Il Ponte sullo Stretto lungo uirlllusione di Luigi La Spina

Il Ponte sullo Stretto lungo uirlllusione UNA VICENDA INFINITA CHE ASSOMIGLIA SEMPRE DI PIÙ' ALLA SCENEGGIATURA DI UN KOLOSSAL Il Ponte sullo Stretto lungo uirlllusione Ancora un rinvio dopo trent'anni di studi reportage Luigi La Spina inviato a MESSINA MIO nonno, che (ovviamente) si chiamava Luigi come me, era un siciliano atipico: era, infatti, un ottimista. Mi ricordo che negli ultimi anni della sua vita mi diceva: «Beato te, quando sarai un giovanotto, potrai passare lo Stretto sul ponte. Sarà uno spettacolo magnifico. Peccato, io ormai non ce la farò più a vederlo». Povero nonno, io sono diventato un giovanotto, ora non lo sono più, ma a questo punto forse neanche i miei figli lo vedranno, quel benedetto ponte. La storia del ponte sullo stretto di Messina somiglia a quella di un grande film, quelli di una volta, non quelli dell'ultimo festival di Venezia. Quei drammoni lunghi, vi ricordate, pieni di passioni profonde, colpi di scena, odi tenaci; in cui i protagonisti, tra la commedia e la farsa, attraversano decenni turbinosi, cambiamenti epocali, sostenendo, o avversando, lo stesso sogno, o lo stesso incubo. Come i grandi romanzi di una volta, questa è una storia esemplare. Di come tra la prima e la seconda Repubblica, ugualmente, in Italia non si riesca, non tanto a fare un ponte, un grande ponte, ma a decidere se farlo o no. E il rinvio delle decisioni diventi la chiave di interpretazione sulla quale si fonda un metodo di governo che supera regimi e classi dirigenti per diventare il canone fondamentale della gestione italiana del potere. La sceneggiatura della storia del Ponte dovrebbe essere ricchissima di fatti, protagonisti e comprimàri, soprattutto di parole e di carte. Vediamo di riassumerla così. CU ANTICHI. L'idea di congiungere le due sponde dello Stretto di Messina, tra cui scorrono le mitiche correnti di omerico ricordo, è antichissima. Famosi sono i tentativi dei romani, durante le guerre puniche, di far passare eserciti e animali con ponti di barche. Ma anche l'imperatore Carlo Magno, nel IX secolo, ci provò. Il progetto fu coltivato poi dai Normanni. Ruggero II, re di Sicilia nel 1140, fece compiere esplorazioni nello Stretto per studiare i vorticosi movimenti delle correnti e approntare la costruzione di un ponte. Ma l'idea naufragò assieme alla fine del grande sogno normanno. I MODERNI. Alla fine degli Anni Sessanta, l'entusiasmo per i successi dell'Italia nel dopoguerra e alla vigilia, purtroppo, della prima grande crisi economica della nostra giovane Repubblica, fu bandito un concorso per un progetto di un collegamento stabile, sia viario che ferroviario. Su 140 concorrenti furono scelti 12 progetti e nel 1971 una legge dello Stato affermò «il prevalente interesse nazionale dell'opera» e pose le basi per la costituzione di una società per la progettazione, realizzazione e gestione del ponte. Passano dieci anni in cui democristiani e socialisti non riescono a mettersi d'accordo sulla spartizione delle cariche nella costituenda società, nonostante l'impegno appassionato del vecchio Oscar Andò, patriarca mitico del ponte e la competenza dell'ingegner Gilardini, un nome che i piemontesi certamente ricordano. IL PADRE PADRONE. Solo nel 1981 nasce la concessionaria società «Stretto di Messina». L'Iri ne ha il 51 per cento, gli altri azionisti, con uguali quote del 12,25 per cento, sono l'Anas, le Ferrovie, la regione Sicilia e la regione Calabria. Agli inizi degli Anni 90, quando Andò e Gilardini vengono sostituiti, la battaglia nella de è durissima. S'avanza l'ingegner Pastorelli, eroe mancato della tragedia nel pozzo di Vermicino, di pertiniana memoria. Assiduo compagno di tressette con De Mita, viene prima stoppato da Andreotti con l'aiuto di Nicolosi, pure della sinistra de, ma persino con quello del grande alleato e IAaRraGdd amico di De Mita, il calabrese Riccardo Misasi. La faida correntizia porta Nino Calarco, allora e tuttora direttore della Gazzetta del Sud, il giornale dominante sulle due sponde