Whitney, la maturità tra folla e tormenti di Marinella Venegoni
Whitney, la maturità tra folla e tormenti Il 20 unico concerto della Houston in Italia Whitney, la maturità tra folla e tormenti Marinella Venegoni inviata a LONDRA Fu un'apparentemente quieta Cinderella, ugola d'oro nascosta nel fitto di un coro gospel, con Aretha Franklin come madrina e Dionne Warwick come cugina. E' ora una splendida signora di trentadue anni, carica di vita e di dubbi; e celebra una tormentata maturità in affollati megaraduni europei per presentare 1 ultimo disco «My love is your love», il primo in otto anni non legato a un film di cassetta e anzi ispirato al mondo dell'hip-hop. E mentre già sta pensando di tornare al cinema con il rapper/attore Will Smith, in un film intitolato «Anything for love», Londra ha festeggiato Whitney Houston con tre concerti esauriti di 12 mila persone ciascuno alla Wembley Arena; il 20 ottobre sarà in Italia per un'unica data, già rinviata di un mese. Dolce e Gabbana l'hanno vestita con amore, come due bambine vestirebbero una Barbie: ma dentro quegli abiti glamour, sotto pellicce colorate e stivaloni gialli, si nasconde una star più nervosa che concentrata. Suda come un cavallo, la nostra celestiale Whitney, tradendo l'ansia di un mestiere difficile da tenere se non ad alti costi di una vita tranquilla e morigerata che sembra non appartenerle più. C'è chi dice che i sigari le abbiano scurito la voce; c'è chi aggiunge che, invece di riuscire lei a tranquillizzare quello stinco di santo che è suo marito Bobby Brown, sia successo il contrario. Vai a sapere. Se i pettegolezzi restano tali, parla lo spettacolo. C'è più tecnica che voce dentro la performance di Whitney: che è anche uno show, con l'orchestrina allineata davanti a tre spettacolari ruote d'argento, una grande scala da star e perfino ballerine hip-hop alle quali talvolta lei si allinea: un po' sembra quasi imitare l'irraggiungibile Tina Turner, un po' si vorrà togliere l'aura patinata e gelidina e farsi più contemporanea, più vicina alla clientela dei dischi. Nella performance a tratti sopraffina anche se sofferente, sempre incerta fra il sublime e la volgarità, il più appassionante momento di arte e verità finisce comunque per essere il gospel, quando «I love the Lord» fa riemergere la strepitosa ragazzina che giace ben repressa in lei. E bisogna poi vedere, nel finale, come riposa ostentatamente prima di tirar fuori il turbo su «I Will Always Love You» che fa scattare in piedi la platea: oggi come a Sanremo tanti anni fa. Il resto è repertorio per lo più dance, molto prevedibile e con molta eco dei Settanta/Ottanta; con il coro che talvolta la sovrasta e qualche fuga preregistrata che la prende di sorpresa. Si risveglia, Cinderella, solo quando viene baciata dall'eco delle sue canzoni classiche e distese, quelle dei film soprattutto: sono tutti titoli che evocano sofferenza, «It hurts like hell» o «Why does it hurt so bad». E mentre il pubblico adorante continua ad alzarsi per ballare o invocarla, si capisce bene quanto costi a Whitney Houston lavorare a un'immagine di donna che oggi le sornigli: meno antiquata, più sofferta, hip e hop. Chissà se è felice. Al Forum di Milano il 20 ottobre Whitney Houston
Persone citate: Aretha Franklin, Bobby Brown, Dionne Warwick, Dolce E Gabbana, Italia Whitney, Tina Turner, Whitney Houston, Will Smith
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