Così Clinton «sceglie» le domande di Andrea Di Robilant
Così Clinton «sceglie» le domande Così Clinton «sceglie» le domande // rituale: prima le agenzie, poi le tv, dopo i giornali Andrea di Robilant corrispondente da WASHINGTON «Ladies and gentlemen, the President of the United States...». La pomposità con cui lo speaker annuncia l'arrivo del Presidente Bill Clinton è talmente in contrasto con il caos che regna nella scalcagnatissima sala stampa della Casa Bianca che finisce per sottolineare l'aspetto profondamente teatrale degli incontri-scontri con i giornalisti. Al contrario dello scenario high tech prospettato da Romano Prodi a Bruxelles, la conferenza stampa del Presidente degli Stati Uniti avviene (quan¬ do si trova in residenza), in una stanza piccola, affollata, disordinata e per la verità neanche tanto igienica - di recente i giornalisti hanno protestato per l'eccessiva presenza di topi. Nonostante ciò, quando lo speaker avverte che mancano due minuti all'entrata in scena del Presidente (perché di questo si tratta), i giornalisti si danno un'ultima riassettata - chi s'infila la giacca, chi si riaggiusta il nodo della cravatta, chi si ritocca il trucco. Le conferenze stampa del Presidente sono sempre riprese in diretta, e anche i giornalisti si considerano «sul palcoscenico». Durante la bella stagione Clinton preferisce incontrare i giornalisti in qualche punto gradevole nei giardini della Casa Bianca. Parla sempre ai giornalisti da un pulpito itinerante, munito di un vistoso sigillo presidenziale. E il pulpito lo segue ovunque vada nel mondo. Esiste una rigida gerarchia nella chiamata delle domande. La prima giornalista ad essere interpellata è sempre Helen Thomas della Upi, la decana dei corrispondenti della Casa Bianca (era già in prima fila ai tempi di John Kennedy). Poi viene chiamato nell'ordine il corrispondente della Ap e quello della Reuters. La Thomas non viaggia e all'estero la sequenza cambia: Ap, Reuter, Upi. Dopo le agenzie di stampa tocca alle reti televisive e in terza battuta (se ci si arriva) ai principali quotidiani. Ogni volta che il Presidente affronta una conferenza stampa sa che si espone a una raffica di domande insidiose. Per cui si prepara diligentemente con i suoi collaboratori, cercando di indovinare il più possibile le domande. E' sempre una partita, con vincitori e vinti. E come tale viene affrontata. La durata delle conferenza stampa dipende molto dall'umore del Presidente. In genere non meno di mezz'ora, ma se il Presidente è in vena, se non c'è tensione, è capace di abbassare la guardia, interpellare giornalisti che non conosce, di andare avanti ad oltranza. Ma al minimo segno di pericolo torna in trincea. O fa segno al suo portavoce che è ora di chiudere. Durante lo scandalo Lewinsky la Casa Bianca ridusse il numero delle conferenze stam pa al minimo indispensabile (in pratica solo quelle assieme ad altri leader stranieri). E il porta voce limitava il numero di do mande a un massimo di quat tro, il che permetteva di pianificare meglio la performance del Presidente. E di limitare i dan ni. Il Presidente Bill Clinton durante una conferenza stampa alla Casa Bianca
Persone citate: Bill Clinton, Clinton, Helen Thomas, John Kennedy, Lewinsky, Romano Prodi
Luoghi citati: Bruxelles, Stati Uniti, Washington
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