Timor, i profughi in balia dei miliziani di Maurizio Molinari

Timor, i profughi in balia dei miliziani Lisbona rinuncia a mandare un contingente nell'isola, sembra per motivi economici Timor, i profughi in balia dei miliziani Nelle foreste 150 mila fuggiaschi inseguiti dai killer Maurizio Molinari invialo a NEW YORK La sorte di 150 mila profughi di Timor Est inseguiti nella foresta dalle milizie filo-indonesiane mette in allarme il Palazzo di Vetro, dove le complesse trattative per la composizione e le regole di ingaggio del contingente dell'Onu hanno registrato ieri l'imprevista defezione portoghese. Oli esperti delle Nazioni Unite ritengono che la maggioranza degli 850 mila abitanti di Timor Est (a maggioranza cattolica) abbia abbandonato le proprie case in seguito alle violenze delle milizie, iniziate dopo l'esito positivo del referendum sull'indipendenza dall'Indonesia celebrato lo scorso 30 agosto. Se la maggioranza dei profughi è ancora senza cibo, l'allarme riguarda soprattutto una marea umana di 150 mila persone che sta fuggendo da alcuni giorni verso Timor Occidentale, la zona a maggioranza musulmana dell'isola. L'allarme all'Orni è scattato quando si è appurato che i miliziani avevano lasciato la capitale Dili quasi contemporaneamente ai profughi. «Sono inseguiti dai miliziani nella foresta se non li hanno già presi in ostaggio - ha denunciato Jeremy Hobbs, direttore dell'organizzazione umanitaria "Country Aid Abroad" - e temiamo che vengano adoperati come scudi umani». Le milizie d'altra parte non fanno mistero dell'intenzione di ostacolare con ogni mezzo la missione deil'Onu ed il persistere della loro attività militare ha obbligato ieri l'aeronautica australiana a rinviare il programmato lancio di aiuti alimentari perle migliaia di profughi accampati fuori Dili. Monta la tensione anche a Giakarta. Il governo ha deciso ieri la rottura del patto quadriennale di collaborazione militare con l'Australia, a cui spetta il comando del contingente di 7500 uomini. «Non ci sono più le condizioni di base per questa collaborazione» ha detto il ministro per la Sicurezza Feisal Tamjung. La portavoce del presidente Habibic, Dewi Fortuna Anwar, è stata più esplicita: «Giusta o sbagliala che sia, c'è grande animosità contro l'Australia fra i timoresi favorevoli all'unificazione». Davanti all'ufficio dell'Onu di Giakarta una folla di manifestanti ha innalzano minacciosi cartelli in cui si dava il «benvenuto» agli australiani invitandoli ad «andare all'inferno» con una so¬ lenne promessa: «Stiamo già scavando le vostre fosse». Canberra non sottovaluta i pericoli cui va incontro. Il premier australiano John Horward ha avvertito l'opinione pubblica: «Le minacce non mancano, preparatevi, potremo subire delle perdite». Alti militari australiani stanno discutendo a Giakarta con i pari grado indonesiani Raccordo di collaborazione» che regolerà sul terreno l'opera del contingente Onu con quella dei soldati regolari. E' una trattativa difficile alleggerita solo dall'annuncio di Giakarta del ritiro di un contingente di 9000 uomini (sui 26 mila presenti) in coincidenza con l'arrivo, domani mattina, delle avanguardie del contingente australiano che entro martedì dovrebbe raggiungere le 2500 unità (sulle 4500 previste). Mentre fervono i preparativi per l'invio dei contingenti asialiei ed europei, Washington ordina l'invio di una forza militare 200 uomini. L'americano Joseph W. Ralston (vice capo degli Stati Maggiori Congiunti e prossimo comandante della Nato) ha discusso i dettagli della missione in un incontro al Palazzo di Vetro con il generale indonesiano Susilo Bambarig Yudhoyono. In questa fase di intense trattative ieri mattina il Portogallo - il Paese che più si era battuto all'Onu a fianco di Londra per far autorizzare la missione umanitaria - ha annunciato che non parteciperà con il previsto contingente di mille uomini alla forza Onu per Timor Est. «Saremo presenti non in questa missione dell'Orni a tempo - conferma il portavoce portoghese all'Onu Joseph Souza - ma quando arriveranno i caschi blu per una presenza di lungo periodo». Ponti del Palazzo di Vetro spiegano che «era molto difficile per l'Indonesia accettare dopo gli australiani anche i soldati del Portogallo, già potenza coloniale a Timor». Ma fonti diplomatiche europee - chiedendo l'anonimato - ritengono che il passo indietro diplomatico nasconda anche una ragione più prosaica: «Le finanze di Lisbona sono quelle che sono e i Paesi che mandano adesso i soldati devono pagarsi le spese della missione, mentre quando si danno i militari ad un corpo di caschi blu paga solo l'Onu». «Spendere per una missione in un altro continente non è facile - si difende il portavoce portoghese -. Noi abbiamo rinviato la partenza solo su richiesta de! Segretario Generale».

Persone citate: Dewi Fortuna Anwar, Feisal Tamjung, Jeremy Hobbs, Joseph Souza, Joseph W. Ralston