dello Stretto, al vertice della società. Calarco diventa così il padre padrone del progetto. Per prima cosa rinuncia all'emolumento «per evitare accuse di interessi personali e per essere più libero», come afferma orgoglioso. «Pensavo di arrivare qui ricorda - per chiudere», ma comincia ad affezionarsi all'idea frequentando scienziati, per arrivare a definire un progetto tecnico, e politici, per assicurarsi i necessari finanziamenti. LA POLITICA. Gli affanni di CalarT co, che aveva avuto una parallèla carriera politica con l'elezione al Senato, si dispiegano nei palazzi del potere che ben conosceva, intrecciandosi, con interazioni curiose, ai passati lavori della commissione P2, di cui era stato combattivo membro. Quando soggiornava a Roma, il presidente della «Stretto», come viene per brevità chiamata l'azienda, scendeva al Raphael. Calarco frequenta così Craxi, i cui natali messinesi favoriscono intese e promesse che culminano in una famosa conferenza stampa nella quale il leader socialista, divenuto presidente del Consiglio, assicura il Paese che «il Ponte si farà». Altrettanto convinto sostenitore del pro¬ getto è l'allora presidente dell'Iri Romano Prodi, per il quale il ponte «accorcerà l'Italia di 240 chilometri, quanti si potrebbero percorrere nel tempo che oggi si impiega a passare lo stretto». L'abilità e l'impegno di Calarco convincono tutti i politici che, dall'opposizione, erano contrari, a diventare tifosi del ponte per legare il proprio nome, una volta entrati al potere, alla storia del «più grande ponte mai costruito al mondo». I NEMICI. Come in ogni grande romanzo ci sono «i cattivi». E, come sempre in Italia, si associano a un'altra grande specialità nostrana, la «dietrologia». I nemici «ideologici» del ponte, i «verdi» e l'estrema sinistra, compreso in questo caso Cofferati, sarebbero «utili idioti», così si diceva una volta, di tre grandi interessi contrari, la mafia, l'Eni e i cosiddetti «poteri forti» internazionali. LA MAFIA. Grandi affari, Sicilia e politica. Come fa a non essere protagonista la mafia e come si schiera? La questione è controversa: ognuno, a parole, la conta nel campo avverso per farse¬ ne illustre nemico. Magari sperando, in cuor suo, che sia invece un prezioso alleato occulto, con efficaci argomenti persuasivi. Gli uni avvertono: la mafia non potrà mai essere estranea al più grande progetto costruttivo che riguarda l'isola. Gli altri insinuano: come mai i traghetti fanno la spola indisturbati da sempre nello Stretto? L'ENI. Da sempre i fautori del ponte duellano con l'azienda fondata da Mattei. Sul piano tecnico-scientifico, l'Eni si era fatta sostenitrice di una inedita soluzione, definita «alvea», un tubo sospeso a 30 metri sotto il livello del mare e ancorato al fondo marino con un sistema di tiranti, alla fine bocciata. L'insuccesso, sempre secondo loro, spinge la società energetica a boicottare sistematicamente il ponte con la complicità dell'altra grande e mitico avversario: l'Europa tecnocratica. I POTERI FORTI. Nella storia più emblematica dell'Italia repubblicana non potevano naturalmente mancare. Hanno i volti regali di Hassan del Marocco e dello spagnolo Carlos, interessati a favorire il collegamento tra l'Europa e l'Africa attraverso lo stretto di Gibilterra. E quelli, meno definiti, di una mitica tecnocrazia che punta all'Adriatico e ai Balcani, con l'aiuto dei soliti subdoli levantini. 11 mistero ingigantisce perciò, sia il coraggio dei Davide che lottano contro i Colia dell'Europa, sia gli alibi per una eventuale sconfitta. LA SCIENZA. Trent'anni di studi, di progetti, di convegni internazionali hanno accompagnato tutta la classe accademica italiana e una buona parte di quella mondiale a riempire la più grande biblioteca cartacea che mai sia stata raccolta per un idea del genere. Scartando tutto quanto è stato escluso dal progetto finale, un po' di cifre sono indicative: i volumi presentati sono circa 50, per un peso di due quintali e mezzo. Soloper fotocopiare il progetto, il costo è stato di 100 milioni. Il guaio è che in questi