Nella Quercia sale la fronda ulivista

Nella Quercia sale la fronda ulivista I MALUMORI DEL CENTROSINISTRA iN UN CONVEGNO A ORVIETO Nella Quercia sale la fronda ulivista Ma il segretario non vuole attriti con D'Alema pAldo Cazzullo inviato a ORVIETO HI. fondatore Occhetto, tra gli I applausi : «La rivoluzione daleI miana si è esaurita nel compito storico di togliere la P di Pds. E di condurci verso il disastro elettorale. Basta, facciamo il partito democratico». Il segretario Veltroni, tra qualche mugugno: «No Achille, io dico che se Cossiga rifonda il centro, per me e per la coalizione non è un male». Il traditore sommo La Forgia (a sala semideserta): «Condivido financo la punteggiatura del discorso di Occhetto» (che intanto ha guadagnato un negozio di autoradio per comprare il regalo di compleanno ad Aureliana e rientrerà sulla fine dell'intervento). L'anima critica Macaluso, a microfoni spenti: «Non sono d'accordo con Achille quasi su nulla. Ma su un limito ha ragione: in questo partito non si discutono i grandi temi, dalla riforma del welfare alla giustizia. 11 buon Veltroni, come fa spesso, ha eluso la questione. Lo capisco, teme di differenziarsi dal presidente del Consiglio. Ma io temo ancor di più un congresso dominato da un falso unanimismo». «Non vorrei - soggiunge Augusto Barbera - che ci ritrovassimo a gennaio con un embnissons nous preelettorale, un correntone unico che metta assieme tutti tranne il gruppo della sinistra interna, una mozione1 in cui convivano Salvi e Morando» (che ha appena sciolto un cantico alla flessibilità, nda). Al che, dietro le quinte, si inserisce Achille Occhetto, a dare l'interpretazione autentica del suo discorso: «Un congresso che si limitasse a distinguere la posizione di Veltroni da quella di Gloria Buffo sarebbe inutile. Occorre che Walter si distingua da D'Alema». A due anni da Gargonza, gli ulivisti dei Ds (ma non solo) si ritrovano in un altro quadro tardomedievale, un teatro nelle vie attorno al Duomo di Orvieto. Camicie aperte, abbronzature post-vacanze, e una preoccupazione: scongiurare un congresso fasullo, scavare dietro la concordia di facciata, fare emergere ad esempio attraverso uno scontro tra mozioni - l'antagonismo naturale ma provvisoriamente assopito tra D'Alema (evocato spesso, nominato quasi mai) e Veltroni (presente, ma impegnato in uno slalom per non rompere né con gli ulivisti né con Palazzo Chigi). Occhetto coglie l'occasione per la sua rentrée. «E' da Rimini che non facciamo un congresso vero. A dieci anni dalla svolta, la dirigenza dalomiana conduce una campagna contro l'innovazione, e ora benedice il lavorio di Cossiga. Non basta scrivere qualcosa d'ulivista sull'Espresso, o farsi benedire da Parisi, che stimo ma non ha il timbro di garanzia ulivista. Occoiti; una nuova formazione politica su base federale, una costituente, una Carta programmatica, una nuova classe dirigente selezionata con le primarie». «So- no così d'accordo - s'infervora Willer Bordon - che mi chiedo perché militiamo in movimenti diversi...». Veltroni glielo spiega subito: «Qui rischiamo di dire cose incomprensibili per qualsiasi cittadino. Non sono nemico dei Democratici, ma mi auguro vediate la doppia velocità tra il rilancio dell'Ulivo e la pratica della costruzione di un partito». Veltroni riconosce che l'Ulivo deve rinascere: «Non possiamo andare alle Regionali con 15 simboli, o sotto cartelli immaginifici tipo Toscana democratica o Umbria antifascista». Ma non raccoglie il guanto di Occhetto: «La discussione nel partito c'è stata, non ho memoria di congressi fasulli. Nessuno può dire che io abbia cambiato linea». «Walter non l'è sentita di dire no né a Occhetto né a D'Alema», riflette Barbera, che nel frattempo incassa il sì del segretario alla linea che traccerà nel suo intervento di stamattina: «Che i Ds scendano in campo a favore del referendum antiproporzionalc di An». Emanuele Macaluso (anche lui parlerà stamane) si smar¬ ca così: «Il nuovo partito democratico che propone Occhetto è una nebulosa. Però dobbiamo riconoscere che nei Ds non c'è vero dibattito, non si discute di prospettive. Al congresso si dovrà scegliere una linea, ci si dovrà dividere tra maggioranza e opposizione. Si arrivi con due tesi: chi vuole l'Ulivo, chi vuole il partito socialdemocratico. Non possiamo fare il solito mosaico, come le altre volte: tu metti una parola qua, io levo una parola là». E' Claudio Petruccioli a richiamare l'esigenza di unità: «Eravamo una sorta di Gin antiberlusconiano, quando appoggiavamo il governo Dini. Siamo diventati un'alleanza, e abbiamo vinto. Una coalizione di partiti, o una tripartizione tra Ds, popola ri e democratici, non basterebbe per evitare la sconfitta». Ma tra gli ulivisti aleggia il timore che lo spirito del '96 possa andare irrimediabilmente perduto, come ammonisce Giovanni Maria Fli ck: «Nel '96 ci chiedevamo: "Vin cere per fare che cosa?". Oggi ci chiediamo: "Che cosa fare per vincere?"». Affondo di Occhetto contro il premier «Ha solo saputo togliere la P al Pds e ci ha condotti verso il disastro elettorale adesso è ora di fare il partito democratico» Emanuele Macaluso, Achille Occhetto e il segretario dei Democratici di sinistra Walter Veltroni

Luoghi citati: Aureliana, Orvieto, Rimini, Toscana, Umbria