«Le bombe? Opera di Mosca»

«Le bombe? Opera di Mosca» PARLA IL LEADER DELLA REPUBBLICA RIBELLE «Le bombe? Opera di Mosca» Il presidente ceceno: cerca la guerra intervista Sophie Shihab GROZNY ELETTO presidente della Cecenia nel '96, Aslan Maskhadov, 55 anni, deve affrontare gli estremisti di Shamil Basaev e la Russia, che non riconoscere l'indipendenza cecena. I russi accusano i ceceni dei recenti attentati terroristici. Lei che dice? «Gli autori sono loro stessi. Per organizzare questi attentati ci vuole un mare di soldi. Noi non l'abbiamo fatto nel 1994, durante la guerra, e oggi, come allora, il Cremlino ha il problema delle elezioni. Non hanno ancora trovato un erede che possa vincerle onesta¬ mente, e non possono ammettere un nuovo venuto che scopra i loro crimini. Qual è allora la soluzione? Una guerra o lo stato d'emergenza, e il posto migliore per farlo resta la Cecenia». Eppure in Cecenia il banditismo esiste, e molti ostaggi sono trattenuti nella vostra Repubblica... «Non dico di no, ma prima questo non succedeva. Ci sono giovani che non possiedono altro che lacrime e odio nei confronti di tutto e tutti, il nostro Paese è devastato e sottomesso al blocco economico. E ora sono ricominciati i bombardamenti russi: già più di 200 morti, ospedali pieni, profughi che fuggono in massa dall'Est del Paese». I russi dicono che colpiscono solo i terroristi... «Colpiscono i civili, come sempre. Ouando sono iniziati i combatti¬ menti in Daghestan abbiamo subito detto che questa non è la nostra guerra. Basaev ci è andato come volontario, come hanno fatto tanti russi con i serbi nel Kosovo. Eppure la Nato non ha bombardalo i villaggi russi. No, ci sono due ragioni possibili per questi bombardamenti: spingerci al contrattacco, per poter dire che la Cecenia aggredisce una potenza nucleare; o spingerci alla guerra civile contro Basaev e i wahabiti». Non avete mai pensato di combatterli? «Se i russi non avessero bombardato i villaggi wahabiti del Daghestan, forse avremmo potuto occuparci di loro. Ma come posso disarmare i miei oppositori mentre la Russia minaccia le nostro frontiere, ci bombarda, e potrebbe tentare domani una nuova invasione? Basaw ha un argomento irrefu- tabile: la Russia non accetterà mai l'indipendenza della Cecenia. E io non ho nulla da ribattere». Questo può far pensare che lei, sottobanco, incoraggi Basaev. «Io ho la coscienza pulita: davanti al mio popolo e davanti ai russi. Ho sempre evitato i sequestri di ostaggi». E' vero, come dicono, che Boris Berezovskij ha aiutato Basaev? «So che quest'uomo è in contatto con Basaev e Udugov. E' lui che ha pagato "Kavkaz" (Caucaso), la loro televisione, e i loro telefoni cellulari». Dunque, secondo lei i russi sono colpevoli di tutto? «No, ci sono molti interessi in gioco. Berezovskij vuole spogliare la Russia e cacciarla dal Caucaso, ma è l'Occidente che ne ha bisogno. La Russia non può più controllare il Caucaso del Nord. Al Sud la Georgia avrà presto armi della Nato, l'Azerbaigian è pieno di imprese occidentali. Durante la mia visita negli Stati Uniti ho chiesto ai consiglieri del presidente Clinton di dirmi chiaramente cosa vogliono. Che motivo c'è di passare per Basaev o per Berezovskij? Se non è a spese del mio popolo, ci si può intendere con altri che non siano i russi». Copyright Le Monde-La Stampa «Gli americani vogliono il Caucaso? Mettiamoci d'accordo» Aslan Maskhadov. Presidente ceceno