Ma un anno fa Bankitalia disse no a «scalate ostili» di Alfredo Recanatesi

Ma un anno fa Bankitalia disse no a «scalate ostili» FAZIO, LA VIGILANZA E L'OPA DI TRIESTE Ma un anno fa Bankitalia disse no a «scalate ostili» retroscena Alfredo Recanatesi TUTTI a chiedersi cosa farà la Banca d'Italia nella grande, aspra e prevedibilmente lunga contesa per l'Ina. Ma la risposta, almeno per il momento^nqn può essere che una sola: niente. La risposta non può essere che questa, perché il progetto di integrazione con il gruppo S. Paolo-Imi è ancora, appunto, un progetto, mentre l'offerta di acquisto e scambio avanzata da Generali non coinvolge, almeno per il momento, la titolarità delle partecipazioni bancarie che l'Ina ha nella Banca del Lavoro e nel Banco di Napoli. I due casi, pur avendo entrambi per oggetto l'Ina, sono tra loro assai diversi. L'accordo allo studio con il S. Paolo-Imi riguarda le possibili sinergie che possono essere attivate nel reciproco interesse dei due gruppi, i quali manterrebbero non solo la loro attuale configurazione aziendale, ma rimarrebbero del tutto autonomi e sostanzialmente con il loro attuale azionariato. Per quanto stretta, insomma, si tratterebbe di una alleanza come molte se ne vanno realizzando in tutto il mondo per integrare l'attività bancaria con quella assicurativa e, soprattutto in tempi di grandi prospettive por la previdenza integrativa, per poter utilizzare le reti di sportelli già esistenti per la diffusione a costi molto contenuti del risparmio assicurativo. Per la realizzazione di questa alleanza non è certo necessaria alcuna autorizzazione. L'autorizzazione, infatti, è richiesta quando passa di mano il controllo di una banca o quando è una banca ad acquistare. Nel primo caso la Banca d'Italia controlla che i nuovi azionisti di controllo siano in possesso dei richiesti requisiti di «onorabilità e competenza» e che non abbiano interessi in contrasto con quelli della banca che intendono acquistare. Nel secondo, quando è una banca che intende acquistare una rilevante partecipazione in un'altra banca, l'autorizzazione è richiesta per controllare che la stabilità patrimoniale della banca acquirente non corra rischi a motivo dell'impegno finanziario che intende assumere; insomma, si deve accertare che se lo possa permettere. Il progetto di alleanza tra S. Paolo-Imi ed Ina, dunque, non implica assetti azionari diversi e, quindi, non è soggetto ad alcuna autorizzazione. Alla medesima conclusione si arriva considerando l'iniziativa di Generali. Qui si tratta di una società di assicurazioni che intende acquisire il controllo azionario di un'altra che svolge la medesima attività. La questione potrebbe riguardare l'autorità antitrust, trattandosi delle due maggiori società di assicurazioni italiane (anche se in tempi di mercato unico e di euro ragionare in termini di mercati nazionali non ha più alcun senso). Non riguarda comunque la Banca d'Italia dal momento che le banche di proprietà dell'Ina rimarrebbero di proprietà della stessa Ina. Se poi un giorno, riuscita l'operazione, Generali decidessero di fondersi con l'Ina, il trasferimento della proprietà dall'Ina alla nuova socie¬ tà che risulterebbe dalla sua fusione con Generali dovrà riguardare la Banca d'Italia in quanto verrebbe modificata la proprietà della Bnl e del Banco di Napoli. Ma è evidente che parlare di queste evenienze e del relativo intervento della Banca d'Italia è del tutto prematuro. A meno che... A meno che a via Nazionale, magari in forza di interpretazioni estensive, non si ravvisino implicazioni, magari indirette, per la stabilità patrimoniale o la funzionalità operativa delle banche seppur indirettamente coinvolte. Perché bisogna ripetere che tutta la materia è permeata di discrezionalità: «onorabilità», «competenza», «funzionalità» sono termini, come molti altri che ricorrono in questo ordinamento, che non hanno e non possono avere interpretazioni univoche, sicché interpretazioni estensive potrebbero anche indurre la Banca d'Italia a prendere una qualche posizione in grado di interferire sulla contesa per l'Ina fino a condizionarne l'esito. Il problema del conflitto tra la discrezionalità che è necessario riconoscere all'organo di vigilanza sulle banche (sulla loro stabilità patrimoniale, sulla loro funzionalità, sulla trasparenza della loro proprietà) e l'oggettività delle regole che devono presiedere al mercato finanziario (sul quale è necessario che chi abbia iniziativa e disponibilità possa contendere la proprietà delle imprese quotate, quelle bancarie comprese) è rimasto senza soluzione. Esplose, ed anche fragorosamente, la primavera scorsa quando la Banca d'Italia bloccò il S. Paolo-Imi (ancora lui) ed Unicredito nel tentativo di acquisire il controllo il primo della Banca di Roma ed il secondo della Comit. In entrambi i casi la motivazione fu che progetti presentati come «amichevoli» erano diventati, nel corso delle trattative, «ostili» e, quindi, a giudizio della Banca d'Italia, una cosa diversa da quella inizialmente prospettata. Emerse la diffidenza di Fazio per le scalate ostili dal momento che queste comportano sostituzioni del management, tensioni nel personale tra conquistatori e conquistati, e dunque rischi di disfunzioni e crisi di assestamento. Com'è chiaro, però, è una materia che può tendere a sconfinare sul sesso degli angeli, cosa difficilmente compatibile con l'oggettività e la trasparenza che devono regolare, anche preventivamente, operazioni finanziarie che coinvolgono interessi assai rilevanti. A sbrogliare questa intricata matassa ci provo Ciampi quando era ministro del Tesoro. Convocò il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio per chiedere, con tutto il garbo possibile, che fosse lo stesso Fazio a definire più dettagliata¬ mente i criteri in base ai quali la Banca d'Italia avrebbe autorizzato i trasferimenti della proprietà delle aziende bancarie. Ma da allora di passi avanti ne sono stati fatti ben pochi; si parla di fissare termini più brevi per le comunicazioni e le pronunce, ma sul piano della sostanza le cose sono rimaste come prima. Forse perché, come si prova a cambiarle, si ritorna al punto di partenza di una materia che, trattando di banche, tratta certo di società per azioni quotate in borsa elio devono essere contendibili secondo regole oggettive e trasparenti, ma senza mai dimenticare, come ama dire Fazio, che le banche «sono imprese il cui passivo è moneta», è il denaro dei depositanti. La tutela della stabilità del sistema monetario e il primo dei suoi compiti istituzionali; di conseguenza, le ragioni del mercato, per quanto grande possa essere In loro rilevanza, almeno per lui vengono dopo. In ballo ci sono molte banche ma il governatore ha dei vincoli Palazzo Koch. sede storica della Banca d'Italia in via Nazionale a Roma Il governatore Antonio Fazio sarà uno degli arbitri decisivi della partite fra Ina e Generali?

Persone citate: Antonio Fazio, Ciampi, Koch

Luoghi citati: Napoli, Roma, Trieste