Cancelliere in caduta libera

Cancelliere in caduta libera ! DEL SUCCESSORE DI KOHl Cancelliere in caduta libera Le sue riforme hanno scontentato tutti analisi Carlo Baslasin inviato a FRANCOFORTE Ni EMMENO le metafore bastano più. Fino a ieri le sconfitte elettorali del partito socialemocratico (Spd) erano «schiaffi». Dopo il primo, in Assia a febbraio, il cancelliere Schroeder aveva risposto «abbiamo capito». Per esserne certi gli elettori tedeschi hanno ripetuto senza pietà «gli schiaffi» nella Saar e nel Brandeburgo (il 5 settembre scorso), in Turingia (il 12 settembre) e ieri, con più violenza che mai, in Sassonia. Ora anche i sostenitori del cancelliere parlano degli appuntamenti elettorali che si succedono (Berlino il 10 ottobre e poi in Vestfalia a maggio) come delle «piaghe bibliche» che devastarono l'Egitto e di conseguenza si pongono una domanda decisiva: quanto a lungo può resistere il faraone? E' passato un anno terribile per Gerhard Schroeder da quel fiammeggiante 27 settembre '98 in cui chiuse con forza la porta dietro le spalle di Helmut Kohl. Il cancelliere che aveva saputo catturare il desiderio di cambiamento dei tedeschi, con quella che «La Stampa» chiamò una collezione di pret-a-penser luccicante ma elusiva, è ora privo anche dell'abbigliamento: nudo. I sondaggi sul consenso dei tedeschi alla politica di Schroeder sono impressionanti: solo il 12% dà un giudizio positivo sulla sua politica economica e fiscale; solo il 17% approva la sua politica sociale; la netta maggioranza prevede che il suo governo produrrà meno «giustizia sociale», il concetto che l'Spd ritiene distintivo della propria politica. La sensazione più diffusa tra gli elettori tedeschi è che il primo anno di governo di Schroeder sia andato perduto, tra crisi di identità del partito, conflitti drammatici con Oskar Lafontaine, stallo dell'economia e infine tra continui cambiamenti di rotta e passi indietro. Un fox trot impacciato a ritmo lento che ha prodotto una vittima su tutte: la credibilità del Cancelliere. E' talmente profonda la perdita di credibilità di Schroeder da chiedersi ora se sia possibile recuperarla e se si tratti solo di una questione di poca chiarezza nelle scelte politiche. Non c'è infatti molta differenza di linea politica tra il cancelliere e il trionfatore di ieri, quel Kurt Biedenkopf, che i sassoni chiamano «Kurt l'imperatore». Ma abissale è la differenza di credibilità personale. Biedenkopf, politico ostinato che nella sua carriera ha ceduto il passo solo a Kohl, è l'uomo-Stato, padre onnipresente del suo mondo-provincia (Bieko-Land, in suo onore), l'anziano politico difensore del localismo del «libero Stato di Sassonia» e al tempo stesso l'uomo che offre il proprio programma come «visione del futuro». Non c'è imprenditore sassone abbastanza piccolo da non aver ricevuto una telefonata da Kurt, o perfino dalla moglie, per sondare le opportunità di occupazione o le necessità di infrastrutture: fino a seguire personalmente i restauri nella «rossa Dresda», ora schierata compatta con il piccolo imperatore cristiano democratico. In una fase storica in cui i confini tra destra e sinistra sembrano sfumare, la credibilità dei politici diventa centrale. In un mondo le cui coordinate sono sconvolte dalla globalità, la distanza tra Stato e cittadino aumenta e chiede disperatamente referenti politici a portata di mano. Cosi ieri Biedenkopf ha resistito, eccezione unica, ai continui cambiamenti di sponda dell'elettorato tedesco, disorientato o forse liberato dalla caduta dei muri ideologici, mentre Schroeder, politicamente più vicino a Biedenkopf di quanto non lo fosse Kohl, si è dovuto specchiare nel sorpasso dei comunisti della Pds, a modo loro coerenti e carichi di identità localiste (una sorta di Lega Est), ai danni dell'Spd. A Schroeder non resta che resuscitare, 70 anni dopo, l'infelice slogan di Rathenau: «è l'economia, non la politica, il nostro destino». Il cancelliere è appeso alla speranza che l'economia tedesca si riprenda, perche come dice Marcel Reich-Ranicki «è l'economia, poi il passato e poi la cultura, a unire i tedeschi». Schroeder ha fatto molti passi nella giusta direzione, cambiando rotta dopo l'era-Lafontaine, dando carta bianca alla politica di rigore di Hans Eichel. Ha inoltre cominciato a mettere ordine nel partito, ha superato la prova del Kosovo e ha invertito rotta dopo i primi gravi errori di politica estera ed europea. Ha infine avvicinato la propria linea politica a quella di Kohl, fino, talvolta, a farsi scavalcare a sinistra dalla stessa Cdu. Ma per un Cancelliere che solo pochi an- ni fa era stato contrario alla riunificazione tedesca e poi all'unione monetaria europea, tutto ciò non ha fatto che alimentare il sospetto di «non credibilità». Anche se beneficerà certamente della ripresa economica, Schroeder dovrà ancora fare i conti con la propria storia. Il suo essere socialdemocratico è affidato al concetto di «giustizia sociale», abilmente riconvertito nella «lotta al debito lasciato da Kohl, il piìi ingiusto di tutti i meccanismi di redistribuzione del reddito dal basso verso l'alto». Rendendo «sociale» il risanamento dei conti dello Stato, cerca di convincere l'elettorato Spd che i tagli al Welfare sono giusti e sociali. «1 soli interessi sul debito sono un terzo della spesa pubblica totale», spiegano Schroeder e Eichel, ma sbagliano le cifre, restano appesi a un vuoto di programma, ad appelli alla responsabilità individuali a cui l'Spd non è pronta e che hanno suonato a vuoto anche ieri nella Chemnitz di August Bebel e nella Lipsia di Ferdinand Lassalle e in tutta la Sassonia, un tempo nota come la «culla della socialdemocrazia europea». La crisi di credibilità del capo del governo è speculare al trionfo plebiscitario di Biedenkopf padre padrone della de orientale l segretario di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti

Luoghi citati: Assia, Berlino, Brandeburgo, Dresda, Egitto, Francoforte, Kosovo, Sassonia