La Piovra? Sembra che dorma ma la politica la risveglerà di Emanuele Macaluso

La Piovra? Sembra che dorma ma la politica la risveglerà I pericoli di una mafia allo sbando: un saggio di Emanuele Macaluso La Piovra? Sembra che dorma ma la politica la risveglerà Mirella Serri LE sono stati inferti duri colpi e, per il momento, è vacillante, ma il fuoco I cova sotto la cenere. Quanto durerà questo stato di incertezza, di attesa, della Piovra? Come muoversi per affibbiarle una batosta mortale? A porre a magistrati, uomini politici, cittadmi comuni rinterrogativo sul futuro dell'onorata società, è Emanuele Macaluso, in un pamphlet che uscirà a giorni, Mafia senza identità. Cosa Nostra negli anni di Caselli (prefazione di Luciano Cafagna, Editore Marsilio). Macaluso ha dedicato cmquant'anni della sua vita al Mezzogiorno, ma la passione per il Sud e per i suoi problemi non si è spenta. L'ex direttore dell'Unità, l'esponente di spicco dell'ex pei, membro della segreteria con Togliatti, Iongo e Berlinguer, oggi si accanisce contro i limiti di una sinistra che nei confronti del fenomeno mafioso vive in stato di incertezza e di confusione. Tempi duri, sostiene l'ex parlamentare, per la Sicilia, che soffre di una crisi di identità sociale e politica. Ma anche la Cupola è in condizione di disagio e di sbandamento: i boss dell'onorata società, per dirlo con un'immagine letteraria, sono segnati da una tempesta esistenziale. Ovvero, fuor di metafora, la mafia non ha più identità: «Ha perduto quell'alone di invincibilità e solidità fondata sull'omertà, l'obbedienza, la parola data e rispettata». Insomma, appare carente di autorità, lacerata dal pentitismo e sta cercando una sua ricollocazione sul terreno nazionale. Ce la farà? 11 «La mafia è tale se ha un rapporto con le classi dirigenti e con il potere», osserva il saggista. Il bandolo della sanguinaria matassa, insomma, è sempre stato nelle mani della politica. Così è accaduto fino agli Anni 80; Cosa Nostra ha proliferato all'ombra dello scudo-crociato «in grado di inglobare e di mediare l'apporto mafioso mantenendo una sua egemonia». La criminalità organizzata agiva in un rapporto fertile e un po' funambolico di collusione-collisione con il potere politico. La storia di questa partnership (mafia e Stato) inizia quando gli uomini con la coppola vennero usati come uno speciale braccio armato per esercitare il potere pubblico, in un singolare compromesso storico stipulato alla fine della guerra sotto l'occhio benevolo e consenziente degli Alleati. «L'uso "democratico" della Cupola - osserva il saggista - venne accettato e praticato da apparati statali, da forze politiche, da uomini di cultura. Non da tutti, ma dà uria parte dello schieramento anticomunista». I governi dicci adoperano la tecnica della «carota e del bastone», prima l'ima e poi l'altro, lasciando a volte briglia sciolta alla Piovra, altre volte mazzolando, in un difficile patteggiamento tra istituzioni e mafia, fatto di indulgenza, attività illecite, controllo elettorale. Gli errori della sinistra? Numerosi. Non seppe, per esempio, capire la nuova borghesia insulare. Che non fu esclusivamente «borghesia mafiosa», ma anche dinamica e imprenditrice che tentava di spiccare il volo - subito frenata sia dalla dicci statalista che dai compagni con falce e martello - verso nuovi e più progrediti lidi di sviluppo. L'equilibrio, il compromesso storico comincia a mostrare le sue incrinature negli anni 70-80, quando il sistema politico si indebolisce e la società degli uomini d'onore cerca di prevaricare sulla politica. Si avvia così la fase in cui la Piovra, senza più interlocutori, alfa il tiro fino allo stragismo e alla morte di Falcone e di Borsellino e alla conseguente repressione dello Stato. Per Macaluso, accalorato saggista, la storia dei rapporti tra Cosa Nostra e governi del dopoguerra non è materiale d'archivio: è qualcosa che gronda sangue e si congiunge ai disastri dell'epoca nostra dove predomina un facile giustizialismo, l'uso (e l'abuso) del pentitismo, l'abbandono dello stato di diritto a forza di emergenze e leggi speciali. Il processo simbolo delle ingiustizie di questi travagliati anni è infatti quello a Giulio Andreotti: «Le responsabilità politiche nel tollerare e usare la mafia non sono state diverse da quelle di De Gasperi, di Sceiba, di Fanfani, di Moro, di Rumor, di chi ha avuto primarie responsabilità di governo», tuona Macaluso. Ma le responsabilità politiche sono una cosa, quelle giudiziarie un'altra. E Macaluso smonta il processo all'ex leader usando argomentazioni simili a quelle adoperate da Sergio Romano che, proprio sulla Starnpa, paradossalmente affermava: «Percome è stata formulata l'accusa della procura palermitana, Andreotti andrebbe processato per tradimento dal Parlamento». Una provocazione, quel- la di Romano (poiché la Costituzione prevede una procedura speciale per questo reato solo per il Capo dello Stato), per evidenziare il fortissimo impatto politico di quel processo all'ex Presidente del Consiglio. Analogamente il pamphlettista mette le mani avanti per dichiarare il suo scetticismo e i suoi dubbi su un'altra spinosa questione: le accuse di mafia a Marcello Dell'Utri, stretto collaboratore di Silvio Berlusconi, ora parlamentare ed europarlamentare, e la definizione di Forza Italia come il partito che avrebbe sostituito la vecchia Democrazia Cristiana nei rapporti con la Piovra (una tesi contro cui Macaluso si scaglia e che viene invece sostenuta, con ampia documentazione, tra l'altro, sulle pagine di Micromega, altro bersaglio polemico del saggista). Cosa fare? Qual è il responso sullo stato di salute della Piovra? Il ventaglio delle opinioni è ampio: c'è chi sostiene che la mafia dopo tante batoste è più debole e isolata e c'è chi afferma che fin troppo si è abbassata la guardia e che ad essere sempre più isolati sono i magistrati del pool antimafia. La varietà delle opinioni, afferma Macaluso, non è un segnale positivo, indica una profonda incertezza. Il sistema politico nazionale non ha un aspetto florido, non si può dire che sia egemonizzato da una forza di sinistra con un profilo netto. E nemmeno il centro-destra ha un'immagine paragonabile a quella della vecchia dicci. Per i signori che hanno abbandonato la coppola, si mimetizzano in doppio petto e così modernamente agghindati si insinuano negli apparati locali, nelle forze politiche minori, si presentano in liste elettorali, la crisi della politica è un terreno fertile. Emanuele Macaluso, studioso della realtà meridionale e (a sinistra) l'attentato al giudice Falcone

Luoghi citati: Falcone, Sicilia