L'Italia vista dagli italiani, tre secoli tra pittoresco e denuncia sociale

L'Italia vista dagli italiani, tre secoli tra pittoresco e denuncia sociale L'Italia vista dagli italiani, tre secoli tra pittoresco e denuncia sociale RECENSIONE Giuseppe Cassieri Li AVORO pazientissimo e solitario entro una rigorosa cornice critica è quello compiuto da Luca Clerici prima di licenziare II viaggia tare meravigliato. La meraviglia è intanto di chi s'immerge nel folto volume, incrocia nomi celebri e semioscuri di naturalisti economisti romanzieri resocontisti, e scopre che esso rappresenta appena la punta di un iceberg: migliaia sono infatti le opere firmate eia traveller italiani in giro per l'Italia negli ultimi tre secoli. Opere mai censite o sbiadite o in coma profondo che Clerici, filtra e rianima, ordina e commenta in un'apposita pubblicazione bibliografica presso le Edizioni Sylvestre Bonnard, e poi richiama sia nel saggio introduttivo di largo respiro storico-antropico, sia nei capitoletti che precedono i singoli «viaggiatori meravigliati». Tra Sette, Otto e Novecento, la palma della copiosità va - ovviamente, direi - al secolo che stiamo RECENGiusCas IONE ppe eri abbandonando, grazie alla rivoluzione dei mezzi di trasporto, alla proliferazione del turismo elitario e di massa, all'urgenza di entrare in contatto con luoghi e problemi di un Paese solo formalmente unificato, e rivelare ai pigri connazionali la faccia nascosta del reame: sacche di miseria, analfabetismo, malattie endemiche, campagne arse. Stilettate al cuore per i nomadi del «pittoresco» e - specie durante il fascismo - per gli ebbri cantori di madrepatria. Non si creda però che la campionatura novecentesca (intercambiabile, supponiamo, e moltiplicabile a piacere) privilegi una linea di tendenza così netta. Tutt'altro. Clerici, non so quanto maliziosamente, mette in campo e lascia che si esibiscano a loro rischio raffinati elzeviristi, prosatori d'arte, descrittori stravaganti (Bruno Barilli e Achille Campanile, Antonio Baldini e Vincenzo Cardarelli, Mario Soldati e Paolo Monelli) felici di sperimentare la propria cifra stilistica molto più che di decifrare il pezzo di mondo intercettato. E viene spontaneo associare al filone delle squisitezze letterarie le ricognizioni - poniamo - di Francesco De Sanctis col suo Viaggio elettorale, di Giustino Fortunato con L'Appennino della Campania, di Tommaso Fiore col Cafone all'inferno, di Danilo Dolci con Banditi a Partinico, e via via Ernesto De Martino, Manlio Rossi Doria, Rocco Scotellaro... che valgono a irrobustire il nucleo di viaggiatori affini qui antologizzati: da Carlo Levi a Guido Piovene, da Corrado Alvaro al montanaro «illetterato» Walter Bonatti, da Alfonso Gatto, cronista al Giro d'Italia, ad Anna Maria Ortese, a - invertendo la cronologia - Giuseppe Zanardelli, il presidente del Consiglio che nel 1903 si spinge in Basilicata, «la provincia meno conosciuta», e ne traccia un profilo drammatico. In tal senso l'Ottocento non è certo avaro eli analisi positiviste. Lo sguardo dello scienziato più volte prevale sull'impressionismo paesaggistico; l'aspra materia dell'indagine impone la sordina alle tentazioni classicheggianti di chi indaga. Si pensi a Vincenzo Padula e allo «Stato delle persone in Calabria», a Gerolamo Romilli e alle classi agricole nel Mantovano, allo stesso Giovanni Verga che osserva Milano e dintorni con la controllata passione di un anglosassone che ha già pagato il suo tributo alle antiche memorie italiche. E un po' più indietro nel tempo mandano freddi bagliori Lazzaro Spallanzani col racconto dei «formidabili tremuoti di Messina» e Antonio Vallisneri ( 1661 -1730) che si occupa delle origini delle sorgenti in un linguaggio sapientemente candido, e dichiarata disponibilità a qualsivoglia miracolo della natura e dell'uomo: «Basta girar l'occhio libero da pregiudizi, o verso il cielo, o verso la terra, tutto è dilettevole». Una sottile discrepanza viene qua e là segnalata da Clerici nella composizione degli itineranti: soggettivismo e oggettività, calore testimoniale e impersonalità scientifica, documento e perle immaginifiche, nostalgia dell'arcaico e slanci modernisti. In che misura si radicalizzano e in che misura riescono a integrarsi? Esempi di armoniche connessioni il lettore non farà fatica a reperirli nella scorribanda. Per conto mio, un punto di mirabile incontro lo trovo nelle pagine di Anna Maria Ortese, «Le pietre di Montelepre», ovvero il retroterra culturale di Pisciotta e Salvatore Giuliano, là dove la parola visionaria della scrittrice apre varchi sorprendenti all'intelligenza di un fenomeno geopolitico promosso a leggenda. Un'antologia di viaggiatori tra Sette e Novecento Luca Clerici ( a cura di) Il viaggiatore meravigliato Il Saggiatore, pp. 372. L. 55.000 ANTOLOGIA