trent'anni non solo sono cambiati criteri costruttivi, materiali e tecniche, ma è cambiata la classe dirigente ingegneristica italiana. Invidie, gelosie e successio- 8,00 ni accademiche hanno così cotellato di agrodolci commenti utti i progetti presentati che col tempo, in parte a ragione e n parte meno, sono regolarmente insufficienti. La carta, nsomma, non basta mai ad accompagnare il cammino dela scienza, o almeno degli scienziati. MINISTRI. Al potere, in genere, piace il ponte sullo Stretto. Ma quando arrivano a dover decidere, i ministri devono fare i conti con le maggioranze di governo spesso comprendenti avversari «ideologici» del progetto, come ecologisti e estrema sinistra. Gli entusiasmi allora si raffreddano e costantemente la via del rinvio, sempre per carità «tecnico», pare la migliore. L'abitudine accomuna prima e seconda repubblica, per cui il primo tifoso del ponte, Nino Calarco, può lamentarsi a voce alta con loro, persino con Di Pietro, al grido «Siete tutti uguali». LE LEGGI. Trent'anni di studi e trent'anni di leggi che presuppongono pareri, autorizzazioni, consulti, sempre con l'incubo che qualche denuncia interessata e qualche magistrato in cerca di notorietà trovi il cavillo per bloccare tutto. Lo slalom tra i bolli della burocrazia italiana trova nel più grande progetto di ingegneria italiana la sua ovvia sublimazione. Un esempio inedito, leggendo l'ultimo documento fra gli innumerevoli del caso «Ponte». Il decreto del 5 agosto '99 con il quale si indicano i criteri per il bando sulla fattibilità del ponte prescrive, all'articolo 6, i requisiti per gli advisor in maniera tale da rischiare un conflitto di interessi, per cui si potrebbe in futuro invalidare la gara. Lrrore tecnico o precostituzione di una utile zeppa alla procedura? IL PARLAMENTO. Poteva no mancare i rappresentanti del popolo in questo romanzo italiano? Evidentemente no e non solo per le doverose approvazioni politiche di un progetto di tale portata. Anche pelle iniziative, perlomeno curiose, di sponsorizzazione. Un gruppo di senatori, capitanato da Adolfo Manis, ha presentato infatti un disegno di legge per costituire l'ennesima commissione italiana di vigilanza «sulle iniziative in corso per la realizzazione del Ponte». L'intento è quello di «agevolare il compimento del complesso iter burocratico e amministrativo e favorire, senza ulteriori indugi, la realizzazione dell'opera tanto attesa». Il tutto al misero costo di 500 milioni l'anno. LA FATA MORGANA. C'è un fenomeno misterioso sullo Stretto, rappresentato anche in una stampa del '700. E' un miraggio visibile dalla costa di Reggio per cui, in giornate calde e tranquille, la cesta siciliana si avvicina. Edifici e oggetti si prospettano, in mare o nell'aria, con immagini stranamente allungate, simulando città fantastiche e uomini in movimento. L'hanno battezzato la Fata Morgana, lo credo, invece, che sia il fantasma del ponte sullo Stretto. Forse perché non ho ereditato, purtroppo, l'ottimismo di mio nonno. L'idea di congiungere le due sponde è antichissima ma il primo concorso fu bandito solo nel '60 Storie di faide e di progetti respintili volumi presentati sono 50, per un peso di due quintali Fotocopie per 100 milioni Ci vorrà ancora un anno per sapere se il Ponte sullo Stretto di Messina si farà oppure sarà ancora rinviato 376,00 52,00 373,00 3300^ 8,00l i GRANDI PONTI NEL MONDO DATI GENERALI lunghezza N° corsie stradali centrale totale impalc. (m) sospeso (m) binari lerrovia CAVI diametro covi (tm) N° cavi TORRI altezza (m' peso 1 torre acciaio (t) MESSINA Italia (in progetto) ^^^rr rTli«...«CTf*-rTlTTìlITÌ 11 I j 11 i | I I 1 li [ 3300 3660 8-1-4 J2 121 AKASHI KAIKJIO ^^Gioppone (incostruzione) 1990 3910 4-1-2 NO 376 46.000 2 300 GREAT BELT Danimarca ^nlllilllj^ .nTn^Trrfmiìin)p 1624 2694 4+2 NO 85 2 254 HUMBER Gran Bretagno ('81)^ 1410 2220 4 NO"~'~68 2 155 35.000 calcesi. colcest. VERRAZZANO NARROWS 1298 2039 1100 1648 4+2 12 NO _. 91 4 MINAMI BISAN-SETO Giappone ('88) 2 106 2 192 18.650 185 9500 ^»H*~^'«^«^w•«•^^J*«^r«t>t^i*♦•'•, ■