicembre. Abbiamo tre mesi di tempo e sono più che sufficienti per fare un buon accordo sulla dirigenza; ma non possiamo scavalcare questa data, nell'interesse primo della scuola italiana». Un contratto che tenga conto delle peculiarità del nuovo ruolo di direttori e presidi. «Il nostro lavoro è diventato sempre più pesante e complesso; convulso, direi - osserva Rembado -. Creando uno iato profondo tra i livelli di competenza propri della professione e quelli richiesti. Basti ricordare l'impegno gravoso per dare gambe alla legge 626 sulla sicurezza nella scuola, oltre a tutto quello che riguarda gli aspetti didattici e organizzativi». Altro j'accuse: la giungla delle norme. «Alla normativa, si è aggiunta quella derivante dagli accordi sindacali. I contratti di lavoro avrebbero dovuto sostituire le disposizioni di legge. Così non è, con sovrapposizioni e stratificazioni delle norme, che le rendono difficilmente interpretabili e difficilmente riconducibili alla gerarchia delle fonti». Terzo problema aperto: «Siamo passati da un'epoca caratterizzata dalla totale indecisione politica, all'assunzione d'interventi innovativi che si susseguono a ritmo sempre più incalzante - aggiunge il leader Anp -. Non c'è tempo di prendere consapevolezza di una norma, che già subentrano disposizioni correttive, emendamenti. Un capo istituto riceve due-tre provvedimenti al giorno, festività comandate comprese, tra decreti, ordinanze, circolari, direttive, note esplicative...». Deve leggerle e darne applicazione. Con quali strumenti? «Il problema vero è che, in tutto questo ribollire di riforme, gli strumenti di gestione all'interno delle scuole sono rimasti quelli tradizionali. Ecco perché insistiamo sulla definizione del primo contratto nazionale dei capi d'istituto entro dicembre: non possiamo continuare a separare la responsabilità di chi deve gestire le riforme dalla disponibilità degli strumenti per la gestione». Si riferisce al riconoscimento della «dirigenza scolastica», in arrivo per i 10.026 presidi e direttori di ruolo? «Capiamoci bene - puntualizza Rembado - , Nella nostra categoria si è creata una sorta di sindrome della terra promessa: molti fra noi hanno lavorato sodo per anni, attendendo un miglioramento di status e di retribuzione che restano nelle secche dei vedremo... Sono aumentati carichi di lavoro e responsabilità, ma l'obiettivo della dirigenza non è stato ancora colto per quanto riguarda gli aspetti contrattuali». Con un aspetto grave: l'età media dei capi istituto è abbastanza elevata e, di fronte a queste «nebbie», il loro impegno potrebbe anche scemare. Una preoccupazione in più per il futuro: «Bisogna avviare subito l'iter per il reclutamento dei nuovi dirigenti scolastici; stimiamo che, entro il 2001, si rendano disponibili almeno 1500-2000 posti. Vanno messi in concorso con le nuove procedure, a garanzia della qualità dei colleghi che subentreranno». L'ultima «preghiera»? «Una moratoria nel campo delle riforme. Dobbiamo dare tempo di assimilarle, prima di metterne altre in cantiere». E prima che tutto cambi, ma nella logica del Gattopardo... «Sovraccarico di lavoro, giungla di norme e cambiamenti a ritmo continuo Autonomia? Leggere tre circolari al giorno.. Il ministro Luigi Berlinguer

Persone citate: Giorgio Rembado, Luigi Berlinguer, Mario Tortello, Rembado

Luoghi citati: Italia