«Giudice non liberi papà, è pericoloso»

«Giudice non liberi papà, è pericoloso» UN ASSASSINO IN FAMIGLIA. «ANCHE CON NOI E'STATO PIÙ'^OlTE VIOLENTO»' «Giudice non liberi papà, è pericoloso» Tre fratelli: dopo la mamma, potrebbe uccidere noi la storia ROMA |1 padre ha ucciso la madre e ■ adesso i tre figli hanno paura Oche esca dal carcere e li ammazzi tutti. Del resto lui dopo aver sparato alla moglie aveva provato a l'are fuori i figli e il primogenito si salvò per miracolo. Lui è Franco Scoppola, 59 anni, pensionato, ex cacciatore. Il 2 settembre, a Roma, ha ucciso a colpi di pistola Lucia Centanni, 57 anni, sua moglie e ferito Giulio, 26 anni. Quella notte Scoppola sparò all'impazzata, poi si barricò in casa e fu subito arrestato. Adesso ò detenuto nel carcere di Regina Coeli. E' in attesa del processo. Ciò nonostante, i fratelli Scoppola, Giulio, Simona e Paolo, temono che possa fare solo un breve periodo di detenzione e poi torni libero, più pericoloso di prima. «Nostro padre - è questo il loro angosciato appello - una volta fuori dal carcere, porterebbe sicuramente a termine quel suo progetto tanto decantato negli anni: ammazzarci tutti. Deve finire i suoi giorni in galera, anche per quella freddezza con cui ha sparato a nostra madre». Il loro timore ò dovuto al fatto che il padre è diabetico, ha un disturbo alle ossa che lo costringe a muoversi con un bastone e a portare un collarino, Per l'invalidità potrebbe ottenere una riduzione della pena. I figli hanno paura di rivederlo, terrorizzati da (mei genitore che definiscono «violento, un padre-padrone che soffocava tutte le nostre iniziative obbligandoci a fare e a pensare come voleva lui». Gli avvocati dei ragazzi hanno già fatto presente queste paure al pubblico ministero Carlo Lasperanza. II terrore dei figli si capisce meglio dalla descrizione delle violenze che in casa Scoppola non sono certo iniziate quella notte maledetta. «Nostro padre - spiegano i figli - dopo aver inseguito nostra madre sul pianerottolo, ha fatto partire il primo colpo. Poi ha continuato a sparare sul corpo senza vita. Ci aveva già minacciato di sistemarci per sempre, e nell'attesa erano botte, insulti, pressioni psicologiche. Noi non ci siamo mai ribellati e non lo abbiamo mai denunciato. Temevamo la tragedia che si è poi realizzata». Il dramma della famiglia Scoppola è una strana storia di nevrosi e repressioni. Per la carneficina del 2 settembre non c'è nessun movente specifico. Ci fu solo una discussione come tante altre, poi raccontate dai vicini ai cronisti. Ma quella volta degenerò, il padre impugnò una calibro 9 e tentò la strage. Oltre al figlio ferito di striscio, infatti, provò a sparare anche all'altro, Paolo, che scappava per le scale. In tutto, sei colpi, una donna morta e un figlio ferito. La famiglia Scoppola abitava in un condominio dell'Inpdai, all'Appio latino, una zona tranquil¬ la nella semiperiferia romana. Aveva appena comprato un'auto nuova, ha una seconda casa a Viterbo. Nessun problema economico, dunque. E anche i figli non sono certo degli scapestrati. Uno lavora e uno studia. L'altra figlia, Simona, vive fuori casa, è sposata e ha un bambino. Ma Franco Scoppola è un uomo duro, autoritario. Si infuriava se qualcuno gli rubava il posto auto da disabile. Non lavorava da anni e il suo equilibrio mentale è peggiorato negli anni. Faceva portare le buste della spesa a sua moglie, che i vicini ricordano come una casalinga tutta dedita alla famiglia, mite, sorridente. Ora la preoccupazione dei ragazzi è che al processo a Franco Scoppola venga comminata una pena lieve grazie all'invalidità. Giulio, Simona e Paolo non temo no solo per la propria vita, chiedono un giudizio severo anche in nome della loro mamma. In sua memoria: «Ci rimettiamo ai giudi ci, ma non bisogna permettere a nostro padre di tornare a fare del male. In questo caso di chi sarebbero le responsabilità? Il sacrifi ciò di nostra madre non può essere avvenuto invano. Mamma con il suo amore è riuscita tenere unita una famiglia dove regnava l'odio e la paura. Lo ha fatto solo per noi, nella speranza che quest'incubo un giorno l'altro sarebbe finito. Fino all'ulti ino minuto di vita, di fronte alla porta di casa, quando ci ha fatto da scudo donandoci la vita per la seconda volta». lj. arb.

Persone citate: Carlo Lasperanza, Franco Scoppola, Lucia Centanni, Scoppola

Luoghi citati: Roma, Viterbo