IL MURO CHE NON E' CADUTO di Barbara Spinelli

IL MURO CHE NON E' CADUTO IL MURO CHE NON E' CADUTO Barbara Spinelli DIECI anni fa, quando cadde il muro di Berlino e l'Unione Sovietica cominciò a disfarsi, furono in molti nelle cancellerie occidentali a compiacersi, e a considerare conclusa una lunga guerra ideologica: fallita l'ideologia avversaria, si aprivano grandi, pacificate prospettive. La democrazia capitalista aveva vinto la battaglia, e l'economia di mercato avrebbe rapidamente messo le radici ovunque, non possedendo più concorrenti temibili dal punto di vista della dottrina. Un'euforia interamente dottrinaria - per metà ignara per metà indifferente - invase i cervelli dell'Occidente, e nessuno a quell'epoca ebbe il realismo di immaginare quel che oggi tocca vedere a Mosca: una grande nazione, la Russia, ridotta a un magma senza più volontà statale, senza capacità di rispondere alle crisi e di decidere, senza vera guida politica. La sua capitale, Mosca, presa dal panico di fronte a un'ondata terroristica che nel giro di due settimane ha fatto 292 morti e centinaia di feriti. E il centro politico che non tiene - dentro le mura del Cremlino dove regna un Presidente malato, vendicativo, in preda a immani paure personali - mentre le periferie dell'impero si sfrangiano. E il tumore ceceno che non solo si riattiva ma si estende al resto del Caucaso, dopo la guerra di sterminio condotta nel '94-96 e nonostante gli accordi di pace negoziati nel '97 dal generale Lebed, in un effimero momento di lucidità del Cremlino. Infine una classe dirigente declassata, screditata, adesso che si conosce meglio l'ampiezza della sua corruzione, l'impudenza dei suoi planetari imbrogli finanziari, la sfacciataggine con cui ha praticato - senza più bisogno di speciali dottrine, CONTINUA A PAGINA 11 PRIMA COLONNA

Persone citate: Lebed

Luoghi citati: Berlino, Mosca, Russia, Unione Sovietica