Lo spettro dello disgregazione

Lo spettro dello disgregazione Lo spettro dello disgregazione Neilcaos altreRepubbliche si ribellano al Cremlino 'riMfl't t' analisi GiuliéttaChiesa inviato a MOSCA SE la guerra del Daghestan doveva fare da cornice alle bombe terroristiche, tutto lascia pensare che essa continuerà, assieme alle bombe della strategia della tensione alla russa - cioè al massacro più mostruoso - fino a che l'obiettivo dell'instaurazione dello stato d'emergenza non sarà raggiunto. Infatti, stando alle informazioni dei servizi segreti russi e dello Stato Maggiore del ministero degli Interni, i capi ceceni stanno ammassando in almeno tre punti della frontiera tra Cecenia e Daghestan da due a tremila guerriglieri. E non c'è nessun dubbio che l'offensiva sta per scattare. Chi ha messo in piedi una tale provocazione in grande stile sa perfettamente che il gigante russo ha le gambe d'argilla. Anzi, che in questi anni le strutture statali russe in Daghestan sono state sbriciolate dalla miseria, dalla criminalità, dalle faide etniche mescolate a quelle mafiose, e anche dall'estremismo islamico finanziato e sostenuto dall'esterno (leggi Arabia Saudita, Turchia, Afghanistan, Emirati Arabi Uniti, eccetera). Lo sgretolarsi del Daghestan, ormai evidente, e''l'impotenza corrotta del centro moscovita sono due segnali possenti per svegliare tutte le istanze separatiste più o meno dormienti in Russia. Si spiega così la risposta venuta ieri dal presidente del Tatarstan, Mintimer Shaimiev: non manderemo più uno solo dei nostri coscritti fuori dai nostri confini. Se devono fare il militare lo facciano in casa nostra. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la morte di sei soldati di leva tatari nei combattimenti in Da- ghestan. Difètti loro erano stati chiamati alle armi solo quaranta giorni prima di morire. Il che significa che erano assolutamente impreparati al compito loro affidato. Così l'opinione pubblica di Kazan è esplosa in una protesta generale. Tra l'altro invocando uno degli accordi stipulati con Boris Eltsin, secondo cui i giovani tatari non sarebbero più stati mandati nei «punti caldi» del Paese. E' però, questa, solo l'ultima delle numerose manifestazioni di sovranità tatarstana registrate negli scorsi anni. La Repubblica a prevalenza musulmana del Tatarstan ha già una propria Costituzione che afferma autonomia e sovranità e perfino il diritto di fare una propria politica estera. E in campo economico è già praticamente un'enclave che risponde a Mosca soltanto molto parzialmente. E la turbolenza si estende anche nel Caucaso del Nord. Proprio ieri i capi dell'etnia circassa, che fa parte della Repubblica autonoma di Karaciae- vo-Circassia, hanno proclamato l'autonomia dalla Repubblica, richiedendo o uno status autonomo oppure di essere associati alla regione confinante di Stavropol. La Repubblica in pericolo è composta di cinque etnie diverse, che raggruppano complessivamente circa 400 mila persone: russi (42 per cento), karaciai (32 per cento), Circassi (10 per cento) e Abasi (10 per cento). I tentativi di tenerli assieme sono andati tutti a vuoto. Negli ultimi mesi la tensione è salita fino à'scontri armati e attentati, che hanno creato una situazione tesissima a Cerkessk, la capitale. Il casus belli più grave è scoppiato finalmente con l'elezione, la prima a suffragio universale e diretto, del presidente della Repubblica. Il vincitore, un karaciai, Vladimir Semionov, è stato contestato dai circassi per aver falsificato - essi affermano - i risultati del voto. Ovviamente, ogni verifica è risultata impossibile. Ma il punto è che l'instabilità delle vicine regioni è epidemica e si riflette su tutto il Caucaso del Nord. Poco più a Est c'è il conflitto latente tra Ossetia-Alania e Ingushetia. Cinquanta chilometri ancora e c'è il confine ceceno, dove il governo di Grozny, a sua volta, non controlla più i capi ribelli, che hanno vinto la guerra con i russi e si sono trasformati in comandanti di vere e proprie compagnie di ventura medievali, che si offrono al miglior pagatore. Una Russia in agonia negli ultimi mesi del regno di Boris Eltsin, il riformatore. La Circassia proclama l'autonomia, il Tatarstan annuncia che non fornirà più soldati di leva all'esercito federale. E i guerriglieri ceceni ammassano tremila uomini ai confini per invadere di nuovo il Daghestan FEDERAZIONE RUSSA

Persone citate: Boris Eltsin, Kazan, Mintimer Shaimiev, Vladimir Semionov