« Jihad contro le truppe Onu» di Giuseppe Zaccaria

« Jihad contro le truppe Onu» LA MISSIONE GUIDATA DAGLI AUSTRALIANI S'INIZIA TRA RISCHI E INSIDIE « Jihad contro le truppe Onu» Centomila mujaheddin per Timor Est reportage Giuseppe Zaccaria u invialo a KUPANG NA flotta di novo incrociatori australiani e neozelandesi è entrata ieri notte nella aeque territoriali indonesiane. Oggi getterà l'ancora al largo di Timor Kst, in attesa di sbarcare tra le rovine di Dili. Oggi il generale Peter Cosgrove, comandante della spedizione, incontrerà Kiki Sujandaki, il suo omologo indonesiano, per il passaggio di consegne: l'esercito di Djakarta ha già cominciato il ritiro ed anzi l'uomo forte del regime, il generale Wiranto, che è anche ministro della Difesa, annuncia che i suoi soldati abbandoneranno totalmente la Timor portoghese «lasciando alla forza internazionale la responsabilità del mantenimento della sicurezza». Nelle ultime ore qualche anna e stata tolta ai guerriglieri, soprat Lutto a beneficio delle tv straniere. Un osservatore dell'Onu racconta di aver visto decine di cadaveri abbandonati nella sede centrale della polizia. Solo adesso forse l'Australia, leader e motore di questo intervento (più della metà degli (1000 «caschi blu» vengono dalle sue truppe), si rende conto del ginepraio in cui si sta cacciando. In un discorso televisivo, il primo ministro John Howard saluta la partenza della missione incitando i cittadini a «pregare per i nostri ragazzi». Lo sbarco delle prime tnippe sarà sostenuto dai «gurkha» nepalesi inviati dal Regno Unito, i soli che per il momento appaiono in grado di contrastare una guerriglia che si annuncia lunga e feroce. Timor list finoa ieri rappresentava la tappa forse più gloriosa nella storia militare australiana. Durante la seconda guerra mondiale fu nelle giungle dell'ex colonia portoghese che la «Sccond IndèpenderitCompany», un battaglione di incursori, resistette a 15.000 soldati giapponesi dal '41 al '44, con azioni eroiche ed estenuanti. Quella australiana fu l'unica unità alleata che in tutto il Pacifico riuscì a resistere all'invasione nipponica. Oggi una grande patina di resistenza sta per trasformarsi nel suo opposto, con gli australiani nella veste di occupanti e frange sempre più numerose di indonesiani che vogliono combatterli. Le notizie che giungono dall'arcipelago si fanno piìi allarmanti di momento in momento. Questa operazione di salvataggio rischia sempre più di essere manipolala ad uso interno, trasformandosi per le sterminate masse di un'Indonesia ridotta alla fame, nella scintilla che può infiammare la polveriera. Questa finora non 6 stata una guerra civile e tanto meno fra islamici e cristiani. Ma in un arcipelago che ribolle, percorso da conflitti di ogni genere, c'ò chi ha interesse a presentare i «caschi blu» come inviati del Maligno. «Centomila volontari sono già pronti alla Jihad», annunciano da Giava i leaders del più grande partito islamico del Paese. Il «Nathatul ulama», guidato da Abdulrrahman Wahid, conta circa venti milioni di iscritti. E' il movimento che lo scorco anno, durante i disordini che sconvolsero l'Indonesia, più di ogni altro riuscì a pilotare la rabbia dei diseredati. Sul piano interno, sostiene con la sua enorme forza la corsa alla presidenza di Megavvati Sukarnoputri, figlia del dittatore deposto da Suharto e pronta a succedere al presidente Hobibie, sempre più traballante sulla sua poltrona. Nel complesso, il «Nathatul» ha sempre cercato di porsi come un partito moderato ma a Giava i suoi attivisti sono particolannen- te accesi. Nella loro visione teocratica del mondo la Timor portoghese era una terra da evangelizzare con «ulema» ultraortodossi, ed oggi diventa territorio da riconquistare. A Surabaja, nell'area orientale di Giava, oggi un dirigente del partito, Hosjm Muzali, annuncia che un appello alla mobilitazione ha raccolto 107.000 adesioni e «la chiamata alla Jihad contro l'intervento straniero dovrà essere intesa come eroismo spontaneo. La rabbia degli indonesiani non è diretta solo contro l'Australia ma soprattutto contro gli Stati Uniti». Da Atambua, distretto di Timor Ovest sotto il totale controllo della guerriglia, giunge notizia di una riunione in cui gli «aitarak», il più numeroso ed organizzato dei gruppi paramilitari, ha unificato le componenti armate filo-indonesiane. L'annuncio finale mette i brividi: «Adesso alle frontiere di Timor Est ci sono 58.000 uomini pronti alla guerriglia». Il vento della guerra religiosa comincia nuovamente ad attra versare l'Indonesia, che presto rischia di dover usare le truppe anziché a Timor Est nelle piazze delle proprie città. Dalle Moluc che giunge notizia dell'uccisione di 25 persone: nell'isola di Seram gli abitanti di alcuni villaggi avrebbero attaccato la cittadina di Kairatu appiccando incendi Dal luglio scorso, con l'inizio degli scontri fra musulmani e cristiani, solo nelle Molucche sono stati uccisi 142 persone. In questo clima può davvero succedere di tutto. I primi scontri, la prima strage possono essere il detonatore che darà fuoco a polve ri accumulate dalla tragedia economica in ogni angolo dell'arcipe lago. E le milizie nazionaliste hanno ammassato al confine Ovest dell'isola cinquantottomila uomini pronti a resistere Soldati indonesiani rimuovono una statua della Madonna dalla residenza del vescovo Belo, costretto a fuggire dai miliziani

Persone citate: John Howard, Kiki Sujandaki, Peter Cosgrove, Suharto, Sukarnoputri, Wahid